"Si chiama Maya e pesa tre chili" la piccola nata in carcere, dove la madre è detenuta per apostasia. Meriam, che ha in prigione con sé anche un bimbo di 20 mesi, è in attesa di un nuovo processo
Meriam, la donna cristiana condannata a morte in Sudan per apostasia, ha partorito una bambina in prigione secondo quanto ha riferito Antonella Napoli, presidente della Ong Italians for Darfur. La piccola "si chiama Maya e pesa tre chili". Meriam si trova in carcere anche con un altro figlio di 20 mesi.
Mamma e figlia "stanno bene ma purtroppo non hanno potuto lasciare la prigione a Khartoum. Entro la giornata la bambina dovrebbe essere vista dal papà", ha aggiunto Napoli.
"La nostra battaglia continua. E non si fermerà fino a quando Meriam e i suoi bambini potranno tornare a casa" si legge sulla pagina Facebook della Ong.
Anche Amnesty International Sudan ha dichiarato alla Nbc News che chiederà "alle autorità sudanesi di garantire la sicurezza di Meriam e della bambina e di rilasciarle immediatamente". La donna, dopo una condanna a morte per apostasia, è ora in attesa di un nuovo processo che dovrebbe scongiurare il rischio della pena capitale.
Il suo caso ha suscitato una mobilitazione internazionale, sostenuta in prima fila, in Italia, dal quotidiano Avvenire.
Mamma e figlia "stanno bene ma purtroppo non hanno potuto lasciare la prigione a Khartoum. Entro la giornata la bambina dovrebbe essere vista dal papà", ha aggiunto Napoli.
"La nostra battaglia continua. E non si fermerà fino a quando Meriam e i suoi bambini potranno tornare a casa" si legge sulla pagina Facebook della Ong.
Anche Amnesty International Sudan ha dichiarato alla Nbc News che chiederà "alle autorità sudanesi di garantire la sicurezza di Meriam e della bambina e di rilasciarle immediatamente". La donna, dopo una condanna a morte per apostasia, è ora in attesa di un nuovo processo che dovrebbe scongiurare il rischio della pena capitale.
Il suo caso ha suscitato una mobilitazione internazionale, sostenuta in prima fila, in Italia, dal quotidiano Avvenire.