Capodanno senza botti in Cina per combattere l'inquinamento
MondoOltre 400 città in tutto il Paese si sarebbero opposte all'uso di fuochi d'artificio a causa della crescente preoccupazione per la scarsa qualità dell'aria
La Cina è entrata nell'anno del Cane senza botti di Capodanno. Oltre 400 città, come riporta il "Telegraph", hanno infatti vietato l'uso dei fuochi d'artificio per tentare di contrastare il crescente inquinamento atmosferico che ha superato, in diverse aree del Paese, i valori limite fissati dall'Organizzazione mondiale della sanità. Non tutti, però, si sono mostrati favorevoli al provvedimento, in particolare i più giovani, restii a festeggiare senza botti.
Favorevoli e contrari al divieto
Da una parte la preoccupazione per la scarsa qualità dell'aria, dall'altra i giovani cinesi che per questo Capodanno si sono dovuti accontentare di una festa senza fuochi d'artificio. Lo stop ai botti in oltre 400 città in Cina non ha messo tutti d'accordo. Tra chi non si è mostrato favorevole al provvedimento di gran parte delle amministrazioni cittadine, ci sono stati ovviamente anche i commercianti di materiale pirotecnico. Un rivenditore del distretto di Changping a Pechino avrebbe rivelato al "Telegraph" di essere stato costretto dalle autorità locali a lasciare la città.
Inquinamento oltre i limiti
Il livello di particolato Pm 2,5 a Pechino avrebbe raggiunto un picco di 647 microgrammi per metro cubo, secondo il Ministero cinese della Protezione Ambientale. Una cifra, questa, 25 volte superiore al valore massimo di 25 microgrammi per metro cubo indicato dall'Organizzazione mondiale della sanità. Alla luce di questi numeri andrebbe letto il provvedimento adottato da gran parte delle città cinesi che hanno imposto lo stop ai botti di capodanno. Secondo la tradizione, le forti esplosioni dei fuochi d'artificio servirebbero a scacciare "Nian", una bestia mitologica che proprio a capodanno si presenterebbe per attaccare le persone. Il provvedimento contro i botti è stato approvato lo scorso dicembre e, contestualmente, sono state rafforzate anche le misure repressive, come a Pechino, dove i rivenditori sono stati costretti all'esilio in periferia.