Cesare Battisti: "Avrei ucciso se me lo avessero chiesto"

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L'ex terrorista rosso, condannato a 4 ergastoli e cittadino libero in Brasile, in un'intervista nega di aver commesso omicidi e dice: "Negli anni '70 in Italia c'era una guerra civile. Non fummo noi i primi a prendere le armi, ma i regimi". VIDEO

Continua a raccontare la sua "verità" l'ex terrorista rosso Cesare Battisti, condannato a 4 ergastoli in Italia e che, dopo il no all'estradizione del Brasile, vive da cittadino libero nel paese americano e arriva ad essere assimilato, da alcuni media brasiliani, ad un eroe della resistenza. Nella sua ultima intervista in ordine di tempo alla tv del quotidiano 'Folha de Sao Paolo' Battisti racconta che in Italia negli anni '70 c'era "quasi una guerra civile". "Se me l'avessero ordinato - dice - avrei ucciso. Per fortuna ciò non è  mai successo, e non ho mai
pensato fosse una via d'uscita". Poi aggiunge: "Avevo 16 anni quando sono entrato nella militanza, non sono più la stessa persona. Se oggi continuassi ad essere un rivoluzionario sarei un'idiota".

L'ex leader dei Proletari Armati per il Comunismo (Pac) racconta inoltre in sua difesa "non siamo stati noi i primi a prendere le armi, sono stati i regimi, gli Stati. Ero molto giovane, e come tanti dopo il '68 abbiamo ritenuto che potevamo sistemare il mondo con le armi. Il movimento rivoluzionario ha accettato la provocazione e risposto con le armi". Battisti giustifica le sue azioni come un fatto personale: "Quando iniziano a uccidere il tuo migliore amico, e hai 20 anni, reagisci con le armi: proprio quella è stata la strategia dei regimi e dei poteri dell'epoca. Loro non avevano nessun altra chance di distruggere i movimenti culturali ricchissimi di quei tempi se non con la provocazione delle armi".

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