Internet, in arrivo la rivoluzione dei domini "privati"

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Quest'autunno cominceranno a diffondersi centinaia di nuovi suffissi, da ".pizza" a ".app", fino ai nomi di aziende come ".Microsoft" o ".Apple". Il cambiamento spiegato da Fadi Chehadé, numero uno di Icann, la società che governa lo sviluppo della Rete

di Raffaele Mastrolonardo

Tempo un paio di mesi e Internet non sarà più la stessa. O meglio, gli indirizzi web che digitiamo ogni giorno non avranno più la forma a cui siamo abituati. Alla destra del punto infatti ci sarà spazio per una maggiore varietà, per non dire anarchia. Non più solo .com, .org, .it e la consueta compagnia di suffissi ma un esercito di nuove e variegate sigle che vanno da .porn, a .book a .pizza fino a nomi di aziende come .Apple, .Ferrari e .Fiat. A decidere questa piccola rivoluzione, nel 2011, è stata l'Icann, l'organizzazione che governa la Rete e che, nel frattempo, ha dato via libera preliminare a più di 1.700 richieste di nuove denominazioni. Ora, come spiega SkyTG24.it Fadi Chehadé, amministratore delegato di Icann in questi giorni in Italia, il nuovo sistema è (quasi) pronto per il lancio. “Se non ci saranno problemi contiamo di avere online i primi indirizzi di tipo nuovo entro Natale, anche se speriamo di festeggiare l'esordio a novembre, in un evento in Argentina”. Il risultato finale, a detta del numero uno dell'organizzazione, sarà una Rete che offrirà maggiori possibilità di espressione: “Per i domini più popolari, come .com, c'è sempre meno scelta. Con il nuovo sistema le persone potranno trovare più facilmente quello che vogliono. Gli indirizzi web non sono più solo degli indirizzi, ormai sono marchi che dicono chi siamo, un po' come il tipo di camicia che indossiamo”.

Rete poliglotta – Ma la rivoluzione degli indirizzi non è solo una questione di personalizzazione. La liberalizzazione dei cosiddetti “nomi di dominio generici di primo livello” (gTLD) consentirà di registrare indirizzi anche in caratteri di alfabeti non latini. “Oggi - spiega Chehade, alla guida dell'organizzazione dal giugno 2012 - molte persone in tante aree del mondo non hanno tastiere con caratteri latini e per digitare un indirizzo sono costrette a passare attraverso i motori di ricerca. Non sarà più così e questa è una grande opportunità per miliardi di individui”. Che sia un'opportunità lo pensano anche tante multinazionali a caccia di occasioni di business. Non a caso, una scorsa alla lista delle registrazioni proposte da alcuni colossi della Rete come Amazon e Google rivela un'abbondanza di caratteri esotici. Indipendentemente dall'alfabeto, le aziende si sono affrettate a presentare domanda per suffissi che ritengono potenzialmente redditizi. Ogni domanda costa 185 mila dollari. Microsoft per esempio, oltre al proprio nome preceduto dal punto, ha presentato richiesta, tra gli altri, per .Skype, .Windows, .Office e .Xbox ovvero marchi di prodotti della casa. Analogamente Google spera di assicurarsi Gmail, .YouTube ma anche .app. In Italia, Fiat punta a una decina di denominazioni (tra cui .Maserati e .Ferrari) e Ferrero confida in .Rocher e .Kinder.  “I marchi potranno usare questi nuovi domini per creare spazi virtuali e personalizzati per i loro clienti anche se la maggior parte delle innovazioni le scopriremo solo con il tempo”, dice Chehadé.

Controversie –  All'epoca della decisioni di liberalizzare i gTLD non mancarono polemiche. E questa prima tornata di richieste ha già fatto emergere alcuni problemi dando qualche ragione ai critici di allora. In seguito alle obiezioni sollevate da alcuni stati latinoamericani, per esempio, Icann ha deciso che il dominio .Amazon non potrà essere appannaggio di alcuna società privata visto che si riferisce anche ad un'area geografica. Analoga controversia è sorta intorno a .Patagonia. Per ragioni diverse anche i produttori di vino americani e italiani sono preoccupati. Temono che domini come .wine o .vin finisca per essere utilizzati anche da chi non ha nulla a che fare con viti e mosti. Il rischio – si legge in una lettera indirizzata lo scorso maggio al governo Letta da Federdoc, l'associazione dei consorzi per la tutela delle denominazioni tricolori – è quello di vedere indirizzi come “chianti.wine”, “prosecco.vin” “rioja.wine”, “champagne.vin” in capo a soggetti che possono anche non essere “viticoltori o utilizzatori riconosciuti delle denominazioni protette”. Un'eventualità che potrebbe avere “riflessi potenzialmente devastanti in ambito commerciale”. Di fronte a queste contestazioni Chehadé invita ad avere fiducia nel processo decisionale dell'Icann. “Come dimostrano i casi di .Amazon e .Patagonia, l'organizzazione è in grado di ascoltare e bilanciare le esigenze di tutti coloro che sono potenzialmente interessati da una richiesta di dominio. Credo che i produttori si stiano muovendo nel modo appropriato e nelle sedi corrette”.

Il futuro
– Intanto, oltre alle grandi aziende, anche altri soggetti sembrano vedere nella rivoluzione innescata dall'Icann un'opportunità. Le grandi metropoli, per esempio. I domini .NYC, .London sono stati richiesti dalle stesse amministrazioni locali. Mentre risultano domande anche per .Tokyo, .Berlin, .Miami. A guardar bene, mancano le città più piccole che forse, al pari delle imprese di dimensioni ridotte, sono scoraggiate dal prezzo richiesto per i nuovi suffissi. Il rischio è che le opportunità offerte dal nuovo sistema siano colte solo da chi può sostenere grandi investimenti. “Non sarà sempre così”, assicura Chehadé. “Nelle prossime tornate metteremo a punto una sorta di piano regolatore per fare in modo che non siano solo le grandi aziende ad assicurarsi l'indirizzo che vogliono”.

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