La scomparsa del giornalista Jamal Khashoggi sta mettendo a dura prova l'amministrazione Trump con il Presidente USA che assicura che ci saranno conseguenze per i responsabili, ma si augura che il governo saudita non sia coinvolto
Jamal Khashoggi si era autoesiliato in Virgina da oltre un anno, ma in queste ore non sono solo i suoi amici e i suoi colleghi americani ad essere preoccupati negli Stati Uniti per la sua scomparsa. I produttori di armi stanno facendo pressione da giorni sulla Casa Bianca per sapere quanto questa vicenda complicherà le relazioni con l’Arabia Saudita mettendo potenzialmente a rischio l’accordo firmato nel maggio del 2017, nel corso del primo viaggio all’estero dell'allora neo eletto Presidente Trump. Un’intesa che prevede commissioni per 110 miliardi di dollari nel comparto degli armamenti. Dai carrarmati, alle navi da combattimento, passando per i sistemi di difesa antimissile, fino ai radar e a tecnologie nel campo della cybersicurezza, Riad si è impegnata a fare dello 'shopping' serio negli Stati Uniti senza contare che parte di quell’accordo erano anche investimenti sauditi per 20 miliardi nelle fatiscenti infrastrutture americane. Anche se solo parte di queste commesse sono andate finora a buon fine, guardando a questi numeri si spiega la riluttanza di Donald Trump a condannare Riad per la scomparsa di Khashoggi. Se non investiranno da noi lo faranno con la Russia e con la Cina, ha spiegato il Presidente in questi giorni giustificando la sua intenzione di preservare gli affari con i sauditi che non sono solo i principali esportatori delle armi americane, ma negli ultimi anni a causa del conflitto con lo Yemen hanno anche aumentato il loro arsenale tanto che attualmente il loro budget per la difesa è il terzo al mondo dietro solo a Stati Uniti e Cina. Un bottino ghiotto su cui Washington era riuscita a mettere le mani anche grazie ai legami stretti da Jared Kushner, il marito della first daughter Ivanka, con Mohammed Bin Salman o MBS come ama farsi chiamare dai media il controverso principe saudita che ha aperto il paese ad alcuni spiragli di progresso importanti come ad esempio i diritti delle donne a guidare o ad andare a seguire un concerto o una partita, ma che sa essere sordo e crudele nei confronti delle critiche e repressivo anche verso la stampa come denunciava Khashoggi scrivendo lo scorso febbraio sul Washington Post che il Principe: “dovrebbe prendere ad esempio i reali britannici che hanno guadagnato autorevolezza e rispetto essendo capaci di mostrare una certa umiltà. Se MBS ascoltasse i suoi critici e comprenderebbe che anche loro amano il proprio paese e allora sì che rafforzerebbe il suo potere”. E Bin Salman in queste ore sembra essere la fonte primaria della Casa Bianca su quanto avvenuto lo scorso 2 ottobre nel Consolato saudita ad Instambul. «Il Principe mi ha assicurato che lui non c’entra nulla» ha spiegato Trump sostenendo che forse ad uccidere il giornalista siano state dei criminali che hanno agito da soli senza un preciso mandante. Comunque secondo il Presidente americano bisogna anzitutto terminare le indagini e capire cosa è successo senza trarre conclusioni affrettate. «Non mi piace l’assunto del ‘sei colpevole, finché non si dimostra che sei innocente’» ha spiegato Trump prendendo ad esempio anche quanto avvenuto al giudice Brett Kavanaugh che è dovuto passare nella morsa del metoo prima di entrare alla Corte Suprema con processi mediatici sulle base di accuse su cui l’FBI non ha trovato riscontri fattuali. I riscontri fattuali invece nel caso Khashoggi si moltiplicano di ora in ora e stanno portando dritto a due conclusioni: 1) Khashoggi non è scomparso, ma è stato barbaramente torturato e ucciso in quel Consolato e 2) tra i responsabili di questa atroce violenza ci sarebbero persone vicinissime a MBS tra cui anche uomini della sua guardia personale tornati a Riad subito dopo l’omicidio. Il Presidente americano ha comunque promesso che ci saranno conseguenze una volta accertate le responsabilità anche se non ha nascosto di sperare che MBS sia estraneo a questa vicenda. Una tale battuta d'arresto con Riad non rischia infatti non solo di complicare i fruttuosi rapporti d'affari, ma metterebbe in discussione anche tutta la strategia dell'amministrazione Trump, impostata dallo stesso Kushner, sul Medio Oriente che vede nell'Arabia saudita il perno per rafforzare Israele e, soprattutto, mettere in ginocchio l'Iran.