Marò, il caso passa al tribunale speciale di New Delhi

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Salvatore Girone e Massimiliano Latorre

La Corte suprema ha risolto il problema sulla giurisdizione da applicare a Girone e Latorre, i militari accusati di avere ucciso due pescatori. La difesa: "Siamo soddisfatti, l'Alta corte ha escluso il Kerala". Il governo: "Obiettivo portarli a casa"

Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i marò detenuti con l'accusa di aver ucciso due pescatori indiani, saranno processati in India da un tribunale speciale. Lo ha deciso la Corte suprema indiana che ha così risolto il problema sulla giurisdizione da applicare ai militari. "L'incidente - dicono i giudici - è avvenuto fuori dalle acque territoriali indiane ma i due militari non godevano di immunità sovrana" nella loro funzione di sicurezza sulla Enrica Lexie, che avrebbe comportato automaticamente l'applicazione della giurisdizione italiana.

La difesa: "Siamo molto soddisfatti" -
L'avvocato Harish Salve, che guida il collegio di difesa dei marò, ha detto di essere "molto soddisfatto per la sentenza". I giudici, ha aggiunto il legale, "hanno escluso il Kerala dal processo e ora la questione sarà esaminata a New Delhi". Una volta trasferiti nella capitale, i marò avranno libertà di movimento in tutta l'India ma dovranno presentarsi alla polizia indiana una volta a settimana.
Soddisfazione espressa anche dal governo italiano, secondo cui "l'obbiettivo resta il rientro in Italia dei nostri due militari".  "L'Alta Corte ha riconosciuto che i fatti avvennero in acque internazionali e che la giurisdizione non era della magistratura locale del Kerala - scrive la nota - la decisione incoraggia l'ulteriore impegno già assicurato in questi mesi dalla Repubblica italiana".

Il caso: dall'arresto al ricorso -
Dopo il loro arresto in febbraio, per Latorre e Girone è cominciata una snervante via crucis, che li ha portati prima ad un soggiorno obbligato in guest house della polizia a Kollam e Kochi, poi per qualche tempo anche nel carcere di Trivandrum, sia pure in un'area separata. Quindi, dopo il 25 maggio, per qualche tempo nella Borstal School di Kochi, fino ad arrivare alla libertà dietro cauzione e alla residenza a Fort Kochi. La discussione del ricorso italiano in Corte Suprema aveva impegnato quasi tutto il mese di agosto 2012, e alla fine il giudice Altamas Kabir (nel frattempo diventato presidente della stessa Corte), assistito dal collega J.Chelameswar, aveva dichiarato chiuso il dibattimento il 4 settembre. Da allora è cominciata una snervante attesa, prima di tutto per Latorre e Girone che, pur avendo ottenuto la libertà dietro cauzione, sono rimasti nella zona di Fort Kochi, in Kerala, potendosi muovere in un raggio di appena dieci chilometri dal commissariato dove ogni mattina si recano per firmare un libro delle presenze. Ogni 15 giorni circa fra l'altro, i due si sono recati a Kollam, città dove è stato istruito ai loro danni un processo di primo grado per la morte di due pescatori, ma che non è mai cominciato ed è stato sempre rinviato in attesa proprio della sentenza della Corte Suprema sulla giurisdizione. Il 15 gennaio scorso, tuttavia, l'udienza che aveva disposto un nuovo rinvio al 18 febbraio, si è svolta senza la loro presenza con gli avvocati difensori, che hanno addotto per questo "motivi di sicurezza".

Le tensioni diplomatiche tra Italia e India -
A causa di questa lunga vicenda, negli ultimi mesi le relazioni fra Italia ed India hanno avuto alti e bassi, con una pressione costante del governo italiano nei confronti delle autorità di New Delhi e con il coinvolgimento nell'azione di sostengo ai marò di Palazzo Chigi e dei ministri degli Esteri e della Difesa, Giulio Terzi e Giampaolo di Paola. Nelle ultime settimane il clima si è comunque notevolmente disteso, al punto che l'Alta Corte di Kochi ha concesso a Latorre e Girone una licenza di due settimane per poter trascorrere le vacanze natalize con le famiglie. Al termine del permesso, smentendo insinuazioni e ipotesi di diserzione, i due sono ritornati nella loro residenza in Kerala. Questo ha dato soddisfazione anche al governo centrale indiano, che per bocca del ministro degli Esteri Salman Khurshid ha detto l'8 gennaio senza mezzi termini: "Ringrazio i due militari e il governo italiano per avere rispettato i patti".

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