Privacy, se i colossi del web accedono alle mail

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In base ai propri termini di servizio, Microsoft, Google, Apple e Yahoo possono entrare nelle nostre caselle di posta elettronica senza autorizzazione del giudice. Lo ha fatto di recente il colosso di Redmond. Che ora promette di cambiare queste regole

di Nicola Bruno

Dal punto di vista legale non c’è nessun reato: la maggior parte dei fornitori di caselle di posta elettronica si riserva il diritto di entrare nelle inbox dei propri utenti e visualizzarne i messaggi senza chiedere il permesso a un tribunale. E’ scritto a chiare lettere nelle informative per la privacy (che spesso accettiamo senza leggere) di Microsoft (e la sua Hotmail, ora diventata Outlook.com), Google (e la sua Gmail), Yahoo! e Apple, come ha potuto provare il Guardian. L’intrusione nella nostra comunicazione privata non è una possibilità tanto remota, come dimostrano i casi recenti secondo cui Microsoft sarebbe entrata nella casella Hotmail di un blogger nell’ambito di un procedimento giudiziario su una fuga di notizie. Accuse simili sono state mosse nei confronti di Google da Michael Arrington, noto blogger e fondatore di Techcrunch. Queste rivelazioni stanno di nuovo scaldando il dibattito sulla privacy: non solo l’NSA e le altre autorità governative si riservano il diritto di accedere ai nostri dati online, ma anche i grandi fornitori di servizi web. Che ora promettono più trasparenza e meno intromissioni proprio a cominciare da Microsoft.

Il caso Microsoft - A riportare il tema al centro del dibattito è stato un procedimento giudiziario che vede un ex-dipendente di Microsoft accusato di aver diffuso informazioni riservate relative a Windows 8 a un blogger che le avrebbe poi pubblicate online. Come ha ammesso lo stesso colosso di Redmond durante il processo, la prova di questa fuga di notizia è arrivata proprio dalla casella Hotmail del blogger, che sarebbe stata “spiata/consultata” così come prevedono i termini di servizio secondo cui Microsoft può accedere al contenuto dei propri utenti “quando si ha la buona fede che è necessario per proteggere la proprietà di Microsoft”. Se dal punto di vista legale non è stato commesso nessun reato, in pieno scandalo NSA la scelta ha fatto molto discutere. Tanto che, dopo le proteste, Microsoft ha annunciato un cambiamento molto importante per le sue policy di privacy.

Il cambiamento di Microsoft - Le nuove regole prevedono che, in caso di violazione della proprietà intellettuale di Microsoft, non verranno più spiati gli account Outlook.com, ma il colosso di Redmond si rivolgerà direttamente alle autorità giudiziarie. Un cambiamento di ampia portata, subito apprezzato dalle organizzazioni che difendono i diritti civili online, come l'Electronic Frontiers Foundation e l'American Civil Liberties Union (ACLU)


E proprio la battaglia per la privacy sta già opponendo i principali fornitori di servizi web, come dimostra la campagna “Scroogled” lanciata da Microsoft per puntare il dito contro le tante “intrusioni” che Gmail fa nelle nostre comunicazioni personali.

Yahoo, Google e Apple - Come ha poi scritto la testata britannica The Guardian, anche gli altri colossi del web si riservano il diritto di leggere le email dei propri utenti. Yahoo può accedere alle nostre informazioni nel caso in cui “sia ragionevolmente necessario per proteggere i diritti di Yahoo”. Una dicitura molto simile si trova nell'informativa di Google e dei servizi iCloud di Apple.
Proprio contro Google ha puntato il dito il noto blogger Michael Arrington, quando nei giorni scorsi ha scritto di “essere quasi certo che pochi anni fa Google ha fatto accesso nel mio account Gmail”. Secondo il fondatore di Techcrunch, la sua inbox sarebbe stata spiata “dopo la pubblicazione di un grande scoop su Google”.

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