Iran, un'altra donna arrestata per protesta contro l'hijab

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In Iran la legge impone alle donne di portare l'hijab dalla rivoluzione islamica del 1979 (archivio Getty Images)

La manifestante sarebbe stata trattenuta a Teheran dopo essere salita su una cabina telefonica e essersi scoperta la testa. Il gesto ricorda quello compiuto il 27 dicembre scorso nella capitale iraniana da un'altra attivista che è stata rilasciata

La polizia iraniana ha arrestato un'altra donna per avere contestato l'uso dell'hijab, il velo obbligatorio secondo la legge nazionale. E' stata invece liberata l'attivista che nel dicembre scorso aveva sfidato il potere sventolando il velo che le avrebbe dovuto coprire i capelli diventando così il simbolo di queste proteste. A dare l'annuncio della sua scarcerazione su Facebook è stata l’attivista e avvocatessa Nasrin Sotoudeh, che da subito si era interessata al suo caso: "La ragazza della Enghelab Avenue è stata rilasciata", ha scritto sul suo profilo.

Rilasciata la donna simbolo delle proteste

La sua identità è stata scoperta dopo giorni di anonimato e incertezza: si chiama Vida Movahed, ha 31 anni ed è madre di un bimbo di 19 mesi. L'immagine di lei a capo scoperto, in piedi sulla centralina telefonica di Enghelab Street, con in mano un bastone al quale aveva annodato il velo bianco, aveva fatto il giro del mondo, mentre in Iran erano in corso violente proteste. La donna, arrestata dalle autorità, è stata ora rilasciata.

Una lunga serie di proteste

L'atto di resistenza della donna è coinciso con un'ondata di proteste che ha attraversato il paese e che rivelano le frustrazioni dei giovani iraniani per la mancanza di libertà sociali e politiche. Dall'arresto di dicembre, molte immagini ispirate alla protesta di Movahed sono state postate anche da uomini sui social network. L'hastag comune alle varie immagini è "la ragazza di Enghelab Street". Oggi, 29 gennaio, il secondo caso annunciato da Sotoudeh che ha scritto: "Mi è stato riferito che una seconda donna è salita su una cabina telefonica nello stesso posto, sventolando il suo hijab su un bastone. Il suo messaggio è chiaro – ha detto Sotoudeh – le ragazze e le donne sono stufe dell'hijab forzato. Lasciate che le donne decidano da sole dei loro corpi". L'identità della seconda donna non è ancora stata rivelata. Una foto pubblicata su Twitter mostra la donna che indossa un braccialetto verde, chiaro riferimento al movimento verde del 2009 i cui leader sono ancora agli arresti domiciliari.

L'obbligo dell'hijab

La legge iraniana impone alle donne di indossare l'hijab da subito dopo la rivoluzione islamica del 1979. Dalla sua entrata in vigore, la legge è sempre stata difficile da far rispettare: nonostante il timore di rappresaglie, milioni di donne in Iran hanno sfidato quotidianamente le restrizioni. Un numero crescente di donne, specialmente a Teheran, si è rifiutato di indossare il velo mentre è alla guida, sostenendo che un'automobile rappresenti uno spazio privato dove possono vestirsi più liberamente. Il problema è diventato uno dei più importanti negli ultimi anni, in parte anche grazie a una campagna chiamata "My Stealthy Freedom" ideata dalla giornalista 41enne, Masih Alinejad. "L'hijab forzato – ha detto Alinejad – è il simbolo più visibile dell'oppressione contro le donne in Iran, ecco perché lottare per la libertà di indossare o non indossare l'hijab è il primo passo verso la piena uguaglianza". Zahra Safyari, una donna iraniana che indossa volontariamente un hijab, ha twittato: "Indosso lo chador. Ho scelto di indossare l'hijab, non è stato forzato dalla mia famiglia o dalla società, né era un requisito per lavorare. Sono felice della mia scelta, ma sono contrario all'hijab forzato ed è per questo che apprezzo le ragazze di Enghelab Street. Religione e hijab non dovrebbero essere obbligatori".

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