Svelato il nome in codice del piano che Londra sta preparando in caso di uscita dall'Unione europea senza accordo, tra humour britannico (più o meno volontario) e preoccupazioni concrete
E' un uccellino dalle piume gialle e marroni, recentemente dichiarato nel Regno Unito a rischio estinzione. Migratore, si riunisce in stormi di circa 10 esemplari e si nutre di vegetali. In italiano si chiama Zigolo Giallo, in inglese Yellowhammer, e se avete letto fino a qui sappiate che questa deriva ornitologica (grazie Wikipedia!) è giustificata dal fatto che proprio "Yellowhammer" è stato scelto dal governo di Sua Maestà come nome in codice per il piano da mettere in atto in caso di Brexit senza accordo con l'Unione europea.
Operazione Yellowhammer, si legge chiaramente nei documenti fotografati in mano a un sottosegretario del ministero del Tesoro al termine di una riunione (grazie all'occhio di lince di Steve Back, aka @politicalpics). Tralasciando la domanda più spontanea - come è possibile che ci sia ancora qualcuno che porta in giro documenti presumibilmente riservati senza riporli dentro una cartellina? -, e prima di affrontare le questioni più serie - cosa prevede questo piano? -, un quesito non è da sottovalutare: a chi sarà mai venuto in mente di utilizzare il nome di un uccellino che, per il pubblico inglese (BBC dixit), quando canta "parla" di "a little bit of bread and no cheese" ovvero "un pezzetto di pane senza formaggio", a chi è parso il caso di ammiccare a scarsità di cibo in un paese già agitato dall'ipotesi di dover rinunciare al proprio avocado quotidiano?
Ironia (britannica) a parte, oltre al nome in codice questo documento, svelato solo nei primi paragrafi, non rivela molto, oltre a una preoccupazione per il futuro del trasporto aereo e ferroviario di cui però non sappiamo, per ora, nulla di più.
Un particolare, però, è interessante. Perché ad avere un ruolo di coordinamento è il Civil Contingencies Secretariat, ovvero il dipartimento governativo creato nel 2001 per gestire la pianificazione in caso di emergenze. Una "no-deal Brexit" insomma avrebbe nel paese un impatto pari ad una catastrofe naturale, una pandemia o un attentato terroristico di grande portata. Una chiave di lettura interessante, certo non la narrazione venduta fino qui all'opinione pubblica britannica, che per mesi, e da mesi, si è sentita ripetere che un no deal sarebbe migliore di un cattivo accordo. Una chiave di lettura subito sottolineata da chi, come il deputato laburista Ben Bradshaw, vorrebbe un secondo voto popolare: "nessuno nel 2016 ha votato per una situazione del genere; e ora sappiamo anche, grazie a questo documento, che ci saranno settori vitali della pubblica amministrazione come salute, istruzione e difesa che dovranno farsi carico del fallimento del governo, quando i loro budget sono già sotto stress".
Perché, in effetti, nelle poche righe rese pubbliche due aspetti saltano agli occhi. Da un lato, come l'obiettivo dichiarato sia quello di "aiutare a mantenere la fiducia nel caso in cui dovessero essere attuati piani di emergenza", e in particolare si cita il settore dei servizi finanziari. Dall'altro lato, si sottolinea come ogni dipartimento sia responsabile di prepararsi al peggio non attraverso fondi supplementari, ma rivedendo le proprie proprietà e riallocando le risorse; in sintesi, procedendo a tagli.
Niente male, se ricordiamo che una delle promesse referendarie più apprezzate era stata quella di "restituire", grazie alla uscita dall'UE, 350 milioni di sterline a settimana al Servizio Sanitario Nazionale.
Ma il bicchiere è sempre, anche, mezzo pieno. E così certamente tutti plaudono alla pianificazione; essere preparati al peggio in modo da non temerlo, ma cercando comunque di evitarlo, è la cosa giusta da fare. Semplicemente, mentre la sabbia scorre nella clessidra, un velo alla volta la Brexit comincia a mostrare il suo vero volto. E non a tutti piace.