Proseguono al Cairo gli incontri tra israeliani e palestinesi per mettere fine al conflitto. Abu Mazen vola a Doha per incontrare il leader di Hamas. Gerusalemme vorrebbe il disarmo, mentre dall'altra parte si chiede la fine dell'embargo
La tregua a Gaza è stata prolungata di altre ventiquattro ore fino a quindi la mezzanotte di martedi (le 23 di martedì in Italia), per permettere il proseguimento dei colloqui tra israeliani e palestinesi al Cairo. Le due delegazioni hanno ripreso domenica i colloqui indiretti e macinato 15 ore di discussioni in due giorni. Ma resta ancora difficile capire se la trattativa possa portare a quella soluzione "duratura" su cui Il Cairo punta. Mentre il premier israeliano Benyamin Netanyahu avverte che l'esercito con la stella di Davide tornerà a colpire duramente se riprenderà il lancio di razzi dalla Striscia.
Abu Mazen incontra il leader di Hamas - Intanto il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen è volato a Doha per incontrare il grande assente al tavolo negoziale, il leader di Hamas Khaled Meshal. Secondo alcuni osservatori, si tratta d'una missione per provare ad ammorbidire le posizione del movimento al potere de facto nella Striscia, e svincolare al contempo la trattativa dal gioco più ampio del confronto regionale tra Egitto, Qatar e Arabia Saudita.
La tregua ha tenuto - Quel che è certo è che la doppia tregua di questi ultimi giorni ha sostanzialmente tenuto, al di là di qualche sporadica e contenuta fiammata di guerra. Una ripresa del conflitto, che ha causato oltre 2.000 morti tra i palestinesi secondo fonti di Gaza - quasi 500 i bambini - e 67 sul fronte israeliano (inclusi cinque militari uccisi da fuoco amico, ammette oggi l'esercito), rischia di aggravare l'emergenza umanitaria nella Striscia e infiammare ancor di più il Medio Oriente e il mondo arabo, scosso in queste ore dall'avanzata jihadista in Iraq e Libia. In Israele prevale un certo scetticismo, mentre le distanze sui alcuni punti chiave si avvicinano solo a fatica. Da una parte si vorrebbe ottenere il disarmo di Hamas, che appare improbabile, dall'altra la fine totale dell'embargo, altro tema scottante al tavolo della trattativa. Ieri Netanyahu ha tuonato che Hamas "non può sperare di compensare una sconfitta militare con un successo politico" e che Israele respingerà proposte che non tengano in conto i suoi interessi di sicurezza.
I punti su cui si tratta - Da Gaza, con una rinnovata veemenza propagandistica, Hamas ha negato una sconfitta militare e minacciato che il prossimo round di combattimenti avrà come teatro Ashqelon, in territorio israeliano. Per rassicurare Israele è scesa in campo anche l'Unione europea, pronta a garantire con proprie forze il controllo del valico di Rafah, che la proposta di mediazione egiziana vorrebbe permanentemente aperto. Su un altro piano, i palestinesi si dicono pronti a 'stralciare' da questa fase negoziale la richiesta di riaprire l'aeroporto e costruire un porto commerciale, ma chiedono in cambio un primo Sì israeliano. Che non arriverà senza che dall'altra parte qualche forma di garanzia concreta su un progressivo svuotamento degli arsenali della Striscia.
Abu Mazen incontra il leader di Hamas - Intanto il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen è volato a Doha per incontrare il grande assente al tavolo negoziale, il leader di Hamas Khaled Meshal. Secondo alcuni osservatori, si tratta d'una missione per provare ad ammorbidire le posizione del movimento al potere de facto nella Striscia, e svincolare al contempo la trattativa dal gioco più ampio del confronto regionale tra Egitto, Qatar e Arabia Saudita.
La tregua ha tenuto - Quel che è certo è che la doppia tregua di questi ultimi giorni ha sostanzialmente tenuto, al di là di qualche sporadica e contenuta fiammata di guerra. Una ripresa del conflitto, che ha causato oltre 2.000 morti tra i palestinesi secondo fonti di Gaza - quasi 500 i bambini - e 67 sul fronte israeliano (inclusi cinque militari uccisi da fuoco amico, ammette oggi l'esercito), rischia di aggravare l'emergenza umanitaria nella Striscia e infiammare ancor di più il Medio Oriente e il mondo arabo, scosso in queste ore dall'avanzata jihadista in Iraq e Libia. In Israele prevale un certo scetticismo, mentre le distanze sui alcuni punti chiave si avvicinano solo a fatica. Da una parte si vorrebbe ottenere il disarmo di Hamas, che appare improbabile, dall'altra la fine totale dell'embargo, altro tema scottante al tavolo della trattativa. Ieri Netanyahu ha tuonato che Hamas "non può sperare di compensare una sconfitta militare con un successo politico" e che Israele respingerà proposte che non tengano in conto i suoi interessi di sicurezza.
I punti su cui si tratta - Da Gaza, con una rinnovata veemenza propagandistica, Hamas ha negato una sconfitta militare e minacciato che il prossimo round di combattimenti avrà come teatro Ashqelon, in territorio israeliano. Per rassicurare Israele è scesa in campo anche l'Unione europea, pronta a garantire con proprie forze il controllo del valico di Rafah, che la proposta di mediazione egiziana vorrebbe permanentemente aperto. Su un altro piano, i palestinesi si dicono pronti a 'stralciare' da questa fase negoziale la richiesta di riaprire l'aeroporto e costruire un porto commerciale, ma chiedono in cambio un primo Sì israeliano. Che non arriverà senza che dall'altra parte qualche forma di garanzia concreta su un progressivo svuotamento degli arsenali della Striscia.