Papa Francesco sul fine vita: sospendere cure se non proporzionali

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Papa Francesco in una foto d'archivio (Ansa)

Il Santo Padre è intervenuto con un messaggio al convegno Pontificia Accademia Vita. “Significato diverso da eutanasia. In alcuni casi moralmente lecito rinunciare ad applicazione di mezzi terapeutici”. Bergoglio ricorda che “le decisioni devono essere del paziente”

È "moralmente lecito rinunciare all'applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito ‘proporzionalità delle cure’”. Papa Francesco, con un messaggio al convegno sul "fine vita" promosso dalla Pontificia Accademia, ha invocato "un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona”.

Il messaggio del Papa sul fine vita

Nella sua lettera, che cita la Dichiarazione sull'eutanasia del 5 maggio 1980, il Papa parla del tema con la consapevolezza dei successi raggiunti dalla medicina in campo terapeutico e di quanto "gli interventi sul corpo umano diventino sempre più efficaci, ma non sempre risolutivi”. La scelta di sospendere le cure, scrive Bergoglio, secondo quanto riporta Radio Vaticana, assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di "non poterla più contrastare", "senza aprire giustificazioni alla soppressione del vivere". 

Significato etico diverso da eutanasia

L'azione "ha un significato etico completamente diverso dall'eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte". Secondo Francesco sono tre sono gli aspetti da considerare: "L'oggetto morale, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. La dimensione personale e relazionale della vita - e del morire stesso, che è pur sempre un momento estremo del vivere - deve avere, nella cura e nell'accompagnamento del malato, uno spazio adeguato alla dignità dell'essere umano”. 

“Le decisioni devono essere del paziente”

In questo percorso - sottolinea il Pontefice - "la persona malata riveste il ruolo principale. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità. È anzitutto lui che ha titolo, ovviamente in dialogo con i medici, di valutare i trattamenti che gli vengono proposti e giudicare sulla loro effettiva proporzionalità nella situazione concreta, rendendone doverosa la rinuncia qualora tale proporzionalità fosse riconosciuta mancante". 

“Non abbandonare mai il malato”

Il Papa non nasconde la difficoltà della valutazione, soprattutto se si considerano le molteplici mediazioni" a cui è chiamato il medico. Inoltre persiste la disuguaglianza terapeutica "presente anche all'interno dei Paesi più ricchi, dove l'accesso alle cure rischia di dipendere più dalla disponibilità economica delle persone che dalle effettive esigenze di cura". Da qui, la necessità di tenere "in assoluta evidenza il comandamento supremo della prossimità responsabile" con "l'imperativo categorico" "di non abbandonare mai il malato”. La consapevolezza è che non si può sempre garantire la guarigione e non ci si deve accanire inutilmente contro la morte, "si muove la medicina palliativa" che "riveste una grande importanza anche sul piano culturale, impegnandosi a combattere tutto ciò che rende il morire più angoscioso e sofferto, ossia il dolore e la solitudine".

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