Caso DiaSorin, la Guardia di Finanza copia i dati del telefono del governatore Fontana
LombardiaI militari si sono concentrati in particolare sulla messaggistica. La stessa operazione è stata eseguita sul cellulare di Giulia Martinelli, responsabile della segreteria del presidente lombardo, e di Gallera, assessore alla Sanità della Regione. Secondo il legale di Fontana, si è trattato di “una perquisizione presso terzi, un’operazione di dubbia costituzionalità”
Stamattina, gli uomini della guardia di finanza di Pavia si sono recati nell’abitazione del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, per eseguire una copia forense dei contenuti, in particolare della messaggistica, del suo cellulare nell’ambito dell’inchiesta che vede al centro l’accordo tra DiaSorin a il Policlinico San Matteo per lo sviluppo dei test sierologici e molecolari per la diagnosi del Coronavirus. I militari hanno effettuato la stessa operazione anche sul cellulare di Giulia Martinelli, responsabile della segreteria del presidente lombardo. Nessuno dei due risulta indagato nell'indagine avviata dal Procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, che invece vede tra le persone iscritte i vertici sia dell'istituto di ricerca pavese e sia della multinazionale di ricerca in campo farmacologico.
Copia forense anche del telefono di Gallera
La Gdf di Pavia, nell'inchiesta sull'accordo Diasorin-San Matteo sullo sviluppo dei test sierologici per il Covid, ha effettuato copia forense anche del telefono dell'assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera. La stessa operazione, tra l'altro, è stata eseguita oggi, da quanto si è saputo, anche nei confronti di diverse altre persone, tra cui alcuni funzionari della Regione.
Il legale di Fontana: “Operazione di dubbia costituzionalità”
"Il presidente Fontana non è indagato, ha subito una perquisizione presso terzi. Non gli è stato sequestrato nulla". È quanto ha voluto precisare il legale del governatore lombardo, l'avvocato Iacopo Pensa, secondo il quale “è grave che la perquisizione sia avvenuta con modalità non pertinenti alle finalità dell'operazione, con un decreto non circostanziato ma applicabile a chiunque e con evidenti criticità di carattere costituzionale, vista la ovvia presenza di conversazioni di carattere istituzionale nel cellulare del presidente Fontana”, ha sottolineato.
“Sarebbe stato sufficiente un invito a fornire i dati telefonici per raggiungere il medesimo risultato investigativo. Valuteremo - ha dichiarato Pensa - l'opportunità di impugnare il provvedimento per una verifica giurisdizionale sulla correttezza formale e sostanziale dell'atto disposto".
L’avvocato ha poi rincarato la dose: “È stata una procedura molto invasiva e spettacolare, alle 7 del mattino di solito si arresta la gente. Valuterò se sarà opportuno fare ricorso al Riesame”.
Le motivazioni del decreto di perquisizione
La Procura di Pavia nel decreto di perquisizione ha sottolineato che "l'individuazione dei soggetti partecipanti ai gruppi di WhatsApp evidenziati dalla polizia giudiziaria" potrebbe "consentire" di "ricostruire la cronologia dei dialoghi intercorsi, in un periodo di estremo interesse investigativo, attraverso l'esame dei dispositivi mobili". L'attività, spiegano i pm, si è resa necessaria perché Alessandro Venturi, indagato e presidente del Policlinico San Matteo di Pavia, nei primi giorni di luglio (prima del blitz della Gdf di fine luglio) "ha proceduto alla cancellazione massiva dal telefono cellulare di tutte le chat WhatsApp". Tuttavia, si legge ancora, "seppur prive di contenuto, è stato possibile rilevare l'elenco delle chat esistenti e, dunque, i relativi interlocutori o partecipanti al gruppo, tutti compiutamente identificati e generalizzati". La Procura ha evidenziato anche la "evidente volontà di celare informazioni estremamente rilevanti e con ogni probabilità compromettenti sia per il Venturi che per altri soggetti, direttamente o indirettamente coinvolti nella vicenda sulla quale si sta cercando di far luce". Da qui per i pm la necessità di acquisire il contenuto dei telefoni di Fontana e degli altri interlocutori di quelle chat. E' "assolutamente indispensabile per il proseguo delle indagini" la "acquisizione forense" ed in particolare l'esame dei "contenuti" limitatamente, scrive la Procura, "all'alveo dei fatti oggetto di contestazione penale". Un'attività che, a detta dei pm, potrebbe "colmare il vuoto cronologico" sulle chat cancellate da Venturi. Nell'atto vengono riportate anche le imputazioni, già emerse, di peculato e turbativa al centro dell'inchiesta.
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Il blitz a fine luglio
A fine luglio, le Fiamme gialle avevano già perquisito uffici e abitazioni nell’ambito dell’indagine aperta per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e peculato. "La scelta operata dal policlinico San Matteo di procedere a un accordo diretto con Diasorin, tra i tanti operanti sul mercato, è apparsa subito viziata - avevano scritto nel decreto di perquisizione il procuratore aggiunto di Pavia e il pm Paolo Mazza, che coordinano l’inchiesta - da un evidente conflitto d'interessi in capo al professor Baldanti, che ricopriva contemporaneamente il ruolo di responsabile scientifico del progetto di collaborazione Fondazione San Matteo e Diasorin e la carica di membro del Gruppo di lavoro del Consiglio superiore di sanità presso il Ministero della salute competente per la valutazione del test". Secondo i magistrati, sarebbero stati inoltre "utilizzati beni mobili, materiali (personale, laboratori e strumenti) e immateriali (conoscenze scientifiche tecnologiche e professionalità), sottratti alla destinazione pubblica per il soddisfacimento di interessi privatistici".
I pm: “Far luce sui legami politici”
Gli stessi pm negli atti hanno parlato della necessità di far luce sui "legami politici" che possono aver influito sulla scelta della Diasorin come partner del San Matteo. "Occorre riferire - hanno scritto - che la Diasorin spa, oltre alla sede di Saluggia (Vercelli) ha uffici nell'Insubria Biopark a Gerenzano (Varese)”, dove "si trova la sede legale della Fondazione Istituto insubrico il cui direttore generale è Andrea Gambini, già commissario della Lega varesina e presidente della Fondazione IRCCS Carlo Besta".
A metà luglio, il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso del San Matteo e di Diasorin, aveva sospeso gli effetti della sentenza con cui il Tar della Lombardia aveva azzerato l'accordo. Anche in Procura a Milano è aperto un fascicolo sulla scelta di Regione Lombardia di incaricare con affidamento diretto la multinazionale per la sperimentazione dei test sierologici.
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