Parigi è entrata in azione con raid aerei a supporto delle forze governative contro i fondamentalisti islamici affiliati ad Al Qaeda che da mesi occupano il nord. Nel Paese è stato di emergenza
La Francia è in guerra in Mali. Parigi è entrata in azione con raid aerei a supporto delle forze governative contro i fondamentalisti islamici affiliati ad al Qaeda che da mesi occupano il nord, mentre il governo di Bamako ha proclamato lo stato di emergenza. Londra e Berlino hanno approvato l'intervento francese mentre la comunità dei Paesi dell'Africa occidentale (Ecowas) autorizzava l'invio immediato di truppe e l'Unione europea accelerava la preparazione per l'invio di una missione di addestramento. Che i francesi, a terra e in cielo, si fossero già schierati accanto alle poco addestrate unità maliane si è capito subito, perché, nel giro di poche ore, sono state riconquistate Konna (espugnata dagli jihadisti appena il 10 gennaio) e Douentza (caduta nelle mani degli insorti in settembre dopo che l'esercito era, ingloriosamente, scappato).
L'annuncio dell'Eliseo, giunto nella serata dell’11 gennaio a confermare il tutto, è arrivato a conclusione di una giornata convulsa, sul piano militare, così come su quello diplomatico. Soprattutto su quest'ultimo, perché mentre Hollande incontrava il premier ad interim maliano, Dioncounda Traore', mettendo a punto l'intervento francese, dall'Onu, così come da Bruxelles, pur prendendo atto che l'offensiva verso sud degli jihadisti apriva uno scenario nuovo, c'era l'implicito invito a proseguire lungo la strada della trattativa. Una strada che però è andata restringendosi negli ultimi giorni, in coincidenza con l'infausta determinazione degli jihadisti di volgere le armi verso il sud.
Ma a spiazzare tutti sono stati proprio i maliani che, per ingenuità o perché non adusi alle sottigliezze della diplomazia, nel celebrare la vittoria a Konna e Douentza hanno detto che accanto all'esercito hanno agito soldati stranieri, anzi, hanno precisato, francesi, nigeriani e forse senegalesi (anche se fonti di Dakar smentiscono), e con l'aiuto di tre aerei, uno dei quali sicuramente transalpino. E si aspettano soldati anche di altri 'Paesi amici'. Nel momento in cui è diventato di pubblico dominio l'aiuto militare, che probabilmente avrebbe dovuto restare segreto, Hollande ha ammesso l'intervento armato in Mali contro le forze "terroristiche" che, ha detto, agiscono con brutalità e fanatismo. Intervento, ha aggiunto, di cui i francesi saranno sempre e tempestivamente informati e che "durerà il necessario", una formula convenzionale che significa tutto e l'esatto contrario. Da parte sua il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha aggiunto che Parigi "farà di tutto per salvare gli ostaggi" francesi nelle mani dei fondamentalisti dell'area.
Ora bisognerà vedere se la mossa di Hollande modificherà in qualche modo il quadro generale che prevedeva, almeno sino ad oggi, un aiuto militare europeo quasi esclusivamente logistico (armi, informazioni, addestramento) e non un intervento diretto, che doveva essere quasi interamente affidato ai soldati africani dell'Ecowas. L'inattesa piega militare della giornata potrebbe avere imposto al conflitto in Mali una svolta sotto più punti di vista. La reazione dell'esercito, con la riconquista delle due località, non ha soltanto inflitto le prime vere sconfitte agli jihadisti, ma anche allontanato quello che appariva il vero obiettivo dell'offensiva, la conquista di Savare' e del suo aeroporto internazionale, lo stesso dove sono atterrati gli aerei francesi. Savare', al di là del suo valore strategico, è anche uno degli ultimi baluardi presidiati lungo la strada che, andando a sud, porta a Bamako, cosa di cui maliani e francesi sono ben consapevoli.
L'annuncio dell'Eliseo, giunto nella serata dell’11 gennaio a confermare il tutto, è arrivato a conclusione di una giornata convulsa, sul piano militare, così come su quello diplomatico. Soprattutto su quest'ultimo, perché mentre Hollande incontrava il premier ad interim maliano, Dioncounda Traore', mettendo a punto l'intervento francese, dall'Onu, così come da Bruxelles, pur prendendo atto che l'offensiva verso sud degli jihadisti apriva uno scenario nuovo, c'era l'implicito invito a proseguire lungo la strada della trattativa. Una strada che però è andata restringendosi negli ultimi giorni, in coincidenza con l'infausta determinazione degli jihadisti di volgere le armi verso il sud.
Ma a spiazzare tutti sono stati proprio i maliani che, per ingenuità o perché non adusi alle sottigliezze della diplomazia, nel celebrare la vittoria a Konna e Douentza hanno detto che accanto all'esercito hanno agito soldati stranieri, anzi, hanno precisato, francesi, nigeriani e forse senegalesi (anche se fonti di Dakar smentiscono), e con l'aiuto di tre aerei, uno dei quali sicuramente transalpino. E si aspettano soldati anche di altri 'Paesi amici'. Nel momento in cui è diventato di pubblico dominio l'aiuto militare, che probabilmente avrebbe dovuto restare segreto, Hollande ha ammesso l'intervento armato in Mali contro le forze "terroristiche" che, ha detto, agiscono con brutalità e fanatismo. Intervento, ha aggiunto, di cui i francesi saranno sempre e tempestivamente informati e che "durerà il necessario", una formula convenzionale che significa tutto e l'esatto contrario. Da parte sua il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha aggiunto che Parigi "farà di tutto per salvare gli ostaggi" francesi nelle mani dei fondamentalisti dell'area.
Ora bisognerà vedere se la mossa di Hollande modificherà in qualche modo il quadro generale che prevedeva, almeno sino ad oggi, un aiuto militare europeo quasi esclusivamente logistico (armi, informazioni, addestramento) e non un intervento diretto, che doveva essere quasi interamente affidato ai soldati africani dell'Ecowas. L'inattesa piega militare della giornata potrebbe avere imposto al conflitto in Mali una svolta sotto più punti di vista. La reazione dell'esercito, con la riconquista delle due località, non ha soltanto inflitto le prime vere sconfitte agli jihadisti, ma anche allontanato quello che appariva il vero obiettivo dell'offensiva, la conquista di Savare' e del suo aeroporto internazionale, lo stesso dove sono atterrati gli aerei francesi. Savare', al di là del suo valore strategico, è anche uno degli ultimi baluardi presidiati lungo la strada che, andando a sud, porta a Bamako, cosa di cui maliani e francesi sono ben consapevoli.