Giappone, un anno dopo: “Il terremoto ha cambiato tutti"
MondoDodici mesi fa Mizue, giapponese, ha vissuto il sisma da Roma. Ora vive a Tokyo e a Sky.it dice: “La città è cambiata, così come molta gente”. Percorso inverso per l’italiana Graziella. Si trovava nella capitale nipponica e ricorda: “Incubi per mesi”
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di Valeria Valeriano
“Quando sono tornata a Tokyo, la scorsa estate, la prima cosa che mi ha colpito è stata il buio. La città, di solito piena di luci anche di giorno, era più scura. Più triste”. Mizue Shibata è una ragazza giapponese di 27 anni. Dodici mesi fa, quando un terremoto di magnitudo 9 ha scosso il suo Paese, era a Roma per studiare. Da lì, con gli occhi increduli appiccicati al computer, aveva visto un’onda gigantesca travolgere le spiagge vicino a Sendai, la sua città d’origine. “Non posso crederci. Sono cresciuta lì e ora non c’è più niente”, aveva detto a Sky.it pochi giorni dopo lo tsunami. Quando era ancora sconvolta, sì, ma anche sollevata: dopo tanti tentativi falliti, infatti, era riuscita a mettersi in contatto con i suoi genitori che vivono sulla costa. “Sono tornata in Giappone a fine agosto, quando la mia borsa di studio in Italia è finita – racconta ora Mizue attraverso Skype –. Sono andata subito a Sendai. Oggi in città la situazione è tornata normale. Nelle zone più vicine al mare, invece, ci sono ancora strade e palazzi distrutti. Stanno lì a ricordare a tutti la furia dello tsunami”.
Dopo la breve tappa a Sendai, Mizue si è stabilita a Tokyo. “Mi sono accorta subito che c’era qualcosa di diverso – dice –. Molte scale mobili erano ferme, le luci nei treni erano più basse, tutta la città era più buia. Sapevo che, con le centrali nucleari bloccate, c’era bisogno di risparmiare energia. Ma l’impatto è stato strano. Adesso che due impianti sono ripartiti, la differenza rispetto a prima del terremoto si nota di meno”. Almeno nelle luci. “Il sisma ha trasformato la vita di molte persone – continua Mizue –. Anche chi non è stato colpito direttamente è stato costretto a riflettere sulla propria esistenza. In tanti hanno cambiato lavoro, si sono dedicati alle proprie vere passioni o agli altri. Il terremoto ci ha resi più consapevoli della vita, di quanto è breve e di quanto è meglio occuparla con cose importanti. Le scosse continuano e sappiamo che la possibilità che ne arrivi un’altra fortissima è alta. La gente ora è più attenta”. Anche a quello che mangia. “Il pericolo nucleare, qui a Tokyo, riguarda soprattutto la contaminazione dei cibi – spiega la ragazza –. Per questo le etichette specificano meglio la provenienza degli alimenti e i controlli sono più accurati”.
Dopo gli studi Mizue non esclude di tornare a vivere in Italia. “Il Giappone mi piace, ma tra un anno mi vedo di nuovo da voi”, dice. Per il primo anniversario del terremoto non ha intenzione di partecipare a cerimonie o manifestazioni particolari. “È una giornata speciale – confida – ma preferisco passarla con le persone care. Di certo telefonerò a tutti i miei amici e ai miei famigliari che in qualche modo sono stati scossi dal sisma e dallo tsunami”.
L’11 marzo è una giornata particolare anche per Graziella Gaudio. Italiana, 30 anni, nel 2011 viveva e lavorava a Tokyo. Da quattro anni insegnava la nostra lingua in diverse scuole della città. A Sky.it aveva raccontato di come il ponte su cui si trovava quando la terra ha iniziato a tremare si fosse trasformato in “una nave in tempesta”. Di quanto fosse difficile, pochi giorni dopo il sisma, comprare acqua e pane nei supermercati. Ma anche di quanto fossero stati “efficienti, composti e solidali” i giapponesi. “Tornare in Italia? Per ora non se ne parla”, ci aveva detto. E invece cinque giorni dopo il sisma è salita su un aereo. “Hanno iniziato a parlare di un’altra scossa più forte in arrivo, del problema nucleare, della fusione del nocciolo, della contaminazione degli alimenti. Io volevo rimanere, ma anche la Farnesina consigliava il rientro. È stata una decisione sofferta”. Tornare è stato complicato anche dal punto di vista logistico. “L’Alitalia non mi è stata d’aiuto. Avevo un biglietto di ritorno, ma non mi hanno permesso di cambiare la data. Così ne ho acquistato un altro a 4mila euro. Non avevo scelta. Sono arrivata in aeroporto la notte prima della partenza, per non rischiare di perdere il volo. Poi la mattina, all’ultimo momento, Alitalia ha cancellato l’aereo e ha fatto sapere che i voli per il nostro Paese sarebbero partiti solo da Osaka. È stato brutto essere abbandonati proprio dalla compagnia di bandiera. Alla fine i miei hanno trovato un volo con Air France e, facendo scalo a Seul, Parigi e Roma, sono riuscita a tornare nella mia Calabria”.
Da Tokyo a Longobardi, paese di 2.400 abitanti circa. “È stato traumatico – racconta Graziella –. Sono passata dalla frenesia alla calma piatta”. Anche se gli amici e la famiglia l’hanno aiutata a superare un momento difficile. “Dopo un evento del genere avevo bisogno di tranquillità mentale – confida –. Non tanto per il terremoto in sé, ma per quello che ha comportato. La mia vita è stata stravolta da un momento all’altro. Non c’è giorno che non ripensi al Giappone, a quanto stavo bene lì. Non ho avuto il tempo di salutare nessuno. Sono andata via a malincuore, con un borsone, sicura di tornare dopo le vacanze di Pasqua”. E invece, per ora, non c’ha più rimesso piede. “Per molto tempo sono stata combattuta: da una parte la voglia di tornare in una terra che amo e da cui sono dovuta scappare, dall’altra la consapevolezza del pericolo radiazioni. Alla fine ho deciso di rimanere in Italia. E a fare il trasloco c’ha pensato una mia cara amica giapponese”.
Dopo un anno il terremoto, che ha provocato circa 20mila morti, è ancora un ricordo vivo. “È stata un’esperienza forte – racconta Graziella –. Per mesi rivivevo i momenti dopo la scossa ogni volta che chiudevo gli occhi. Avevo flash-back ricorrenti, sognavo di correre. Poi, col passare del tempo, gli incubi sono scomparsi. Così come la paura. È rimasta solo la consapevolezza dell’imprevedibilità della vita”.
Graziella da gennaio vive a Malta. Fa delle traduzioni dall’inglese al giapponese per musei, siti archeologici, mostre. La voglia di tornare a Tokyo non le è mai passata. “Vorrei partire già in estate, ma come turista. Più in là, invece, potrei anche trasferirmi. Il Giappone è un Paese che adoro, un popolo che ammiro tantissimo. È gente che non si abbatte mai. Nemmeno dopo un terremoto”.
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di Valeria Valeriano
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Dopo la breve tappa a Sendai, Mizue si è stabilita a Tokyo. “Mi sono accorta subito che c’era qualcosa di diverso – dice –. Molte scale mobili erano ferme, le luci nei treni erano più basse, tutta la città era più buia. Sapevo che, con le centrali nucleari bloccate, c’era bisogno di risparmiare energia. Ma l’impatto è stato strano. Adesso che due impianti sono ripartiti, la differenza rispetto a prima del terremoto si nota di meno”. Almeno nelle luci. “Il sisma ha trasformato la vita di molte persone – continua Mizue –. Anche chi non è stato colpito direttamente è stato costretto a riflettere sulla propria esistenza. In tanti hanno cambiato lavoro, si sono dedicati alle proprie vere passioni o agli altri. Il terremoto ci ha resi più consapevoli della vita, di quanto è breve e di quanto è meglio occuparla con cose importanti. Le scosse continuano e sappiamo che la possibilità che ne arrivi un’altra fortissima è alta. La gente ora è più attenta”. Anche a quello che mangia. “Il pericolo nucleare, qui a Tokyo, riguarda soprattutto la contaminazione dei cibi – spiega la ragazza –. Per questo le etichette specificano meglio la provenienza degli alimenti e i controlli sono più accurati”.
Dopo gli studi Mizue non esclude di tornare a vivere in Italia. “Il Giappone mi piace, ma tra un anno mi vedo di nuovo da voi”, dice. Per il primo anniversario del terremoto non ha intenzione di partecipare a cerimonie o manifestazioni particolari. “È una giornata speciale – confida – ma preferisco passarla con le persone care. Di certo telefonerò a tutti i miei amici e ai miei famigliari che in qualche modo sono stati scossi dal sisma e dallo tsunami”.
L’11 marzo è una giornata particolare anche per Graziella Gaudio. Italiana, 30 anni, nel 2011 viveva e lavorava a Tokyo. Da quattro anni insegnava la nostra lingua in diverse scuole della città. A Sky.it aveva raccontato di come il ponte su cui si trovava quando la terra ha iniziato a tremare si fosse trasformato in “una nave in tempesta”. Di quanto fosse difficile, pochi giorni dopo il sisma, comprare acqua e pane nei supermercati. Ma anche di quanto fossero stati “efficienti, composti e solidali” i giapponesi. “Tornare in Italia? Per ora non se ne parla”, ci aveva detto. E invece cinque giorni dopo il sisma è salita su un aereo. “Hanno iniziato a parlare di un’altra scossa più forte in arrivo, del problema nucleare, della fusione del nocciolo, della contaminazione degli alimenti. Io volevo rimanere, ma anche la Farnesina consigliava il rientro. È stata una decisione sofferta”. Tornare è stato complicato anche dal punto di vista logistico. “L’Alitalia non mi è stata d’aiuto. Avevo un biglietto di ritorno, ma non mi hanno permesso di cambiare la data. Così ne ho acquistato un altro a 4mila euro. Non avevo scelta. Sono arrivata in aeroporto la notte prima della partenza, per non rischiare di perdere il volo. Poi la mattina, all’ultimo momento, Alitalia ha cancellato l’aereo e ha fatto sapere che i voli per il nostro Paese sarebbero partiti solo da Osaka. È stato brutto essere abbandonati proprio dalla compagnia di bandiera. Alla fine i miei hanno trovato un volo con Air France e, facendo scalo a Seul, Parigi e Roma, sono riuscita a tornare nella mia Calabria”.
Da Tokyo a Longobardi, paese di 2.400 abitanti circa. “È stato traumatico – racconta Graziella –. Sono passata dalla frenesia alla calma piatta”. Anche se gli amici e la famiglia l’hanno aiutata a superare un momento difficile. “Dopo un evento del genere avevo bisogno di tranquillità mentale – confida –. Non tanto per il terremoto in sé, ma per quello che ha comportato. La mia vita è stata stravolta da un momento all’altro. Non c’è giorno che non ripensi al Giappone, a quanto stavo bene lì. Non ho avuto il tempo di salutare nessuno. Sono andata via a malincuore, con un borsone, sicura di tornare dopo le vacanze di Pasqua”. E invece, per ora, non c’ha più rimesso piede. “Per molto tempo sono stata combattuta: da una parte la voglia di tornare in una terra che amo e da cui sono dovuta scappare, dall’altra la consapevolezza del pericolo radiazioni. Alla fine ho deciso di rimanere in Italia. E a fare il trasloco c’ha pensato una mia cara amica giapponese”.
Dopo un anno il terremoto, che ha provocato circa 20mila morti, è ancora un ricordo vivo. “È stata un’esperienza forte – racconta Graziella –. Per mesi rivivevo i momenti dopo la scossa ogni volta che chiudevo gli occhi. Avevo flash-back ricorrenti, sognavo di correre. Poi, col passare del tempo, gli incubi sono scomparsi. Così come la paura. È rimasta solo la consapevolezza dell’imprevedibilità della vita”.
Graziella da gennaio vive a Malta. Fa delle traduzioni dall’inglese al giapponese per musei, siti archeologici, mostre. La voglia di tornare a Tokyo non le è mai passata. “Vorrei partire già in estate, ma come turista. Più in là, invece, potrei anche trasferirmi. Il Giappone è un Paese che adoro, un popolo che ammiro tantissimo. È gente che non si abbatte mai. Nemmeno dopo un terremoto”.