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Fake news: cosa sono e come riconoscerle. FAQ

Mondo

In occasione dell’International Fact-checking Day organizzato in tutto il mondo per il 2 Aprile 2017, ecco una guida per comprendere meglio il fenomeno delle “notizie false”: chi le produce e perché, quali iniziative sono nate per arginarle e come difendersi nella navigazione quotidiana

A cura di Factcheckers*

 

 

1) Cosa sono le “fake news”?

“Fake news” è un’espressione inglese traducibile in italiano con “notizie false”. La si utilizza per indicare quelle fonti che “inventano del tutto le informazioni, disseminano contenuti ingannevoli, distorcono in maniera esagerata le notizie vere”. Questa definizione è di Melissa Zimdars, docente di comunicazione al Merrimack College, e promotrice del progetto OpenSources, nato per mappare in maniera collaborativa le “fonti false, ingannevoli, clickbait o satiriche”.

Negli ultimi mesi l’espressione “fake news” è stata utilizzata per indicare fenomeni molto diversi tra loro. Tanto che c’è chi ha proposto di abbandonare del tutto questa espressione, perché ormai svuotata di significato. Donald Trump, ad esempio, l’ha utilizzata in diverse occasioni per attaccare testate rispettate come il New York Times e il Washington Post. Anche in Italia il blog di Beppe Grillo usa questa espressione in riferimento ad alcuni quotidiani.

Come si può vedere dal grafico sotto, in concomitanza con le ultime presidenziali Usa, l’espressione ha registrato un boom di ricerche su Google.


2) Le bugie ci sono sempre state, cos'è cambiato adesso?


Lo studioso Robert Darnton ha ricostruito la storia della disinformazione a partire dal VI secolo d.C. L’uso manipolatorio delle informazioni è passato attraverso diverse modalità: si pensi alle “pasquinate”, i sonetti spesso diffamatori appesi di notte sulle statue di Roma; o, ancora, ai “canard” distribuiti nelle strade di Parigi con notizie spesso ingannevoli; fino ad arrivare ai giornali londinesi di fine ‘700, quando, secondo Darnton, le notizie false hanno raggiunto il proprio picco.

Oggi però sono cambiate diverse cose rispetto al passato.

Nello scenario del “giornalismo a rete” (la definizione è di Charlie Beckett) chiunque può accedere a molte fonti di informazione e allo stesso tempo creare un contenuto informativo con bassi costi e alte potenzialità di distribuzione. Queste caratteristiche hanno contribuito a migliorare in modo significativo la qualità dell’informazione. In questo contesto, si sono anche aperti nuovi spazi per chi insegue interessi diversi.

E’ il caso di chi vuole sfruttare questa apertura per generare facili profitti pubblicitari: basta creare un sito web e saperlo promuovere sui social media con titoli accattivanti per guadagnare fino a 10.000 dollari al mese, come ha confessato al Washington Post Paul Horner, noto autore di notizie false.

Ma c’è anche chi produce “fake news” per influenzare l’opinione altrui con finalità politiche: in questo caso si può sfruttare l’effetto “bolla” che Facebook e gli altri social network producono quando ci fanno vedere contenuti personalizzati, provenienti da (poche) fonti che confermano i nostri pregiudizi e su cui molti utenti cliccano senza neppure chiedersi da dove provengono.

 

Infine, altro fondamentale elemento di novità rispetto al passato è il formato in cui ci arrivano: Facebook e Google News impaginano le notizie in una modalità omogenea, uguale sia per il New York Times che per un sito di scienza spazzatura. Questi formati tendono a dare più risalto al singolo contenuto (un titolo sensazionalistico, una bella foto) che non alla fonte che l’ha prodotto. E questo elemento gioca molto a favore di siti che producono “fake news” per scopi di clickbaiting (acchiappaclick), come ha spiegato la webzine The Verge.

 

 

3) Che cos'è invece la "post verità”?

Post-verità è un’espressione entrata nell’Oxford Dictionaries nel 2016. Ecco la definizione data dagli autori del dizionario: “circostanze nelle quali i fatti obiettivi sono meno influenti nell’orientare la pubblica opinione rispetto agli appelli all’emotività e alle convinzioni personali’”.

 

In pratica, le nostre convinzioni non vengono scalfite neanche quando smentite in modo evidente dai fatti, come confermano alcune ricerche.

 

La scelta di introdurla nel dizionario è stata dettata proprio dal consistente uso che se ne è fatto nel corso del 2016 in ambito politico: prima con il referendum sulla Brexit e poi con le elezioni statunitensi.

 

La nostra Accademia della Crusca ha commentato questa scelta, evidenziando come la “post verità” non sia un fenomeno nuovo, eppure “Le caratteristiche e le dimensioni assunte dal fenomeno ai nostri giorni sono però diverse e ci sono alcuni fattori che in particolare devono essere sottolineati, tutti legati alla rete: la globalità, la capillarità, la velocità virale della diffusione delle varie post-verità; e poi la generalità e genericità degli attori che possono alimentarle, spesso con una propaganda nascosta e inaspettata che può provenire da pseudo-istituti di ricerca, da esperti improvvisati”.



4) Che differenza c'è tra una fake news e una notizia che dà un sito di news e che si rivela poi sbagliata?

Claire Wardle, direttrice di First Draft News, network internazionale sulla verifica delle fonti online, ha proposto un’utile distinzione tra:

 

- disinformazione: creazione e condivisione consapevole di informazioni che si sa essere false

 

- misinformazione: la condivisione involontaria di informazioni false

A chiunque può capitare di condividere informazioni non vere. Non tutti, però, lo fanno con l’obiettivo di ingannare chi legge.

 

E, soprattutto, chi produce involontariamente un’informazione falsa tende poi a rettificarla e/o integrarla appena emergono nuovi elementi. Lo stesso non vale per chi vuole diffondere disinformazione in maniera consapevole.



5) Chi produce tutte queste notizie false? E per quale motivo?

Nel caso delle ultime elezioni statunitensi è emerso che alcuni degli articoli più condivisi provenivano da Veles, cittadina della Macedonia, dove erano attivi una serie di adolescenti che producevano notizie inventate di sana pianta. Questi articoli spesso erano pro-Trump e contro la Clinton, non perché ci fosse un collegamento diretto con l’attuale presidente Usa, ma semplicemente perché quel genere di notizie generavano più click e quindi anche maggiori introiti pubblicitari. Uno di questi teenager ha spiegato di guadagnare fino a 1800 euro al mese (in un paese in cui lo stipendio medio è di 350 euro).

Si è molto discusso, poi, dell’uso di “fake news” per scopi propagandistici in contesti elettorali. Questo utilizzo è stato spesso ricondotto alla Russia, che proverebbe a influenzare i risultati elettorali attraverso la disinformazione. Tentativi di questo tipo sono stati riscontrati negli Stati Uniti, in Germania, Olanda e, di recente, anche in Francia.

Durante gli ultimi mesi, in Italia ha fatto molto discutere il caso di LiberoGiornale.com, sito web che diffondeva informazioni false in chiave politica. Come è emerso poi da due diverse inchieste, quel dominio faceva parte di una più grande galassia di siti fake riconducible a una società con sede in Bulgaria, gestita da italiani. Oltre a questo hub, ci sono molte altre galassie di siti web che diffondono notizie false in italiano con obiettivi economici o politici.



6) Qualche esempio di fake news?

Tre “fake news” più condivise di recente sono state, nell’ordine:

 

Brexit: lo slogan a caratteri cubitali su un autobus del comitato per il “lasciare”, secondo cui il Regno Unito avrebbe potuto risparmiare 350 milioni di sterline a settimana una volta uscita dalla Ue. Il dato è stato poi smentito dagli stessi autori, ma solo dopo la vittoria al referendum.

 

Elezioni Usa: la notizia più condivisa in assoluto su Facebook è stata quella “falsa” secondo cui il Papa Francesco aveva deciso di appoggiare Donald Trump.

 

Referendum italiano: secondo un’analisi di Pagella Politica, l’articolo più condiviso sul tema è stato pubblicato dal sito “Italiani Informati” a proposito del (falso) ritrovamento di “500.000 schede già segnate col SI”. Nonostante provenisse da una fonte sconosciuta e il paese a cui si fa riferimento non esista, la news è stata condivisa più di 200.000 volte.

 

Germania: Una foto con un siriano (con regolare permesso di soggiorno) che si scatta un selfie con Angela Merkel è stata manipolata e messa in associazione con gli attentati di Bruxelles o di Berlino. Il ragazzo ha fatto causa a Facebook perché il proprio volto non venga più associato agli attentati.

Al di là della politica, molte notizie false riguardano anche il mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento: negli Stati Uniti sono diventate molto virali le “fake news” dell’arrivo delle star in piccolissime località del paese.



7) Come posso accorgermi se una notizia è una fake news?

 

Craig Silverman, esperto di fact-checking e giornalista di Buzzfeed, ha creato un elenco di 6 semplici cose da fare per verificare una notizia:

 

- Controlla l’URL: spesso non ce ne accorgiamo, ma il sito su cui stiamo cliccando è una copia di uno più famoso, tipo “La Gazzetta della Sera”, “Rebubblica”, “Il Fato Quotidiano”;

 

- Leggi la pagina “Chi Siamo”: molti siti che diffondono “fake news” spesso hanno un disclaimer in cui indicano che si tratta di un sito di satira;

 

- Occhio alle dichiarazioni: se provengono da una persona nota, basta selezionare la frase e lanciare una ricerca su Google tra virgolette. In questo modo si può controllare se le stesse parole sono state riprese anche da altre fonti; in caso contrario, meglio approfondire;

 

- Segui i link: per vedere se effettivamente ti porta alla fonte che dice di linkare oppure no; in generale, è meglio essere diffidenti degli articoli che hanno pochi (o nessun) link;

 

- Fai una ricerca inversa delle immagini: basta andare su Google Immagini e caricare un’immagine sospetta per scoprire se è stata già pubblicata altrove o se si riferisce a un altro evento;

 

- Cautela: “Se una storia sembra troppo bella per essere vera, oppure ti provoca una forte reazione emotiva, è meglio calmarsi per un momento”, è il consiglio finale di Silverman.



8) Quali iniziative sono state messe in campo per arginare la diffusione delle notizie false?

Di recente Facebook ha lanciato negli Stati Uniti un servizio di segnalazione delle notizie che sono state messe in dubbio da alcune note testate di fact-checking (come Snopes o Associated Press, che fanno parte dell’International Factchecking Network e che hanno siglato il codice di condotta del Poynter Institute).

 

Google ha invece deciso di colpire le testate “acchiappaclick” produttrici di false notizie, bloccando la propria pubblicità sui loro domini.

 

In Europa diversi governi hanno lanciato proposte di legge per arginare il fenomeno: la Germania vuole introdurre multe fino a 50 milioni di euro per i siti che non rimuovono notizie diffamatorie o calunniose (il provvedimento non riguarda le “notizie false” in genere, ma solo alcune tipologie); nella Repubblica Ceca è stata creata un’unità governativa per timore di influenze russe in campo informativo. Anche in Italia è stata presentata una proposta di legge contro le fake news che però è stata giudicata come “pericolosa” sia da alcuni esponenti politici che da attivisti per le libertà digitali.

 

Parallelamente stanno prendendo piede iniziative di “educational fact-checking” con l’obiettivo di diffondere la cultura della verifica delle fonti nei contesti scolastici e familiari. Negli Stati Uniti sono attivi da tempo due progetti: 1) il News Literacy Project che invita giornalisti nelle scuole e ha creato un’app per i docenti; 2) il Center for News Literacy della Stony Brook University che effettua attività educativa sia sugli studenti che sui docenti. Tra le diverse iniziative, il centro ha anche lanciato un corso gratuito online disponibile sulla piattaforma Coursera. Nei giorni scorsi, l’OCSE ha lanciato un appello affinché nelle scuole si insegni a riconoscere le notizie false: questa competenza sarà valutata nel prossimo PISA Test, che valuta il grado di alfabetizzazione nelle scuole di più di 60 paesi.



9) Che cos’è l’International Factchecking Day?

E’ un’iniziativa lanciata dall’International Factchecking Network del Poynter Institute per il prossimo 2 Aprile. Si tratta di una giornata di sensibilizzazione creata per promuovere la cultura della verifica delle fonti in tutto il mondo. Sul sito dell’evento si trova una mappa con le attività intorno al mondo, una lezione per i docenti, un quiz da fare con gli amici e altre risorse.

 


10) Cosa possiamo leggere per approfondire questo tema?

L’associazione Factcheckers ha realizzato una guida interattiva per diffondere la cultura della verifica delle fonti tra i più giovani. La guida è disponibile anche in formato infografica da scaricare (qui in formato jpg) o attraverso una serie di social card per Facebook e Twitter.

 

Sul sito dell’International Factchecking Day è poi disponibile uno schema di lezione (tradotto anche in Italiano) che i docenti possono scaricare per programmare una lezione sul tema nella propria scuola. Sempre su questo sito si trovano una serie di risorse in inglese per valutare l’attendibilità di un sito web, foto e video, account Twitter, voce di Wikipedia.

 

In italiano il sito Valigia Blu ha tradotto la guida redatta da Claire Wardle su First Draft News: la si può trovare qui Facile dire fake news. Guida alla disinformazione. Anna Maria Testa ha commentato su Internazionale.it i risultati di un importante test svolto dalla Stanford University per valutare le competenze informative degli studenti. Altra fonte utile con esercizi e quiz è poi First Draft News.



Factcheckers è un'associazione no-profit nata nel 2016 per promuovere l'educational factchecking in Italia con un target mirato su studenti, docenti e genitori. Si occupa della creazione di format innovativi per diffondere la cultura delle fonti e di una corretta informazione attraverso percorsi didattici e strumenti divulgativi. E' partner dell'International Factchecking Network per l'organizzazione del primo International Fackchecking Day. Insieme a Sky Academy ha realizzato una guida interattiva per coinvolgere i più giovani sul tema della verifica delle fonti online.

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