Gli atti terroristici sono arrivati dopo la condanna a morte in contumacia del vicepresidente Tariq al-Hashemi, un sunnita entrato in rotta di collisione con il premier sciita Nuri al-Maliki. Colpite diverse città, da Nord a Sud
L'Iraq scosso dal terrorismo ha vissuto domenica 9 un'altra giornata di sangue, la peggiore da quasi un mese, con almeno una decina di attentati che hanno causato oltre 70 morti e più di 300 feriti. L'ondata di sangue ha accompagnato la condanna a morte in contumacia del vicepresidente Tariq al-Hashemi, un sunnita entrato in rotta di collisione con il premier sciita Nuri al-Maliki e accusato di aver organizzato "squadroni della morte".
I più recenti bilanci della serie di attentati, quasi tutti compiuti con autobomba tra sabato notte e domenica, oscillano tra 71 e 73 morti, e hanno reso la giornata la più sanguinosa dopo quella del 16 agosto in cui si contarono 82 vittime. L'attentato più devastante è avvenuto nei pressi di Amara, circa 300 km a sud della capitale Baghdad, dove in un mercato vicino al mausoleo di un imam sciita due autobomba hanno provocato la morte di almeno 16 persone e il ferimento di circa altre 60. In quartieri a maggioranza sciita di Baghdad, altre tre autobomba hanno causato in serata almeno altre 15 vittime, di cui sette in un mercato, e 58 feriti.
A Balad, una settantina di chilometri a nord, undici soldati sono stati uccisi ed altri otto feriti in un attacco con armi da fuoco e una bomba contro un posto di blocco. Un ordigno esploso all'interno di una vettura davanti al consolato onorario francese di Nassiriya, nel sud, ha poi causato un morto e due feriti. Oltre ad un hotel nella stessa città, sono stati presi di mira la sede della compagnia petrolifera pubblica irachena a Kirkuk (sette morti) e altri obiettivi a Tuz Khurmatu, Baquba, Bassora e Samarra.
Mancano rivendicazioni che confermino l'impressione di una vendetta compiuta nel giorno della condanna all'impiccagione inflitta ad Hashemi e al suo segretario-genero Ahmed Qahtan. L'ormai ex vicepresidente era stato uno dei più veementi critici del primo ministro (sciita) Nuri al-Maliki ma in dicembre era stato costretto a fuggire prima nel Kurdistan iracheno e poi, in aprile, in Turchia dove l'ha inseguito l'accusa di aver istigato l'uccisione di circa 150 personalità tra cui sei giudici e il direttore generale di un ministero. La condanna odierna alla pena capitale è stata pronunciata per l'uccisione di un'avvocatessa e di un generale.
Hashemi ha sempre respinto le accuse rifiuntandosi di accettare il giudizio di un tribunale che ritiene parziale e un esponente del suo partito, l'Iraqiya appoggiato dai sunniti, ha parlato di sentenza "politica". L'avvocato dell'ex vicepresidente ha escluso che venga presentato appello nel termine previsto di 30 giorni.
Hashemi oggi era ad Ankara per incontri con il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu e con il premier, l'islamico moderato sunnita Recep Tayyip Erdogan che gli ha sempre assicurato il proprio sostegno. Da quando le truppe americane hanno lasciato il paese, il governo a guida sciita di Nuri al-Maliki è in stallo: i sunniti si sentono emarginati lamentando un suo approccio autoritario e i terroristi come quelli di al Qaida irachena - con altri islamici ed ex militanti del partito del defunto dittatore Saddam Hussein - continuano a colpire con cadenza più o meno mensile rischiando di far ricadere il Paese nelle tensioni settarie degenerate al limite della guerra civile tra il 2006 e il 2008.
I più recenti bilanci della serie di attentati, quasi tutti compiuti con autobomba tra sabato notte e domenica, oscillano tra 71 e 73 morti, e hanno reso la giornata la più sanguinosa dopo quella del 16 agosto in cui si contarono 82 vittime. L'attentato più devastante è avvenuto nei pressi di Amara, circa 300 km a sud della capitale Baghdad, dove in un mercato vicino al mausoleo di un imam sciita due autobomba hanno provocato la morte di almeno 16 persone e il ferimento di circa altre 60. In quartieri a maggioranza sciita di Baghdad, altre tre autobomba hanno causato in serata almeno altre 15 vittime, di cui sette in un mercato, e 58 feriti.
A Balad, una settantina di chilometri a nord, undici soldati sono stati uccisi ed altri otto feriti in un attacco con armi da fuoco e una bomba contro un posto di blocco. Un ordigno esploso all'interno di una vettura davanti al consolato onorario francese di Nassiriya, nel sud, ha poi causato un morto e due feriti. Oltre ad un hotel nella stessa città, sono stati presi di mira la sede della compagnia petrolifera pubblica irachena a Kirkuk (sette morti) e altri obiettivi a Tuz Khurmatu, Baquba, Bassora e Samarra.
Mancano rivendicazioni che confermino l'impressione di una vendetta compiuta nel giorno della condanna all'impiccagione inflitta ad Hashemi e al suo segretario-genero Ahmed Qahtan. L'ormai ex vicepresidente era stato uno dei più veementi critici del primo ministro (sciita) Nuri al-Maliki ma in dicembre era stato costretto a fuggire prima nel Kurdistan iracheno e poi, in aprile, in Turchia dove l'ha inseguito l'accusa di aver istigato l'uccisione di circa 150 personalità tra cui sei giudici e il direttore generale di un ministero. La condanna odierna alla pena capitale è stata pronunciata per l'uccisione di un'avvocatessa e di un generale.
Hashemi ha sempre respinto le accuse rifiuntandosi di accettare il giudizio di un tribunale che ritiene parziale e un esponente del suo partito, l'Iraqiya appoggiato dai sunniti, ha parlato di sentenza "politica". L'avvocato dell'ex vicepresidente ha escluso che venga presentato appello nel termine previsto di 30 giorni.
Hashemi oggi era ad Ankara per incontri con il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu e con il premier, l'islamico moderato sunnita Recep Tayyip Erdogan che gli ha sempre assicurato il proprio sostegno. Da quando le truppe americane hanno lasciato il paese, il governo a guida sciita di Nuri al-Maliki è in stallo: i sunniti si sentono emarginati lamentando un suo approccio autoritario e i terroristi come quelli di al Qaida irachena - con altri islamici ed ex militanti del partito del defunto dittatore Saddam Hussein - continuano a colpire con cadenza più o meno mensile rischiando di far ricadere il Paese nelle tensioni settarie degenerate al limite della guerra civile tra il 2006 e il 2008.