Il futuro, le sfide dell'educazione, la crisi della democrazia, le potenzialità e i rischi dell’intelligenza artificiale: Yuval Noah Harari, tra i più grandi pensatori contemporanei, ne ha parlato con il direttore di Sky Tg 24 Giuseppe De Bellis
Yuval Noah Harari ha finito di parlare allo European Innovation Festival. È a Milano, arriva, guarda appena le telecamere, si siede: “è un piacere essere in Italia”. Il giorno prima era in Israele, quello dopo sarà a Ginevra. Poi? “Poi seguo le domande, ovunque mi portino”. Gira il mondo. Racconta, parla, spiega: chi siamo stati, chi saremo, chi siamo. È partito dal passato: naturale, dice lui, perché si considera prima di tutto uno storico. Sapiens, il suo primo libro, ha venduto 5 milioni e l’ha spinto oltre. Così ha invertito presente e futuro: prima s’è concentrato sul domani con Homo Deus, il libro che lo ha consegnato alla centralità del dibattito pubblico che l’ultimo libro 21 lezioni sul XXI secolo ha confermato e marchiato: il più importante pensatore contemporaneo, l’ha definito qualcuno. Le copie di libri venduti nel frattempo sono diventate 12 milioni e ora Harari si siede con i leader globali, presidenti, premier, numeri uno di istituzioni internazionali, così come con gli ex ragazzi dei tech giants che lo invitano a casa loro per sentirsi dire che non possono fare tutto quello che vogliono. Si confronta, li ascolta, loro ascoltano lui. A Mark Zuckerberg di Facebook ha detto: “Ok, hai due miliardi di clienti, ma non li rappresenti. Nessuno di loro ti ha votato”.
Mister Harari, cominciamo da una definizione: cos'è il XXI secolo?
"Uh, il XXI...Direi che l’equazione che definisce del XXI Secolo è questa: se hai sufficienti competenze in fatto di biologia, sufficienti capacità computazionali, e abbastanza dati puoi “hackerare” gli esseri umani. Gli umani adesso sono animali che si possono “hackerare”. Se qualcuno detiene abbastanza informazioni e capacità computazionali, ci può conoscere meglio di quanto non ci conosciamo noi stessi. E questo cambia tutto. L’economia, la società, la politica. Questo potrebbe portare alla creazione del Paradiso o dell’Inferno. Alla nascita delle società più disuguali nella Storia. Dei regimi totalitari più estremi nella Storia. Ma, ecco, l’idea chiave è capire che molto presto, qualcuno al di fuori di noi avrà il potere di conoscerci meglio di quanto non ci conosciamo noi stessi. E di manipolarci come mai prima".
Come si può essere nell’era migliore della storia dell’umanità e al tempo stesso in una delle più turbolente?
Quando gli studiosi come me dicono che finora questa è l’epoca migliore per gli esseri umani, è perché siamo riusciti a superare la carestia, le piaghe, i due peggior nemici dell’umanità nella Storia. Inoltre la violenza dell’uomo è scesa anche ai minimi storici. Oggi si muore perché si mangia troppo, non perché si mangia poco e neanche per la violenza. Questo è un traguardo notevole. Ed è tutto merito dell’enorme potere che scienza e tecnologia ci hanno regalato. Ma è proprio questo potere che rappresenta anche un enorme pericolo. Se iniziamo ad abusare del potere invece che sfruttarlo per la cura di malattie, per la prevenzione di carestie e piaghe… se iniziamo a usarlo per fini malevoli, potrebbe portare a un aumento inaudito della violenza, a una riduzione della libertà, a regimi più totalitari che mai. È lo stesso potere ma usato in modi diversi.
Viviamo nello scontro tra globalismo e nazionalismo...non crede che quando il duello era ideologicamente destra-sinistra il mondo fosse più ordinato?
La Storia cambia di continuo. Le maggiori preoccupazioni del passato gradualmente sono cambiate a seconda della situazione. 400 anni fa, nel XVI o XVII Secolo, la preoccupazione di tutti in Europa era la grande battaglia tra Protestanti e Cattolici – la Riforma e la Controriforma. Oggi non importa quasi a nessuno. Persino i religiosi non sono così interessati a questa divisione. Abbiamo voltato pagina.
Qual è la sfida più grande per il genere umano oggi?
Il principale pericolo di fronte alle persone in tutto il mondo è l’irrilevanza. Nel XX Secolo il grande problema era: che succede se vengo sfruttato da una multinazionale o un governo potenti? Ora il pericolo principale è che succede se divento irrilevante? Se non avranno più bisogno di me? Magari l’unica cosa che gli servirà di me sono i miei dati. È molto più difficile combattere l’irrilevanza, piuttosto che lo sfruttamento. Quando sei sfruttato, almeno c’è chi ha bisogno di te - che lavori in fabbrica o che presti servizio in esercito. Ma quando sei irrilevante, perché c’è una macchina che fa tutto meglio di te, allora a stento puoi ribellarti. Perché non hai potere. Questo è uno dei motivi per cui la divisione tra Destra e Sinistra sta diventando meno rilevante. E lo scontro principale si ha tra problematiche globali versus problematiche locali e nazionali. Secondo me non possiamo risolvere nessuno dei nostri problemi più grandi senza una collaborazione mondiale, ma la collaborazione mondiale minaccia l’identità di molte persone. Per cui adesso vediamo molte tensioni.
Quali sono le sfide più importanti dell’era contemporanea?
Oggi secondo me ci sono principalmente tre problemi nel mondo: la possibilità di una guerra nucleare, il collasso ecologico, soprattutto i mutamenti climatici, e infine la tecnologia “destabilizzante”, cioè l’ascesa dell’intelligenza artificiale, della bio-ingegneria, che destabilizzeranno completamente economia, società e perfino il corpo umano. Non si può intervenire minimamente su questi tre problemi a livello nazionale. L’Italia da sola non può impedire la guerra nucleare. L’Italia da sola non può impedire i mutamenti climatici, a prescindere dalle politiche adottate dal governo: a meno che non collabori con Stati Uniti, Germania, Cina, non sarà sufficiente. Allo stesso modo se si pensa alla destabilizzazione tecnologica, ci sono molti motivi per temere l’ascesa dell’intelligenza artificiale, se non viene regolamentata. Ma non c’è modo che il governo italiano regolamenti l’intelligenza artificiale o l’elaborazione dei dati da solo. Se si osservano le 20 aziende tecnologiche più grandi del mondo, nessuna è italiana. Anzi, nessuna è europea. Sono o americane o cinesi. Bisogna collaborare con altri Paesi. Ciò non significa rinunciare all’indipendenza. Non significa rinunciare alla cultura locale, o aprire le frontiere all’immigrazione. Significa però che bisogna pensare al di là del livello nazionale e prendere provvedimenti per incoraggiare la collaborazione mondiale, non l’isolazionismo nazionale.
Non ha citato l’immigrazione... non è un problema tra i più importanti?
L’umanità, l’Europa, non saranno distrutte dalle ondate di immigrazione. Potrebbero essere distrutte dalla guerra nucleare, dai mutamenti climatici, dalla destabilizzazione tecnologica, non dall’immigrazione. Ci sono state anche ondate più significative di immigrazione in passato, e l’umanità se l’è cavata tranquillamente. Ma è un problema serio, non semplice. La cosa da ricordare sull’immigrazione è che è la classica problematica che la politica democratica è brava a risolvere. Di base secondo me sarebbe sbagliato se un governo avesse una politica migratoria contraria al volere della maggioranza della popolazione. Non si può imporre l’immigrazione a un popolo riluttante. L’assorbimento dell’immigrazione è un processo prolungato che richiede la collaborazione almeno della maggioranza della popolazione. Senza quella collaborazione, non può funzionare. Dall’altro lato è estremamente preoccupante constatare che in vari paesi europei i politici estremisti stanno gonfiando la paura dell’immigrazione in maniera spropositata. La usano spesso per minare il sistema democratico, dicendo in pratica: “Dovete dare a me tutto il potere per salvare il paese da questa minaccia esistenziale”. Tutto ciò è estremamente pericoloso. E pensare che un paese come l’Ungheria ha pochissimi immigrati. Nessuno vuole migrare in Ungheria. Ci sono molti più emigrati ungheresi che immigrati. Eppure gran parte della popolazione è convinta di avere di fronte una minaccia esistenziale, che viene sfruttata per minare il sistema democratico. È una situazione molto problematica.
Ma come si fa a conciliare interessi globali e spirito nazionalista?
Il globalismo non consiste nell’abolizione del nazionalismo. Non vedo alcuna contraddizione tra nazionalismo e globalismo. Se pensate che nazionalismo significhi odiare gli stranieri, allora sì, le due cose sono inconciliabili. Ma nazionalismo significa prendersi cura dei propri connazionali. Oggi c’è bisogno di collaborazione mondiale per prendersi cura dei propri connazionali: bisogna essere dei globalisti per essere bravi nazionalisti. L’esempio migliore è il Campionato mondiale di calcio, dove si misurano squadre di tutto il mondo. Nessuno abolisce il nazionalismo nella Coppa del Mondo. Ma per fare una competizione calcistica, tutti devono concordare sullo stesso regolamento. Se i francesi giocano a calcio seguendo un regolamento, mentre gli argentini o i croati giocano con un altro regolamento, non funziona. Così alla fine ci sono giocatori che vengono da Argentina, Francia, Italia, Giappone e si radunano in Russia per fare un gioco le cui regole sono accettate da tutti. Si può essere estremamente nazionalisti, amare la propria Nazionale, sventolare la bandiera e via discorrendo, e al contempo rispettare regole mondiali.
In una recente intervista al Financial Times, Vladimir Putin ha detto che la democrazia liberale è morta. Lei che ne pensa?
La democrazia è stata dichiarata morta già da Hitler, da Stalin, ma è ancora viva. Non in formissima, è comunque in crisi, ma è ancora in vita. La cosa bella della democrazia liberale è che è il sistema di governo più flessibile che gli umani siano mai riusciti a creare. È un sistema che può assorbire le critiche, riconoscere i propri fallimenti e reinventarsi. L’ha fatto più volte nel XX Secolo. Per questo è sopravvissuta, mentre Fascismo e Comunismo sono crollati. E poi se pensiamo ai valori liberali chiave, oggi sono più forti e diffusi che mai nella Storia del mondo. Anche in posti come la Russia. C’è un test molto semplice per capire se si è un Liberale, non in senso stretto – per esempio negli Stati Uniti i Liberali sono i Democratici– intendo nel senso più profondo. Il Liberalismo viene da Libertà. È l’idea che le persone debbano essere libere di decidere per sé. Perciò in politica, per la maggior parte della Storia, si pensava che il Potere venisse dagli Dei o che fosse ereditato dai Re. Il Liberalismo dice invece di no: le persone dovrebbero essere libere di scegliere il proprio governo. Oggi questa convinzione è diffusa più che mai. Anche in Russia si tengono elezioni. Saranno fittizie, ma anche la Russia deve aderire formalmente a questo ideale.
Che cosa deve fare un politico per avere il suo consenso?
Se un politico volesse il mio voto, io gli chiederei: “Se vieni eletto, che provvedimenti prenderai per ridurre il rischio di una guerra nucleare? Se vieni eletto, che provvedimenti prenderai per ridurre il rischio dei mutamenti climatici e collasso ecologico? Se vieni eletto, che provvedimenti prenderai per ridurre il rischio di tecnologie destabilizzanti come l’intelligenza artificiale?”. E la quarta domanda è: “Qual è il suo progetto per il futuro del paese e dell’umanità? Dove vede l’umanità tra 30 anni?”. Un politico incapace di rispondere a queste domande o un politico che continua a parlare del passato ed è incapace di formulare un progetto significativo per il futuro, non avrà sicuramente il mio voto.
Lei parla con molti politici globali. Secondo lei c’è qualcuno che sta andando nella direzione giusta?
Ho intervistato Sebastian Kurz, il cancelliere austriaco, che ha dato le sue risposte a queste domande, che si possono accettare o meno. Ma alcuni politici almeno si pongono queste problematiche. Ho incontrato anche Emmanuel Macron, Angela Merkel. Loro riflettono su queste tematiche, provando a formulare risposte. Da storico io so che il passato non era bello. Non piacerebbe a nessuno tornare nel passato. E in ogni caso è impossibile. Se il tuo progetto per il futuro è tornare nel passato, allora non dovresti guidare alcun Paese.
Uno dei temi più rilevanti del suo pensiero è il rapporto tra noi e l’innovazione. La tecnologia è buona o cattiva?
Ogni tecnologia si può usare in modi molto diversi. L’abbiamo visto nel XX Secolo. Quando si presero le stesse tecnologie della Rivoluzione industriale - treni, radio, televisione, automobili, elettricità - per creare regimi fascisti, dittature comuniste e poi democrazie liberali. Era sempre la stessa tecnologia. Si poteva usare la radio e la televisione per fare il lavaggio del cervello al popolo con la propaganda governativa, e si poteva usare sempre la radio e la televisione per aprire la mente delle persone a una diversità immensa di notizie e opinioni. Alle onde non importa per cosa vengono usate. Anche le tecnologie come internet, si possono usare per avvicinare le persone e aiutare le persone che si trovano a grandi distanze non solo a connettersi tecnicamente, ma anche connettersi mentalmente per capire com’è il mondo in una cultura diversa. Si può usare la stessa tecnologia di internet, per fare il lavaggio del cervello o per insinuare radicalismo, odio verso gli altri e verso gli stranieri perché è più facile diffondere disinformazione, notizie false e teorie complottistiche. La tecnologia da sola non è né il problema, né la soluzione. Alla fine dei conti spetta sempre alla società decidere cosa fare con la tecnologia.
Incontra e dialoga con molti dei signori della Silicon Valley. Crede che abbiano troppo potere?
Non penso che i grandi imprenditori o gli ingegneri siano la causa del problema. Diventano un problema se hanno troppo potere ma non hanno meccanismi di controllo. Se non collaborano con altre forze. Come ho già detto, gli mancano molti fattori: una profonda comprensione della società, della Storia, della Filosofia. È difficile per loro capire le vere conseguenze delle loro azioni. Una volta che hai connesso 2 miliardi di persone su un social network, per capirne le conseguenze, la tua cultura deve andare al di là dell’informatica e della matematica. Devi capire la società e la storia dell’uomo. Poi queste figure non sono rappresentative perché non le ha votate nessuno. Trump è stato eletto. Merkel è stata eletta. Ma Zuckerberg non è stato eletto dai 2 miliardi di utenti di Facebook. Perciò non rappresenta nessuno. Deve svolgere un ruolo importante ma non dovrebbe essere un ruolo dominante. Se affidiamo il futuro dell’Umanità a un gruppo ristretto di ingegneri che non rappresenta nessuno e che ha una comprensione a volte ingenua di Storia e Filosofia, allora è un disastro annunciato.
Altro tema fondamentale del suo lavoro è il legame tra intelligenza artificiale e biologia...
Molti parlano solo di Intelligenza artificiale, pensando sia l’invenzione più grande della nostra epoca. Ma da sola l’intelligenza artificiale è molto limitata. A meno che non si abbini a biotecnologia e bio-ingegneria. Perché la cosa fondamentale non è avere solo computer molto potenti. La cosa fondamentale è cosa possono capire quei computer sugli umani. Anche un’auto che si guida da sola: non si può mettere per strada a meno che non capisca gli umani. Deve capire le emozioni umane. Se un bambino perde il pallone, lo rincorrerà per strada, per esempio. Quindi le auto che si guidano da sole devono capire le emozioni umane. E per farlo hanno bisogno della bio-tecnologia. Di decifrare gli esseri umani. Non dipende solo dai computer. A cosa assistiamo ora nel mondo? L’intelligenza artificiale e la biotecnologia si stanno fondendo sempre di più per realizzare una singola rivoluzione tecnologica che presto permetterà ad aziende e governi di “hackerare”, decifrare gli esseri umani. Il segreto è raccogliere dati con la biotecnologia, sul corpo umano e soprattutto il cervello umano e poi analizzare quelle informazioni per decifrare l’essere umano. Per capire le sue emozioni, i sentimenti, le opinioni meglio di come le capiamo noi. Come primo risultato, permette prevedere cosa faranno gli umani, ma poi permette anche la manipolazione e il controllo. Assistiamo alla creazione di due tipi di regimi di sorveglianza. In Occidente vediamo la nascita del cosiddetto Capitalismo di Sorveglianza: multinazionali che ammassano quantità enormi di dati su ogni singolo individuo - al momento per venderci delle cose, ma più in là si potrebbe usare per altri scopi. In altri paesi, questo lo fanno i governi, non le multinazionali.
Lei è più attratto o più preoccupato dall’intelligenza artificiale e da come potrebbe cambiare le nostre vite?
L’intelligenza artificiale ha enormi potenzialità. Altrimenti non sarebbe allettante. Abbiamo appena citato i veicoli che si guidano da soli. Ogni anno ci sono 1,25 milioni di morti per incidenti stradali. La maggior parte di tali incidenti sono dovuti a un errore umano. Equivale al doppio dei morti per la violenza da arma da fuoco. Guerra, criminalità e terrorismo uccidono la metà di persone. Se passiamo da guidatori umani a veicoli senza pilota potremmo salvare probabilmente 1 milione di persone all’anno. Il che è meraviglioso. Analogamente, l’intelligenza artificiale e la bio-tecnologia, insieme, potrebbero garantirci una sanità migliore e meno costosa rispetto al passato. Anche questo è meraviglioso. Poi ci sono anche i pericoli: la perdita di qualsiasi libertà di decisione dell’uomo, la nascita di regimi totalitari estremisti. Molti perderebbero il posto di lavoro. L’economia crollerebbe nei paesi che dipendono dalla manodopera a basso costo. Ci sono dei pericoli. Sottolineo i pericoli, nei miei testi e nei miei interventi, perché si sente parlare spesso degli sviluppi positivi da parte di imprenditori, ingegneri e scienziati che sviluppano le tecnologie. Ovviamene loro enfatizzano i lati positivi. Perciò è compito di storici e critici sociali enfatizzare i pericoli. Ma provo a tenere in mente entrambi gli aspetti. Altrimenti non si capisce perché stiano sviluppando queste tecnologie, se comportano solo pericoli.
Ha detto: “Ciò che i nostri figli imparano oggi a scuola tra 20-30 anni non servirà”. Allora che cosa dovremmo insegnare nelle scuole?
Per prima cosa dovremmo essere onesti con noi stessi e con i nostri figli. Dire loro e dire a noi stessi: non sappiamo come sarà il mondo nel 2050. È la prima volta nella Storia che ignoriamo anche le cose più basilari. Nel corso della Storia si poteva ignorare quale sarebbe stata la situazione politica dopo 20-30 anni. Ma almeno si poteva prevedere suppergiù il mercato del lavoro e le qualifiche che sarebbero state necessarie. Oggi, se pensiamo a come sarà il mondo tra 30 anni, nessuno sa come sarà il mercato del lavoro. Nessuno sa che qualifiche saranno necessarie. Perciò non sappiamo cosa insegnare di preciso ai giovani di oggi. La scommessa migliore è insegnare ai giovani a studiare, essere sempre flessibili. L’unica certezza sul mercato del lavoro e sul mondo nel 2050 è che saranno imprevedibili: continuamente ed estremamente cangianti. Le persone dovranno continuare a studiare e cambiare per tutta la vita. La cosa più importante è insegnare ai più giovani non solo come studiare, ma come preservare la loro flessibilità mentale perché dovranno continuare a cambiare per tutta la vita. È la parte più difficile per molti. Da giovani, si vivono continui cambiamenti. Ma alla maggior parte delle persone, a 40 o 50 anni, non piacciono i cambiamenti. Preferiscono la stabilità. È stato così per quasi tutta la Storia. Ma non sarà così nel XXI Secolo. Penso che l’obiettivo principale dell’Istruzione dovrebbe essere formare persone con una mente flessibile e un’alta intelligenza emotiva. Non sappiamo quali qualifiche tecniche saranno necessarie. Spesso si dice che sarà fondamentale saper codificare. Ma forse per il 2050, l’intelligenza artificiale riuscirà a codificare meglio degli umani e non avremo bisogno di scrivere i codici perché sarà obsoleto. Avremo bisogno di altro. Per questo secondo me la scommessa più saggia è sviluppare la flessibilità mentale.
Ha scritto il suo ultimo libro due anni fa. C’è una ventiduesima lezione che oggi aggiungerebbe?
Nei due anni dopo la stesura del libro, la situazione del mondo è peggiorata notevolmente. Anziché andare verso la collaborazione mondiale su temi come l’Intelligenza artificiale e il clima, siamo corsi nella direzione opposta. C’è sempre più tensione mondiale e rivalità. Due anni fa temevo una corsa alle armi di intelligenza artificiale, specie tra USA e Cina, e forse altri paesi. Due anni fa era perlopiù una paura. Oggi è una realtà. Siamo già nel mezzo di una corsa alle armi di intelligenza artificiale tra Cina e USA. Il che è una pessima notizia per tutto il mondo. Non importa chi vincerà la corsa. A perdere sarà l’Umanità. A meno che non riusciamo in qualche mondo a porre fine alla corsa alle armi di intelligenza artificiale, e torniamo nella direzione della collaborazione mondiale, sarà quasi impossibile prevenire questi scenari distopici. Perché in caso di corsa alle armi di intelligenza artificiale, o qualsiasi tipo di corsa alle armi, anche biotecnologiche – tutti dicono “Sì, è pericolosissimo. Non vogliamo farlo. Ma lo fanno anche dall’altra parte - gli americani, i cinesi, i russi - perciò dobbiamo farlo anche noi, non possiamo restare indietro”. Tutti dicono la stessa cosa mentre l'Umanità si dirige verso il disastro. Questa è la mia lezione principale per gli ultimi due anni: stiamo correndo nella direzione sbagliata.