Napoleone, 200 anni fa la morte: con "Il cinque maggio" Manzoni ne cantò le gesta

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Appresa la notizia della scomparsa del condottiero, il poeta milanese si buttò subito a scrivere un'ode dedicata all’uomo che aveva cambiato la storia d’Europa. Scritta di getto in tre giorni, ne passa in rassegna le imprese, chiedendosi "Fu vera gloria?". È l'opera sull'ex imperatore rimasta più di tutte nella storia, a partire dall'incipit: "Ei fu, siccome immobile"

Napoleone morì 200 anni fa esatti, il 5 maggio 1821, a Sant'Elena, isoletta sperduta nell'Atlantico dove gli inglesi lo avevano confinato 6 anni prima. Sono tantissimi gli scritti e i libri a lui dedicati, ma un’opera su tutte è rimasta nella storia: è la poesia “Il cinque maggio” di Alessandro Manzoni. ''Ei fu'' inizia l'ode sull’uomo che fu ''due volte nella polvere, due volte sull'altar'' ponendo lo storico interrogativo ''Fu vera gloria?”.

Un’ode per la gloria divina che soppianta quella terrena

Nell’ode viene rievocata la vicenda terrena di Napoleone con toni epici, tra battaglie e imprese dell'ex imperatore. È il ritratto di un uomo di potere sconfitto e umiliato, che al termine della sua vita approda alla fede religiosa, e che riesce a comprendere come la propria vicenda terrena si inserisca nell’ordine provvidenziale della storia. E per farlo Manzoni utilizza toni lirico-religiosi, anche per raccontare le imprese militari del condottiero. Nel componimento Manzoni non nomina mai Napoleone, pur annunciandone la morte. Nell’opera del letterato milanese, “Il cinque maggio” si colloca cronologicamente tra le tragedie e “I Promessi Sposi”. Nell’ode sono presenti alcuni temi tipici della poetica di Manzoni, come quello dell’autorità e della gloria umana che viene ridimensionata dalla gloria divina.

La genesi della poesia

Il componimento nasce dalle profonde riflessioni storiche ed etiche di Manzoni, che giunsero a una svolta quando il poeta, leggendo la Gazzetta di Milano, venne a sapere della conversione di Napoleone, avvenuta prima della morte. Dopo averla completata, Manzoni presentò l’ode alla censura austriaca, che non ne consentì la pubblicazione: si trattava infatti di un omaggio eccessivo a colui che era stato un acerrimo nemico dell’impero. Lo scrittore però aveva preparato due esemplari: uno fu trattenuto dal censore, mentre l'altro fu fatto circolare sotto forma di manoscritto, anche al di fuori del Regno Lombardo-Veneto.

I temi

Quella de “Il cinque maggio”, non è un’operazione di glorificazione della figura di Napoleone, ma, come da poetica manzoniana, vuole illustrare il ruolo salvifico della Grazia divina, a partire dalla vita piena di imprese, cadute e risalite dell’imperatore. Il poema può essere suddiviso in tre parti: nella prima viene presentato il tema con il memorabile incipit, “Ei fu”. Nella seconda Manzoni ripercorre l'epopea napoleonica (“Dall'Alpi alle Piramidi / dal Manzanarre al Reno / di quel securo il fulmine / tenea dietro il baleno; / scoppiò da Scilla al Tanai, dall'uno all'altro mar”): vengono citate le vittorie e le sconfitte più famose, fino a quella definitiva a Waterloo e all’esilio a Sant’Elena. Poi si aprono le riflessioni di Manzoni con un altro verso indimenticabile: “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”. Nell’ultima parte Manzoni trae le sue conclusioni morali e religiose: colui che era stato un dominatore ora vive nel ricordo delle sue imprese e ne è soffocato. Il poeta ne indaga la crisi interiore fino alla conversione, testimonianza per Manzoni della grazia divina, con la provvidenziale mano di Dio che dà sollievo all’anima dell’ex imperatore, capace di rinnegare il proprio orgoglio e abbracciare la fede cristiana.

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