Le tappe della lunga battaglia legale per la vita di Charlie Gard

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Chris Gard e Connie Yates, i genitori del piccolo Charlie (Getty Images)

La disputa legale sulle sorti del bambino di 10 mesi affetto da deplezione mitocondriale dura dallo scorso 11 aprile. I giudici inglesi hanno ordinato l'interruzione delle terapie. Ma i genitori del piccolo continuano a chiedere tempo

Scienza contro speranza. È il centro della drammatica storia che da mesi riguarda le sorti del piccolo Charlie Gard, il bambino di 10 mesi affetto dalla sindrome da deplezione mitocondriale, una patologia rarissima e incurabile.

La battaglia legale internazionale

Diagnostica quando il bambino aveva due mesi, da allora Charlie è ricoverato al Great Ormond Street Hospital di Londra dove è tenuto in vita grazie ai macchinari per la respirazione artificiale. Data la gravità delle sue condizioni, i medici hanno chiesto di poter interrompere le cure, per evitare inutili sofferenze al bambino che nel corso della malattia ha riportato anche gravi danni cerebrali. Contro il loro parere si sono schierati i genitori del piccolo, Chris Gard e Connie Yates, che hanno avviato e condotto una lunga battaglia legale arrivata fino alla Corte per i diritti umani di Strasburgo dopo essere stata persa nelle sedi giudiziarie inglesi. Queste le principali tappe della vicenda.

La decisione dei giudici inglesi

L'11 aprile 2017, il giudice dell'Alta corte di Londra respinge il ricorso dei genitori dando ragione ai medici dell'ospedale, stabilendo che vengano staccati i macchinari che tengono in vita il piccolo. Il 2 maggio, il padre e la madre di Charlie ricorrono in appello contro la decisione e lanciano una campagna internazionale che in poco tempo raccoglie il sostegno di decine di migliaia di persone. La petizione raccoglie anche dei fondi perché Charlie venga trasferito in un ospedale degli Stati Uniti affinche sia sottoposto a una terapia sperimentale, ritenuta però dai medici del tutto inutile e che causerebbe, per via del lungo viaggio, ulteriori sofferenze al bambino. Ventitre giorni dopo, il 25 maggio, la Corte d'appello conferma la sentenza dell'Alta corte. Un secondo giudizio contro il quale i genitori del piccolo presentano un ulteriore ricorso presso la Corte suprema britannica. Nel frattempo il Greet Ormond continua a garantire le cure necessarie per la sopravvivenza del bambino.

Ricorso rigettato e presentato a Strasburgo

Anche il terzo grado di giudizio conferma, l'8 giugno, la decisione dell'Alta Corte e dei giudici d'Appello di interrompere la terapia e staccare la spina ai macchinari che tengono in vita il piccolo Charlie. Un parere contro il quale i coniugi Gard presenteranno un ricorso alla Corte per i diritti umani di Strasburgo. Il 27 giugno, anche i giudici europei rigettano l'istanza dei due genitori: una decisione scaturita dalla convinzione dei magistrati che non spetti a loro sostituirsi ai giudici nazionali. Il 30 giugno, giorno stabilito per staccare i macchinari, l'ospedale di Londra concede una proroga davanti all'ultimo disperato appello dei genitori. La successiva corsa di solidarietà è arrivata a coinvolgere anche l'Italia e gli Stati Uniti con offerte di accogliere il piccolo nei propri ospedali nazionali. Appelli per il piccolo sono arrivati anche da Papa Francesco e dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

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