iPhone spia: Apple corre ai ripari. E Google?
MondoUn aggiornamento risolve (in parte) i problemi di privacy sui dispositivi della mela morsicata. "Big G" rimane invece sulle proprie posizioni: ma gli utenti possono disattivare i servizi di localizzazione sugli smartphone Android. La prova di Sky.it
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Attento, l’iPhone ti spia sempre
di Nicola Bruno
Riduzione del periodo di tempo in cui i dati venivano salvati sul cellulare (da un anno ad una settimana). Stop al trasferimento automatico sul computer di queste informazioni. E nessuna memorizzazione degli spostamenti del proprietario, nel caso in cui si decida di disattivare i servizi di localizzazione. Con un solo aggiornamento rilasciato la scorsa settimana (iOS 4.3.3 Software Update), Apple ha risolto i tre "bug" che avevano sollevato un polverone tra gli utenti di iPhone e iPad dopo che due esperti di sicurezza avevano rivelato come i dispositivi della mela morsicata tengano traccia di tutte le coordinate spaziali e temporali del proprietario.
La prova – L'aggiornamento ha reso i gadget meno invadenti. Da una prova effettuata da Sky.it, è emerso infatti che i dati non vengono più trasferiti sul computer ogni qual volta si effettua un backup: basta lanciare il software iPhone Tracker per vedere che la mappa degli spostamenti è ora completamente vuota. Anche PcMag ha realizzato un test dopo l’aggiornamento ed è arrivato alle stesse conclusioni. I dati continuano ad essere memorizzati sul dispositivo mobile, ma solo per una settimana (e non più per un anno): secondo Apple questo serve a ridurre i tempi con cui vengono erogati alcuni servizi basati sulla località (mappe e altre applicazioni). Resta ancora un piccolo problema di sicurezza relativo a come vengono protetti questi dati (non sono adeguatamente criptati), ma Apple ha promesso di risolverlo con il prossimo aggiornamento.
Ad ogni modo l'utente più paranoico può sempre decidere di disattivare questi servizi nel menù delle Impostazioni e stare così sicuro di non essere più "spiato".
La correzione di rotta è arrivato dopo che due informatici inglesi (Pete Warden e Alasdair Allan) hanno dimostrato come i dispositivi delle Apple salvavano in un "file nascosto" tutti gli spostamenti effettuati dal proprietario nell'ultimo anno. Dalla ricerca era poi emerso che questi dati venivano automaticamente trasferiti sul computer quando si effettuava un backup, rendendoli così facilmente accessibili a chiunque usasse il Pc. Ad aggiungere carne sul fuoco, è poi arrivata un'inchiesta del Wall Street Journal che ha rivelato come i dispositivi Apple registravano i geodata degli utenti anche quando venivano disattivati i "servizi di localizzazione" dal menù delle Impostazioni.
Il polverone sollevato da queste tre scoperte ha portato negli Stati Uniti a diverse class action, un’audizione al Congresso e un invito a comparire in tribunale. In risposta, Apple ha deciso di far intervenire Steve Jobs in persona: il padre della Mela Morsicata, da una parte, ha fermamente negato che Apple tenga traccia degli spostamenti degli utenti, dall'altra però ha riconosciuto la presenza di una serie di bug, per cui sarebbe presto arrivato un aggiornamento.
E Google? - Se Apple è corsa ai ripari, lo stesso non è successo con Google, i cui dispositivi Android sono pure finiti al centro del location-gate. In un'audizione al Senato statunitense di martedì scorso, Alan Davidson, capo della Publicy Policy del colosso di Mountain View, ha spiegato che i servizi di localizzazione sono "opt-in", cioè chiedono sempre il permesso agli utenti prima di acquisire informazioni sulla località in cui si trova. Anche quando sono trasmessi ai server di Google vengono sempre anonimizzati, così che non è possibile risalire all’identità del proprietario. Davidson ha poi ribadito l’utilità di questi servizi: "Possono aiutarti a trovare un medico quando hai bisogno di una ricetta all'una di notte per un bambino malato". In realtà, a rendere le cose più complicate per BigG è anche il fatto che, a differenza di iOS (il sistema operativo mobile di Apple), Android viene spesso personalizzato dai rispettivi produttori (HTC, Samsung, etc e quindi non è facile promuovere un aggiornamento di massa.
Le contraddizioni di Apple – Anche per Apple, comunque, il polverone non finisce qui. Come ha messo in luce il Senatore Al Franken durante l’audizione di martedì scorso, Steve Jobs da una parte dice che l’iPhone non traccia gli utenti e dall’altra afferma che Apple deve salvare la lista delle celle 3G e degli hotspot Wi-fi a cui si sono collegati i dispositivi nell’ultima settimana per garantire servizi di localizzazione più veloci: “Non credo che le due affermazioni possano essere entrambe vere. Questi dati forniscono informazioni sulla località oppure no?”, ha chiesto il Senatore. L’ambivalenza della Mela Morsicata è emersa anche da un’affermazione fatta al Senato da Guy Tribble, vice presidente per il software ad Apple: secondo le proprie policy di privacy, Apple “può raccogliere, utilizzare e condividere dati di localizzazione”. E’ per questo che Al Franken ha concluso l’audizione con toni minacciosi: “Dobbiamo pensare seriamente a come risolvere questo problema. E dobbiamo farlo ora”.
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Riduzione del periodo di tempo in cui i dati venivano salvati sul cellulare (da un anno ad una settimana). Stop al trasferimento automatico sul computer di queste informazioni. E nessuna memorizzazione degli spostamenti del proprietario, nel caso in cui si decida di disattivare i servizi di localizzazione. Con un solo aggiornamento rilasciato la scorsa settimana (iOS 4.3.3 Software Update), Apple ha risolto i tre "bug" che avevano sollevato un polverone tra gli utenti di iPhone e iPad dopo che due esperti di sicurezza avevano rivelato come i dispositivi della mela morsicata tengano traccia di tutte le coordinate spaziali e temporali del proprietario.
La prova – L'aggiornamento ha reso i gadget meno invadenti. Da una prova effettuata da Sky.it, è emerso infatti che i dati non vengono più trasferiti sul computer ogni qual volta si effettua un backup: basta lanciare il software iPhone Tracker per vedere che la mappa degli spostamenti è ora completamente vuota. Anche PcMag ha realizzato un test dopo l’aggiornamento ed è arrivato alle stesse conclusioni. I dati continuano ad essere memorizzati sul dispositivo mobile, ma solo per una settimana (e non più per un anno): secondo Apple questo serve a ridurre i tempi con cui vengono erogati alcuni servizi basati sulla località (mappe e altre applicazioni). Resta ancora un piccolo problema di sicurezza relativo a come vengono protetti questi dati (non sono adeguatamente criptati), ma Apple ha promesso di risolverlo con il prossimo aggiornamento.
Ad ogni modo l'utente più paranoico può sempre decidere di disattivare questi servizi nel menù delle Impostazioni e stare così sicuro di non essere più "spiato".
La correzione di rotta è arrivato dopo che due informatici inglesi (Pete Warden e Alasdair Allan) hanno dimostrato come i dispositivi delle Apple salvavano in un "file nascosto" tutti gli spostamenti effettuati dal proprietario nell'ultimo anno. Dalla ricerca era poi emerso che questi dati venivano automaticamente trasferiti sul computer quando si effettuava un backup, rendendoli così facilmente accessibili a chiunque usasse il Pc. Ad aggiungere carne sul fuoco, è poi arrivata un'inchiesta del Wall Street Journal che ha rivelato come i dispositivi Apple registravano i geodata degli utenti anche quando venivano disattivati i "servizi di localizzazione" dal menù delle Impostazioni.
Il polverone sollevato da queste tre scoperte ha portato negli Stati Uniti a diverse class action, un’audizione al Congresso e un invito a comparire in tribunale. In risposta, Apple ha deciso di far intervenire Steve Jobs in persona: il padre della Mela Morsicata, da una parte, ha fermamente negato che Apple tenga traccia degli spostamenti degli utenti, dall'altra però ha riconosciuto la presenza di una serie di bug, per cui sarebbe presto arrivato un aggiornamento.
E Google? - Se Apple è corsa ai ripari, lo stesso non è successo con Google, i cui dispositivi Android sono pure finiti al centro del location-gate. In un'audizione al Senato statunitense di martedì scorso, Alan Davidson, capo della Publicy Policy del colosso di Mountain View, ha spiegato che i servizi di localizzazione sono "opt-in", cioè chiedono sempre il permesso agli utenti prima di acquisire informazioni sulla località in cui si trova. Anche quando sono trasmessi ai server di Google vengono sempre anonimizzati, così che non è possibile risalire all’identità del proprietario. Davidson ha poi ribadito l’utilità di questi servizi: "Possono aiutarti a trovare un medico quando hai bisogno di una ricetta all'una di notte per un bambino malato". In realtà, a rendere le cose più complicate per BigG è anche il fatto che, a differenza di iOS (il sistema operativo mobile di Apple), Android viene spesso personalizzato dai rispettivi produttori (HTC, Samsung, etc e quindi non è facile promuovere un aggiornamento di massa.
Le contraddizioni di Apple – Anche per Apple, comunque, il polverone non finisce qui. Come ha messo in luce il Senatore Al Franken durante l’audizione di martedì scorso, Steve Jobs da una parte dice che l’iPhone non traccia gli utenti e dall’altra afferma che Apple deve salvare la lista delle celle 3G e degli hotspot Wi-fi a cui si sono collegati i dispositivi nell’ultima settimana per garantire servizi di localizzazione più veloci: “Non credo che le due affermazioni possano essere entrambe vere. Questi dati forniscono informazioni sulla località oppure no?”, ha chiesto il Senatore. L’ambivalenza della Mela Morsicata è emersa anche da un’affermazione fatta al Senato da Guy Tribble, vice presidente per il software ad Apple: secondo le proprie policy di privacy, Apple “può raccogliere, utilizzare e condividere dati di localizzazione”. E’ per questo che Al Franken ha concluso l’audizione con toni minacciosi: “Dobbiamo pensare seriamente a come risolvere questo problema. E dobbiamo farlo ora”.