I superflui di Dante Arfelli ci racconta la differenza tra grandi scrittori e grandi libri

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Filippo Maria Battaglia

IL LIBRO DELLA SETTIMANA Torna il romanzo di uno degli scrittori rimossi del Novecento italiano: un caso editoriale che svela bene lo scarto esistenziale e letterario tra un grande autore e uno scrittore

Il libro di questa settimana può senz’altro essere definito un caso editoriale del Novecento, un caso a suo modo quasi tipico, si potrebbe dire, perché molto rappresentativo di cosa sia stato il secondo Novecento editoriale in Italia.

Si intitola “I superflui”, l’ha scritto Dante Arfelli e, a quasi trent’anni dalla sua ultima edizione, l’ha riportato in libreria l’editore Readerforblind (pp. 314, euro 17), accompagnato dall’attenta e informata prefazione di Gabriele Sabatini. 

Il successo negli Usa

Ha per protagonista un giovane di provincia, Luca, che va a Roma in cerca di fortuna e che, a Roma, troverà un lavoro e un amore precari.  Una storia “amara, cruda, aspra, anche disperata se dal fondo della sua chiusa tristezza non si levasse una tiepida luce di umana simpatia”, viene definita dai giurati del premio Venezia (il precursore del Campiello) che per questo decidono di farlo vincere nel 1949.

Quando viene premiato, Arfelli ha compiuto 28 anni e presto si ritroverà a fare i conti con un ottimo riscontro in Italia e con uno strepitoso successo negli Usa (tra le 800mila e il milione di copie vendute). 

Sembra l’abbrivio di una carriera folgorante, ma non sarà così. Dopo quel debutto, seguiranno solo un altro romanzo (“La quinta generazione”, pubblicato nel 1951), una raccolta di racconti (del 1975) e un’ultima prova autobiografica (nel 1993).

 

Con l'occhio puntato verso i grandi scrittori americani

“I superflui”  di Arfelli è un gran romanzo, con un occhio vigile puntato verso i grandi scrittori americani come Hemingway e Tennessee Williams e con un titolo - nota Sabatini nella prefazione - che richiama “Gli indifferenti” di Moravia o “Gli egoisti” di Federigo Tozzi. 

Ma è anche un libro - aggiungiamo noi - che rispetto a questi due grandi narratori italiani si differenzia per uno scarto letterario ed esistenziale: quello cioè che separa gli scrittori solidi alleati della realtà, che non si lasciano minare da ciò che hanno scritto, e gli autori di grandi romanzi che finiscono con l’essere coinvolti (e forse imprigionati e travolti) da ciò che scrivono. Arfelli è uno di questi, ma ciò non toglie alcun merito a questo libro.

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