Tre anni fa, dal 7 gennaio al 9 gennaio, Parigi viene colpita da attentati terroristici senza precedenti. Sotto attacco la redazione del giornale satirico e, successivamente, un supermercato kosher
"Tre anni dopo, dalla memoria alla lotta": alla vigilia delle commemorazioni dell'attentato contro la redazione di Charlie Hebdo - il 7 gennaio 2015, con 12 persone uccise sotto ai colpi dei kalashnikov dei fratelli Kouachi (LE FOTO - "Siamo tutti Charlie" - Le vignette più controverse) - circa 1.500 persone, tra cui i giornalisti superstiti del settimanale satirico, si sono riunite nel teatro delle Folies Bergère, nel cuore di Parigi, per lanciare un simbolico appello alla lotta contro ogni forma di 'comunitarismo' etnico o religioso e in difesa dei principi fondamentali della Rèpublique: Libertà, Eguaglianza e Fraternità a cui, in questo anniversario così particolare per la storia repubblicana, è stata aggiunta anche la Laicità.
Parigi ricorda la strage
All'evento hanno partecipato, tra gli altri, il presidente dell'Assemblea Nazionale, Francois De Rugy, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, l'ex premier ai tempi dell'attacco, Manuel Valls e la filosofa Elisabeth Badinter. Il presidente Emmanuel Macron, accompagnato dalla moglie Brigitte, è invece atteso alle commemorazioni di Stato domenica mattina alle 11 in Rue Nicolas Appert, sede dell'allora redazione del giornale decimato dai jihadisti, poi sul boulevard Richard-Lenoir per ricordare il poliziotto in bicicletta ucciso Ahmed Merabet e infine alle 12 all'Hyper Cacher della Porte de Vincennes.
"Una vita in gabbia"
La copertina dell'ultimo numero speciale di Charlie mostra la porta di un bunker da cui spunta timidamente il volto di un redattore di Charlie. "Il calendario dell'Isis? - afferma - Abbiamo già dato...". Il tutto corredato dalla scritta: "Tre anni in una scatola di conserve". Dal 7 gennaio 2015, giorno del devastante attentato perpetrato dai fratelli Kouachi nell'ex redazione di rue Nicolas Appert, il settimanale continua infatti ad essere oggetto di regolari minacce e intimidazioni. Diversi giornalisti di Charlie vivono sotto scorta della Police Nationale. "E' normale", si chiede il direttore Gèrard Biard, che ancora oggi in Francia un giornale come il suo sia costretto a vivere in un 'bunker' sotto protezione con costi annuali per la sicurezza di 1-1,5 milioni di euro all'anno: "In queste condizioni possiamo realmente parlare di libertà d'espressione? Un giorno ci sarà orse il rischio di dover chiudere definitivamente".
Je suis Charlie
Nella lunga giornata di dibattito, i partecipanti all'evento a teatro hanno rievocato lo spirito dell'11 gennaio, quando milioni di persone scesero in piazza in Francia e nel mondo per gridare 'Je suis Charlie' e si sono chiesti cosa rimanga oggi di quello slogan, cosa significhi essere, appunto, 'Charlie' nella vita di tutti i giorni.