Donald Trump fa retromarcia: non vuole più uscire dal Nafta

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Il presidente americano Donald Trump (Getty Images)
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Contrariamente a quanto annunciato in precedenza, il presidente americano avrebbe deciso che per il momento gli Usa non abbandoneranno l'accordo, a patto che venga rinegoziato

A distanza di poche ore dalle indiscrezioni pubblicate da "Politico", nelle quali due funzionari governativi affermavano che un ordine esecutivo sul ritiro degli Stati Uniti dal North American Free Trade Agreement (Nafta) sarebbe stato rivelato al più tardi entro una settimana, Donald Trump ha fatto dietrofront: il Nafta, per ora, può restare in vigore. A una condizione, però: che Messico e Canada, gli altri due membri dell'area di libero commercio nordamericana, siano disposti a negoziare importanti modifiche al trattato che regola gli scambi fra i Paesi.

La stretta sui partner commerciali

La possibilità di un eventuale addio degli Stati Uniti al Nafta, aveva immediatamente avuto ripercussioni sui mercati valutari. Il peso messicano aveva perso oltre il 2% del suo valore nei confronti del dollaro americano, mentre il dollaro canadese aveva ceduto lo 0,3%. Nelle ore successive il presidenti messicano, Enrique Peña Nieto, e il premier canadese, Justin Trudeau, si sarebbero resi disponibili per avviare un processo di rinegoziazione dell'accordo che, nel frattempo, potrà così restare in vigore. In seguito a queste dinamiche diplomatiche una nota della presidenza americana ha quindi chiarito che "sarà un privilegio aggiornare il trattato" in un modo che "renderà tutti e tre i Paesi migliori e più forti". Si può ipotizzare che aver evocato lo spettro del ritiro americano, un fatto che sarebbe economicamente traumatico anche per gli stessi Usa, sia stata una strategia per forzare la mano sui due partner e convincerli alla trattativa: un'ipotesi avanzata sia dal "The New York Times" sia dallo stesso "Politico". Già il 25 aprile, infatti, l'amministrazione statunitense aveva minacciato di imporre un dazio al legno di latifoglio canadese per rispondere al trattamento commerciale ingiusto che il Paese vicino applicherebbe ai latticini americani.

Perché il Nafta è importante

Il timore del mercato è che i beni esportati negli Stati Uniti da Messico e Canada, nel caso di addio al Nafta e di ritorno a maggiori barriere commerciali, possano subire un forte calo della richiesta da parte degli americani che si troverebbero a pagare prezzi più alti per via dei dazi. D'altro canto un aumento della protezione commerciale dai beni esteri incentiva i consumatori a dirigere i propri acquisti verso prodotti non tassati dalle barriere doganali, cioè in questo caso quelli americani, in linea con il modello "America first" sostenuto da Trump. La posta in gioco, però, è molto più ampia in quanto, dall'entrata in vigore del Nafta nel 1994, i tre Paesi aderenti hanno potuto beneficiarne per installare catene produttive complesse nelle quali i manufatti (come, ad esempio, le automobili) vengono lavorati passando numerose volte i confini nazionali. Rimuovere il trattato potrebbe dunque impattare duramente anche su questo aspetto costringendo le aziende a un cambiamento di approccio. Secondo quanto affermato in passato da Trump, aprire la porta a questo modello di integrazione economica ha distrutto numerosi posti di lavoro statunitensi, in favore della più conveniente manodopera messicana: "Il Nafta è stato molto, molto dannoso per il nostro Paese - aveva recentemente ribadito il presidente americano - così come è stato dannoso per le nostre società e per i nostri lavoratori e siamo prossimi a fare alcuni grossi cambiamenti, o ce ne andremo dal Nafta una volta per tutte".

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