Algeria, opposizione in piazza. Nonostante il divieto

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Culmineranno con una marcia nella capitale il 12 febbraio gli scioperi nel Paese africano. Intanto si diffonde la notizia di nuovi tentativi di suicidio per protesta contro la mancanza di posti di lavoro

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Ribolle il fronte sociale in Algeria dove, con lo sguardo rivolto ai "fratelli tunisini ed egiziani", si moltiplicano scioperi e proteste sparse che culmineranno nella marcia che, nonostante il divieto, si terrà nella capitale il 12 febbraio.

Lo ha confermato la Lega algerina per i diritti umani (Laddh), mentre si diffonde la notizia di nuovi tentativi di suicidio, questa volta non con il fuoco ma con lame di rasoio. Tre giovani disoccupati si sono feriti a colpo di rasoio nel centro di Bordj Menaiel. "Vogliamo morire o lavorare", ha detto uno dei giovani ricoverati con ferite al petto e all'addome. Almeno sedici persone hanno tentato di immolarsi nei giorni scorsi in diverse regioni del colosso maghrebino, secondo fornitore di gas dell'Italia. Tre sono morte per le ustioni riportate.

A protestare per uno stipendio troppo basso, il salario minimo garantito è di 15mila dinari (circa 150 euro), è sceso in campo anche il Sindacato dei paramedici (Sap) che ha proclamato due giorni di sciopero e un'astensione dal lavoro ad oltranza dall'8 febbraio.

Migliaia di studenti universitari hanno invece marciato pacificamente a Tizi Ouzou, in Cabilia, scandendo slogan per "un vero sistema universitario" ma anche contro "il potere corrotto e assassino". "Bouteflika vattene!" hanno gridato alcuni, secondo quanto riferito all'Ansa da fonti del posto.

Ma pensare ad una nuova rivoluzione algerina è alquanto improbabile. Ne è convinto il segretario della Laddh, Mostefa Bouchachi, che in un'intervista al quotidiano El Watan, ha confermato che 'il comitato per il cambiamento e la democrazia' marcera' ad Algeri il 12 febbraio "con o senza autorizzazione". "Quando il potere e' invisibile diventa difficile la riuscita di una rivoluzione", ha spiegato: in Algeria, "il governo non è la fonte delle decisioni, il presidente non è il solo a prendere le decisioni, ci sono centri di decisione invisibili". "Regime, popolo e opposizione devono accordarsi per una transizione", ha concluso.

Intanto sui quotidiani si allarga la polemica per il silenzio tenuto dal presidente fin dalle proteste che all'inizio di gennaio hanno fatto 5 morti e 800 feriti. "Dov'e' Bouteflika?", si interroga El Watan, tornando a sollevare le voci sulla salute precaria del capo dello Stato.

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