Migranti, la famiglia della foto simbolo è tornata in Iraq

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Laith Majid fotografato a Berlino lo scorso settembre con la figlia Nour
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L'immagine di Laith Majid con la figlia in braccio aveva fatto vincere al fotografo Daniel Etter il premio Pulitzer. Ma ora la Bild ha scoperto che il 44enne meccanico sunnita dalla Germania è tornato indietro quando sono morti i suoi genitori

La foto del padre che porta in salvo la figlia di sette anni, appena sbarcati sull'isola di Kos era diventata l'immagine simbolo del dramma dei migranti. La loro immagine, poche settimane dopo, davanti alla Porta di Brandenburgo era diventata un simbolo di speranza. Ora però Laith Majid, il meccanico 44enne iracheno (e non siriano, come si era pensato nei primi giorni) che era giunto fino in Germania, è tornata indietro e ora si trova a Erbil, nel Kurdistan iracheno, insieme alla moglie Neda, insegnante di inglese, e tre figli, Ahmed (17 anni), Taha (9 anni) e la piccola Nour (7 anni) con lui nella foto. L'unico a essere rimasto a Berlino il figlio maggiore Mustafa, di 19 anni, intenzionato, "a farcela qui".

In Germania rimasto solo il figlio maggiore - A darne notizia il quotidiano tedesco Bild che alla storia della famiglia aveva dedicato la scorsa estate grande spazio. Dopo che il fotografo Daniel Etter, autore dello scatto a Kos, ha vinto proprio per quell'immagine il premio Pulitzer, il tabloid tedesco si è messo alla ricerca della famiglia di profughi scoprendo del loro ritorno in patria.  A portare al ritorno in patria della famiglia di migranti sarebbe stata la morte dei genitori del 44enne meccanico. La notizia gli avrebbe prima provocato una crisi cardiaca, gettandolo poi in uno sconforto tale da spingerlo a tornare a casa. Troppo pericoloso però andare di nuovo a Baghdad, dove il sunnita Majid era stato minacciato da bande sciite e così la famiglia ha fatto ritorno nel kurdistan iracheno.

Picchiato nel centro di accoglienza - Contattati via chat dalla Bild direttamente a Erbil i Majid hanno raccontato che nel Lageso di Spandau, il centro di accoglienza per profughi di Berlino, la vita era come in una prigione. Laith Majid denuncia poi di essere stato picchiato dalle guardie della securty che gli avrebbero provocato una contusione alla spalla guarita dopo un mese. Non avrebbe inoltre ricevuto aiuto dalle istituzioni e si sarebbe a un certo punto ritrovato senza soldi e senza mezzi. E così alla fine è arrivata la decisione di chiedere in prestito soldi a parenti per fare ritorno a casa. E non è il solo. Secondo l'ufficio dell'immigrazione tedesco, citato dal Corriere della Sera, nel 2015 gli iracheni che dalla Germania hanno fatto ritorno a casa sono quadruplicati a 724. Ora, come ricorda la Bild, i Majid dovranno aspettare cinque anni prima di poter nuovamente chiedere lo status di rifugiati in Europa.

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