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Corte Ue: "No ai rimpatri dei rifugiati se nel Paese d’origine la loro vita è a rischio"

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I giudici di Lussemburgo hanno stabilito che se la vita o la libertà di una persona sono in pericolo, in nessun caso è permesso il respingimento. Nemmeno quando lo status viene revocato per motivi legati alla sicurezza nel Paese ospitante

Un cittadino di uno Stato extra-Ue o apolide non può essere rimandato in un Paese dove la sua vita o la sua libertà sono a rischio, anche nel caso gli venisse negato o revocato lo status di rifugiato dallo Stato ospitante per validi motivi di sicurezza. Lo ha chiarito la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che in una sentenza pubblicata oggi ha fissato una serie di paletti per la revoca o il rifiuto dello status per motivi collegati alla sicurezza di uno Stato membro, previsti da una direttiva del 2011.

Se c’è un rischio, il rimpatrio è sempre escluso

In base al diritto europeo, dunque, un rifugiato in fuga da un Paese in cui rischia la tortura o altri trattamenti inumani vietati dalla Convenzione di Ginevra in nessun caso potrà essere rimpatriato o respinto nel sopracitato Paese. Infatti, secondo i giudici di Lussemburgo, le disposizioni previste dalla direttiva sui rifugiati sono valide, ma la decisione di revocare o rifiutare il riconoscimento dello status di rifugiato “non produce l'effetto di privare una persona né dello status di rifugiato né dei diritti che la Convenzione di Ginevra ricollega a tale status”, se questa persona ha il fondato timore di essere perseguitata nel suo Paese di origine. Per la Corte, la Carta dei diritti fondamentali dell'Ue vieta chiaramente il respingimento in questi casi e vieta inoltre la tortura, nonché le pene e i trattamenti inumani o degradanti. Tutto ciò a prescindere dal comportamento dell'interessato.

La protezione Ue più ampia di quella di Ginevra

La Corte Ue in sostanza ha stabilito che il diritto dell'Unione riconosce ai rifugiati interessati una protezione internazionale più ampia di quella assicurata dalla Convenzione di Ginevra. Di fatto, la revoca dello status di rifugiato in Ue, quando c’è un rischio per la persona in questione, fa perdere alcuni benefici previsti dalla direttiva, ma non permette il rimpatrio (viceversa, la Convenzione di Ginevra sì). Il caso che ha condotto a questa sentenza era stato sollevato da un cittadino ivoriano, uno congolese e una persona di origini cecene che si sono visti revocare lo status di rifugiato o negare il riconoscimento in Belgio e Repubblica Ceca perché considerate una minaccia alla sicurezza o condannate per un reato particolarmente grave per la comunità dello Stato membro ospitante.

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