La testimonianza degli amici di Riccardo Pitton, lo studente torinese tra le vittime delle inondazioni. Si trovava in un trekking nel Ladakh. Il suo corpo non è stato ancora trovato
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"Era con noi in un trekking nel Ladakh, poi quel terribile giorno dal cielo è caduta pioggia e grandine, ed improvvisamente si è formato un fiume di fango. Abbiamo cominciato a correre e non l'abbiamo visto più": così due studenti piemontesi hanno raccontato all'Ansa la drammatica vicenda che li ha coinvolti il 5 agosto scorso ed in cui si sono perse le tracce del loro amico, lo studente di medicina Riccardo Pitton. La Farnesina ha confermato che il ragazzo è tra le vittime degli alluvioni mentre sono ancora in corso le ricerche del corpo.
Dietro un rigoroso anonimato, uno dei due ragazzi ha raccontato che "tutto era cominciato bene, quando arrivati a Leh, abbiamo contrattato una guida per un trekking di tre giorni". Il primo giorno, il 4 agosto, ha proseguito, "abbiamo attraversato paesaggi bellissimi ed abbiamo dormito in uno dei villaggetti della zona". Ma il giorno successivo, "nel pomeriggio, verso le 16.30, quando avevamo davanti ancora un'ora e mezza di cammino, il cielo è diventato all'improvviso nero. Una quantità enorme di acqua ci è caduta addosso.
Dopo, la pioggia si è tramutata in grandine". "Abbiamo accelerato la marcia - ha ancora detto - ma in senso contrario sono arrivati altri turisti che ci hanno avvertito che una frana aveva bloccato il sentiero e che bisognava tornare indietro". "Ci siamo messi a correre - ha spiegato - e abbiamo perso di vista Riccardo. Poi, all'improvviso, su di noi si è riversato un mare di fango. Io mi sono aggrappato ad un albero e sono stato salvato da una guida.
Il mio compagno è stato tirato fuori dal fango da altri turisti". "Ma lui - ha concluso - non l'abbiamo visto proprio piu"'. I tre universitari erano amici fin dall'epoca del liceo e da lungo tempo sognavano una vacanza nell'Himalaya indiano. "Con una guida locale, ingaggiata a Leh, avevamo deciso di fare un trekking di tre giorni nella valle della Markha che comprendeva anche una giornata di rafting lungo le rapide" continua uno dei due ragazzi.
L'avventura si è però trasformata in una orribile tragedia che si è abbattuta anche su altri turisti stranieri. Secondo la loro testimonianza, si sono perse le tracce anche di un francese e di un'altra coppia di stranieri che erano con loro al momento dell'alluvione. "E' quanto ci hanno detto gli altri turisti che sono scappati con noi" precisa.
Dopo essere riusciti miracolosamente a sopravvivere al vorticoso fiume di fango, hanno trascorso la notte sotto uno sperone di roccia insieme ad altri 12 escursionisti. "Per fortuna che tra loro c'era uno scalatore romeno esperto che ci ha aiutati a trovare un bivacco sicuro al riparo dal fiume" ha raccontato uno dei due ragazzi che sono arrivati oggi a New Delhi e che sono stati assistiti dall'ambasciata per avere il duplicato dei passaporti persi insieme a tutti i bagagli nella drammatica fuga.
Sabato scorso hanno poi raggiunto il villaggio di Skiu dove si sono uniti a una settantina di altri stranieri sopravissuti al disastro. "Eravamo gli unici due italiani" ha precisato. Con gli elicotteri dell'esercito sono quindi stati trasferiti a Leh dove hanno incontrato il funzionario dell'ambasciata italiana Gianluca Brusco che ha organizzato il rientro a New Delhi. "Vogliamo ringraziare l'aiuto che abbiamo avuto dal personale dell'ambasciata, ma anche dalle guide del Ladakh che ci hanno soccorso. Per quanto riguarda il nostro amico, preferiamo pensare unicamente che da quel giorno noi non lo vediamo".
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"Era con noi in un trekking nel Ladakh, poi quel terribile giorno dal cielo è caduta pioggia e grandine, ed improvvisamente si è formato un fiume di fango. Abbiamo cominciato a correre e non l'abbiamo visto più": così due studenti piemontesi hanno raccontato all'Ansa la drammatica vicenda che li ha coinvolti il 5 agosto scorso ed in cui si sono perse le tracce del loro amico, lo studente di medicina Riccardo Pitton. La Farnesina ha confermato che il ragazzo è tra le vittime degli alluvioni mentre sono ancora in corso le ricerche del corpo.
Dietro un rigoroso anonimato, uno dei due ragazzi ha raccontato che "tutto era cominciato bene, quando arrivati a Leh, abbiamo contrattato una guida per un trekking di tre giorni". Il primo giorno, il 4 agosto, ha proseguito, "abbiamo attraversato paesaggi bellissimi ed abbiamo dormito in uno dei villaggetti della zona". Ma il giorno successivo, "nel pomeriggio, verso le 16.30, quando avevamo davanti ancora un'ora e mezza di cammino, il cielo è diventato all'improvviso nero. Una quantità enorme di acqua ci è caduta addosso.
Dopo, la pioggia si è tramutata in grandine". "Abbiamo accelerato la marcia - ha ancora detto - ma in senso contrario sono arrivati altri turisti che ci hanno avvertito che una frana aveva bloccato il sentiero e che bisognava tornare indietro". "Ci siamo messi a correre - ha spiegato - e abbiamo perso di vista Riccardo. Poi, all'improvviso, su di noi si è riversato un mare di fango. Io mi sono aggrappato ad un albero e sono stato salvato da una guida.
Il mio compagno è stato tirato fuori dal fango da altri turisti". "Ma lui - ha concluso - non l'abbiamo visto proprio piu"'. I tre universitari erano amici fin dall'epoca del liceo e da lungo tempo sognavano una vacanza nell'Himalaya indiano. "Con una guida locale, ingaggiata a Leh, avevamo deciso di fare un trekking di tre giorni nella valle della Markha che comprendeva anche una giornata di rafting lungo le rapide" continua uno dei due ragazzi.
L'avventura si è però trasformata in una orribile tragedia che si è abbattuta anche su altri turisti stranieri. Secondo la loro testimonianza, si sono perse le tracce anche di un francese e di un'altra coppia di stranieri che erano con loro al momento dell'alluvione. "E' quanto ci hanno detto gli altri turisti che sono scappati con noi" precisa.
Dopo essere riusciti miracolosamente a sopravvivere al vorticoso fiume di fango, hanno trascorso la notte sotto uno sperone di roccia insieme ad altri 12 escursionisti. "Per fortuna che tra loro c'era uno scalatore romeno esperto che ci ha aiutati a trovare un bivacco sicuro al riparo dal fiume" ha raccontato uno dei due ragazzi che sono arrivati oggi a New Delhi e che sono stati assistiti dall'ambasciata per avere il duplicato dei passaporti persi insieme a tutti i bagagli nella drammatica fuga.
Sabato scorso hanno poi raggiunto il villaggio di Skiu dove si sono uniti a una settantina di altri stranieri sopravissuti al disastro. "Eravamo gli unici due italiani" ha precisato. Con gli elicotteri dell'esercito sono quindi stati trasferiti a Leh dove hanno incontrato il funzionario dell'ambasciata italiana Gianluca Brusco che ha organizzato il rientro a New Delhi. "Vogliamo ringraziare l'aiuto che abbiamo avuto dal personale dell'ambasciata, ma anche dalle guide del Ladakh che ci hanno soccorso. Per quanto riguarda il nostro amico, preferiamo pensare unicamente che da quel giorno noi non lo vediamo".
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