Brexit, Corte Ue: “Possibile revoca unilaterale per Gb”. May rinvia voto su accordo

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(Getty Images)

Londra può decidere di tornare sui suoi passi prima che l’accordo entri in vigore. La premier britannica intanto ha scelto di rinviare la votazione in Parlamento sull'intesa con l'Ue: "Sarebbe rigettata con ampio margine". Bruxelles: non si può rinegoziare

Il Regno Unito è libero di revocare in modo unilaterale la Brexit fino alla sua entrata in vigore, il 29 marzo 2019. Lo ha stabilito oggi una sentenza della Corte di giustizia dell'Ue. “La revoca, decisa secondo le regole costituzionali, permetterebbe al Regno Unito di rimanere in Ue, con le stesse regole e lo stesso status attuali”, si legge. Per il ministro dell'Ambiente, Michael Gove, questa sentenza però "non altera il referendum del 2016, né la chiara volontà del governo di assicurare che il Regno Unito lasci l'Ue il 29 marzo. Noi non vogliamo restare nell'Ue", ha poi puntualizzato Gove, "17,4 milioni di persone hanno mandato un messaggio chiaro". Intanto, Theresa May ha scelto di rinviare il voto sull'intesa, atteso per martedì in Parlamento. "Sarebbe rigettato con ampio margine", ha ammesso di fronte ai Comuni, spiegando che il fatto è dovuto al dissenso sul tema del backstop. Dall’Unione Europea arriva una posizione netta: "L’accordo raggiunto non è rinegoziabile".

Ue: “Accordo non rinegoziabile”

"Il nostro assunto di lavoro resta che la Gran Bretagna lascerà l'Ue il 29 marzo 2019" e che l'accordo di divorzio sul tavolo sia "l'unico possibile", "non rinegoziabile. La nostra posizione non cambia", ha assicurato una portavoce della Commissione Ue, ribadendo che l'Unione "si sta preparando a tutti gli scenari" e che comunque, anche dopo la sentenza di oggi della Corte, al momento mancano le condizioni per la revoca dell'articolo 50 sul divorzio.

May: "Mio accordo resta migliore possibile"

Dopo il rinvio, May ha comunque precisato che il suo accordo rimane "il migliore possibile", anche se occorrono ancora chiarimenti. E ha poi lanciato un avvertimento a chi vorrebbe un referendum "bis": servirebbe solo a "dividere il Paese". Le sue dichiarazioni sono state accolte da risate e urla di disapprovazione.

La vigilia del voto sulla Brexit

La sfida parlamentare di domani si preannunciava già molto difficile, con gli oppositori di Westminster, compresi quelli tra le fila dello stesso partito conservatore, che non intendevano supportare May. Ieri, la premier aveva avvertito dalle colonne del Mail on Sunday: “O il mio accordo, o la prospettiva di elezioni anticipate”, con il possibile arrivo a Downing Street del leader laburista Jeremy Corbyn e "niente Brexit”. Di fatto si trattava dell'ultimo avviso ai colleghi Conservatori, con cui May ha assicurato - come ha ripetuto oggi ai Comuni - che non ci sarà spazio per un’intesa migliore di quella trovata al momento con Bruxelles. E quindi nemmeno di un nuovo referendum, in cui, secondo gli ultimi sondaggi, vincerebbe il Remain con il 52% delle preferenze. Ma Boris Johnson, “portavoce” dei falchi euroscettici, aveva ribadito di considerare non votabile la proposta May, salvo l'inverosimile eliminazione del backstop imposto da Bruxelles sul confine Irlanda-Irlanda del Nord.

La possibile crisi di governo

Intanto, si fanno sempre più insistenti nel Regno Unito le voci sui possibili pretendenti alla poltrona di Theresa May: tre ex ministri brexiteers - Boris Johnson, Dominic Raab ed Esther McVey, dimessisi in dissenso dalla linea May - si sono rifiutati di escludere una loro candidatura. Mentre il Sun ha ipotizzato anche la discesa in campo di un ministro in carica, il “centrista” Sajid Javid, titolare dell'Interno, che avrebbe già iniziato a "raccogliere consensi" in seno al partito. Dal fronte dell'opposizione, invece, il leader laburista Jeremy Corbyn ha fatto sapere d'essere pronto a subentrare a Downing Street anche in mancanza di nuove elezioni immediate. E a prendere in mano lui il negoziato con l'Ue.

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