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Cina, distrutto il laboratorio dell'artista dissidente Ai Weiwei

Mondo
Prima dei conflitti con le autorità cinesi, Ai Weiwei aveva contributo alla costruzione dello stadio di Pechino per l'Olimpiade 2008 (foto d'archivio)

Diversi operai hanno demolito l’atelier che si trovava vicino Pechino, nel distretto di Caochangdi. A denunciarlo è stato lo stesso Ai, secondo il quale le autorità hanno avviato la distruzione senza alcun avvertimento

L’atelier dell'artista dissidente Ai Weiwei è stato distrutto da una ruspa e dal laboratorio, che si trova alla periferia di Pechino, in Cina, sono state sottratte anche alcune opere. A denunciarlo è lo stesso Ai attraverso il suo profilo Instagram, sul quale ha postato diversi video che testimoniano la distruzione dell’edificio ad opera di una squadra di operai.

Nel 2011 distrutto il suo studio a Shangai

È la seconda volta che un atelier dell’artista, molto critico nei confronti del governo, viene distrutto su ordine delle autorità. "Oggi hanno iniziato a demolire il mio studio 'zuo you' (in italiano, 'sinistra e destra') a Pechino senza che prima ne venissi informato", ha scritto Ai, che definisce il fabbricato "un edificio industriale nello stile socialista della Germania dell'est". Lo studio si trovava nel distretto di Caochangdi Art District, che ospita numerose gallerie alle quali nei scorsi giorni è stato detto di lasciare l'area per un nuovo programma di sviluppo della zona. Già nel 2011 le autorità cinesi, senza alcun avvertimento, avevano demolito lo studio di Ai a Shangai. Prima di pubblicare i video, l’artista dissidente ha postato le foto di diverse opere che erano ospitate all’interno della struttura, dandogli idealmente l'addio.

Senza passaporto per quattro anni

Fortemente critico nei confronti del governo, Ai Weiwei è stato arrestato per 81 giorni nel 2011, nell'ambito di un giro di vite sui dissidenti. Dopo la scarcerazione gli è stato confiscato il passaporto per quattro anni, scaduti i quali, nel 2015, si è trasferito a Berlino, dove ha aperto uno studio. Prima dei conflitti con le autorità cinesi, Ai aveva contributo alla costruzione del famoso stadio Nazionale di Pechino, soprannominato "Nido d'Uccello" per l'Olimpiade del 2008. Oggi, l’artista dissidente è considerato come il più famoso artista cinese vivente e una delle più influenti personalità del nostro tempo. Noto è il suo attivismo politico che ha preso forma in una ricerca artistica diventata simbolo della lotta per la libertà di espressione. Nelle sue opere, l’artista, oltre a giocare tra antico e contemporaneo, manifesta un rapporto ambivalente con il proprio Paese. In molte creazioni, infatti, appare evidente il contrasto tra il profondo senso d’appartenenza, espresso dall’utilizzo di materiali e tecniche tradizionali, e la ribellione con cui manipola oggetti, immagini e metafore della cultura cinese.

Un documentario sulle migrazioni nel pianeta

Lo scorso anno Ai Weiwei si è cimentato anche con il cinema, presentando al Festival di Venezia "Human Flow", un film che racconta il tema delle migrazioni. Per realizzarlo, l’artista dissidente ha ripreso la vita in quaranta campi profughi di 22 Paesi, mettendo al centro della pellicola le vicende dei milioni milioni di persone nel mondo costrette a lasciare le proprie case per sfuggire a guerre e carestie. "Dobbiamo renderci conto che stiamo assistendo al più grande esodo dai tempi della Seconda guerra mondiale, una tragedia umana che è sotto gli occhi di tutti: l’umanità è un unicum e se capiamo che non c’è un 'noi' e un 'loro' allora potremo affrontare la questione nel modo giusto e trovare una soluzione", ha dichiarato Ai durante la presentazione del film.

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