Caso Khashoggi, Arabia Saudita: “Reagiremo a misure punitive”

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(Getty Images)

Dopo le minacce di Donald Trump sul caso del giornalista dissidente scomparso a Istanbul, Riad respinge qualsiasi "minaccia". Intanto Gran Bretagna, Francia e Germania fanno sapere che "c'è bisogno di un'indagine" per accertare quanto successo

L'Arabia Saudita si dice pronta a rispondere a qualsiasi misura sarà adottata contro Riad per il caso di Jamal Khashoggi, il giornalista saudita dissidente scomparso a Istanbul. In una nota diffusa dall'agenzia di stampa saudita Spa, Riad respinge qualsiasi "minaccia" di sanzioni economiche o pressione politica, dopo i commenti del presidente Usa Donald Trump che ha parlato di una “punizione severa”. Il comunicato giunge poche ore dopo che la Borsa saudita ha registrato un crollo del 7%. Intanto si muovono anche Gran Bretagna, Francia e Germania. I ministri degli Esteri dei tre Paesi, in una nota congiunta, affermano che "c'è bisogno di un'indagine credibile per stabilire la verità riguardo a quanto è successo" al reporter scomparso lo scorso 2 ottobre. Mentre dalle pagine del Washington Post - giornale con cui collaborava Khashoggi - parla Hatice Cengiz, la fidanzata del giornalista: "Se abbiamo già perso Jamal, allora la condanna non basta".

La fidanzata di Khashoggi: colpevoli devono essere puniti

Per la fidanzata di Khashoggi "le persone che ce lo hanno tolto, a prescindere dalle loro posizioni politiche, devono essere ritenute responsabili e punite con il massimo della pena prevista dalla legge". La donna affronta anche il tema di un suo possibile incontro con Trump: "Nei giorni scorsi ho letto notizie secondo cui il presidente mi vuole invitare alla Casa Bianca. Se darà un contribuito genuino agli sforzi per rivelare ciò che è accaduto dentro il consolato saudita a Istanbul, considererò l'ipotesi di accettare il suo invito", dice. La fidanzata descrive poi il reporter come un patriota, un giornalista indipendente che combatteva per la libertà e la democrazia nel suo Paese, di cui sentiva molto la mancanza.  "Jamal – spiega Cengiz - aveva fatto sentire la sua voce contro l'oppressione, ma ha pagato con la vita per la richiesta di libertà del popolo saudita".

La scomparsa di Khashoggi e le ipotesi sull’omicidio

Riad intanto, sulla questione, ha fatto anche che il regno "risponderà a qualsiasi azione con una più grande". Ieri, il ministro dell’Interno Bin Abdulaziz aveva respinto come "menzogne e accuse senza fondamento" le voci che indicano nei servizi segreti di Riad gli autori del presunto omicidio del giornalista dissidente. Khashoggi è scomparso lo scorso 2 ottobre dal consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul e diversi media turchi e americani hanno parlato di video e registrazioni che proverebbero il suo assassinio. Tra gli altri, il New York Times ha riferito che il giornalista sarebbe stato ucciso e i suoi resti poi nascosti. Riad non ha mai ammesso ufficialmente la scomparsa di Khashoggi, ma non ha nemmeno fornito prove che il giornalista sia uscito dall'edificio.

Il boicottaggio della “Davos nel deserto”

Prima della dichiarazione dei ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna e Germania, era anche emerso che Washington e Londra starebbero prendendo in considerazione l'ipotesi di boicottare la “Davos nel deserto”, il summit dei giganti della finanza e dell'economia, in programma a Riad dal 23 al 25 ottobre. Lo ha riferito la Bbc, citando fonti diplomatiche. Secondo il network, sia il segretario al Tesoro Usa, Steve Mnuchin, che il segretario al Commercio internazionale del Regno Unito, Liam Fox, potrebbero non partecipare all'evento di Riad, patrocinato dal principe ereditario, Mohamed bin Salman. Diversi sponsor e media hanno già deciso di boicottare l’evento.

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