Indipendenza catalana, al via il processo ai leader separatisti

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Luigi Casillo

A Madrid prima udienza contro chi organizzò il referendum del 2017. Fra gli imputati c’è il vicepresidente catalano ma non Puigdemont, rifugiatosi in Belgio

Seduti nei banchi degli imputati, nell’aula del Tribunale Supremo di Madrid, c’erano 12 persone. Accusate, fra l'altro, ed è la prima volta che accade nel Paese, di ribellione contro lo Stato. Pena massima prevista: 25 anni di carcere. In segno di protesta per l’avvio del processo, la cui prima udienza è stata trasmessa in diretta tv e sul web, centinaia di persone hanno manifestato bloccando le autostrade catalane e per prudenza la polizia ha chiuso alcune delle più importanti vie di accesso a Barcellona.

Un Paese diviso

Un processo, quello apertosi a Madrid, che per tutta la Spagna rappresenta una specie di viaggio nella memoria dell’autunno del 2017, di fatti che hanno diviso il Paese in modo lacerante. E che ancora lo fanno, come dimostrano le manifestazioni continue. Da una parte gli indipendentisti, che gridano al tradimento della volontà popolare. Dall’altra parte gli unionisti, o costituzionalisti, come preferiscono essere definiti, che al governo centrale muovono l'accusa di aver fatto troppe concessioni a Barcellona e che solo due giorni fa hanno riempito a migliaia una piazza della capitale al grido “Per una Spagna unita, elezioni ora” chiedendo le dimissioni del premier Pedro Sánchez.

Il referendum del 2017

Sotto la lente dei magistrati del Tribunale Supremo ci sono, in particolare, gli atti e le manifestazioni che portarono il primo ottobre del 2017 al referendum sull'indipendenza, dichiarato illegale ma celebrato lo stesso, seguito poi dalla dichiarazione d’indipendenza votata dal parlamento catalano, allora (come oggi) a maggioranza indipendentista. Fu quello il fulcro di un piano che per l’accusa mirava a ottenere la secessione della Catalogna dalla Spagna. Obiettivo, ovviamente, contrario alla Costituzione.

In aula non c’è Puigdemont

A processo non ci sono tutti i leader che in quei giorni trascinarono la folla in memorabili e oceaniche manifestazioni per le strade di Barcellona. Manca fra l'altro proprio il più importantre, quel Carles Puigdemont che, dopo essere fuggito all’estero, ancora oggi, a 56 anni, si trova in Belgio. Da dove, riferendosi all’udienza di Madrid, parla di uno stress test per la democrazia spagnola. “Assistiamo a un processo che non avrebbe mai dovuto esserci”, afferma Puigdemont. “Lo Stato ha avuto l’opportunità di evitarlo. Confido che alla fine si eserciti l’opportunità di emettere una sentenza giusta, che è l’assoluzione”.

Gli imputati

In aula, in prima fila fra i banchi degli imputati, c'era però il suo vice, Oriol Junqueras. Barba bianca, 49 anni, ex numero due della Generalitat. Seduti, dietro di lui, donne e uomini che furono i protagonisti dell’avventura del referendum del 2017. Come Carme Forcadell, 63 anni, allora presidente del Parlamento della Catalogna, poi destituita, che di se stessa parla come di una “prigioniera politica nella democratica Spagna”. Nove di loro, da 16 mesi, si trovano in carcere in attesa di giudizio.

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