Manzini: “Per uno scrittore la realtà è sempre il punto di partenza, doveroso raccontarla”

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Filippo Maria Battaglia

I CONSIGLI DI LETTURA Il narratore torna in libreria con "Gli ultimi giorni di quiete" (Sellerio), un romanzo con protagonista una coppia di genitori alle prese con il lutto per il figlio e con una scoperta legata al suo assassino. E durante l'intervista a Sky TG24 spiega: "Attraverso i miei personaggi provo a indagare una società che sembra fatta apposta per tradire le nostre aspettative"

"Il problema è sempre lo stesso: riguarda la legge e il suo rapporto con la giustizia. Il diritto va applicato in modo freddo e non emotivo ma i reati sono commessi da uomini ed è certo quindi che non accontenterà nessuno, vittime o carnefici che siano.  È per questo che la quadratura del cerchio diventa difficile, se non impossibile, e non è un caso la stiamo rincorrendo dai tempi di Atene".

Antonio Manzini sintetizza così, a Sky TG24, uno dei temi su cui ruota "Gli ultimi giorni di quiete",  il suo nuovo romanzo pubblicato da Sellerio (pp. 232, euro 14). 

Manzini racconta la storia di Nora e Pasquale, proprietari di una tabacchiera che, dopo aver perso il figlio durante una rapina, scoprono che l’assassino è uscito dal carcere dopo cinque anni. Da qui il romanzo di Manzini prende le mosse, dipanandosi attraverso lo sguardo dei genitori (e dalla loro legitima richiesta di giustizia) ma anche attraverso quello dell'assassino (e dalla sua esigenza di ricostruirsi una vita). Sullo sfondo del racconto, l'impossibilità di dare una risposta definitiva o un giudizio univoco: "Ho solo domande, non conosco quale sia la soluzione di fronte a drammi del genere", spiega Manzini durante i 'Consigli di lettura' (qui le puntate precedenti). 

"Non mi piacciono i libri ciechi"

Lo spunto del romanzo, spiega l'inventore del vicequestore Rocco Schiavone, "risale a un'esperienza diretta, un racconto che mi fece un uomo 25 anni fa: come  Pasquale aveva perso il figlio e come Nora aveva scoperto che l'assassino era tornato in libertà incrociando per caso il suo sguardo su un treno. Il tarlo di quella storia mi è rimasto dentro per molti anni e ancora oggi, se ci penso, mi sembra pazzesco".

Manzini parte da qui per spiegare come per uno scrittore "la realtà sia la fonte" e come "raccontarla sia doveroso. E io questo provo a fare nei romanzi: attraverso i vizi e le virtù dei miei personaggi indago una società che sembra fatta apposta per tradire le nostre aspettative". "Non mi piacciono i libri ciechi, quelli in cui non so dove sono né so cosa sento - conclude Manzini - Suoni e odori sono importanti: anche loro, e a loro modo, sono  personaggi attivi nel racconto, per contrappunto o per accompagnamento. La realtà è sempre il punto di partenza."

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