Appiani, l’inquilino illustre che porta il Neoclassicismo a Milano

Occupa il piano nobile del Palazzo Reale, a Milano, la mostra Appiani. Il Neoclassicismo a Milano, in programma fino all’11 gennaio. L’esposizione, che raccoglie un centinaio di opere del pittore nato a Milano nel 1754, ne ripercorre la storia e la carriera, ponendo l’accento sul fatto che egli fu molto di più che soltanto il primo pittore alla corte di Napoleone in Italia. La retrospettiva è stata realizzata in partnership con lo Châteaux de Malmaison et de Bois-Préau, il Gran Palais di Parigi e il Louvre e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Milano, la Pinacoteca di Brera e Villa Carlotta. Domenico Piraina, direttore del Palazzo Reale di Milano Possiamo definire Appiani inquilino illustre di questo Palazzo? Questa mostra segna il ritorno di Appiani nel suo Palazzo Reale. Appiani lavorò qui già ai tempi di Maria Teresa d’Austria e poi vi lavorò ancor più intensamente, quando Napoleone arrivò a Milano. Peraltro, la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale ne è la dimostrazione palmare, perché in questa occasione abbiamo ricostruito i grandi fasti di Napoleone, che Appiani aveva realizzato tra il 1807 e il 1808. La mostra riserva anche molte altre sorprese; abbiamo fatto arrivare dal Museo del Louvre il cartone preparatorio che raffigura Napoleone come Giove pacificatore, che è un cartone preparatorio di un affresco che venne realizzato per la Sala del Trono di Napoleone e poi abbiamo ricostruito integralmente tutta la carriera artistica di Andrea Appiani. È stato sottovalutato, questo artista? Sì, lo è stato. Ebbe grande fama in vita e anche subito dopo la morte; pensiamo che alla sua morte, avvenuta nel 1817, Giovanni Berchet tenne un’orazione funebre e subito dopo venne commissionato a Thorvaldsen un monumento funebre che adesso si trova a Brera. Quindi, era un artista che veniva considerato una sorta di nuovo Raffaello; poi, i cambiamenti di gusto e anche l’accusa che gli veniva mossa, di essere sostanzialmente il pittore di un dittatore, come poi alla fine era stato Napoleone, ecco, questo non ha affatto giovato alla sua fama. L’ultima mostra che è stata organizzata su Appiani, risale al 1969 e venne realizzata alla Galleria d’Arte Moderna. Era una mostra piccola, questa è una mostra molto più articolata, molto più complessa, ci sono più di cento opere e, a mio giudizio, merita il riconoscimento di questo artista che per Napoleone è il primo pittore. Era un po’ sullo stesso piano di David in Francia, quindi, è stata una gloria di Milano. Francesco Leone, curatore della mostra Che cosa ci colpisce, di questa retrospettiva? Ci colpisce l’entità, la grandezza di questo pittore, che è stato in grado di fungere da cerniera, quella imprescindibile tra antico regime e mondo nuovo, quello napoleonico. Immaginiamo Appiani legato all’iconografia di Napoleone, ma poi lo scopriamo – nella prima metà della mostra – artista già molto affermato, prestigioso, importante, in questa città, che era una delle capitali europee dell’Illuminismo, quindi, della Musica, della Cultura, quindi, un centro importante dove lui era cresciuto insieme con Verri, Parini, insomma, a personaggi e intellettuali di rilevanza internazionale, che gli danno gli strumenti e la capacità. Soprattutto, la vicinanza con Parini, gli insegna la capacità di essere pronto, attentissimo e sveglio, all’arrivo di colui che avrebbe cambiato le sorti d’Europa. Quindi, un po’ come accade o è accaduto raramente nella Storia, nella Storia dell’Arte, come accadde tra Raffaello e Leone X, Alessandro VII Chigi e Bernini, per fare semplicemente degli esempi, Appiani trovò il suo committente ma l’uomo del destino trovò il suo grande pittore. Questa mostra è una grande narrazione che ci restituisce questa camminata, questa lunga cavalcata, che attraversa l’Europa tra il vecchio e il nuovo e si conclude qui nella Sala delle Cariatidi, dove Appiani ha realizzato uno dei più significativi fregi pittorici di tutta l’Età Neoclassica. Purtroppo, distrutti dai bombardamenti alleati della Seconda Guerra Mondiale, oggi, grazie alle moderne tecnologie, abbiamo ricostruito – avvalendoci di scatti fotografici degli anni ’30, quindi, di una campagna importante, ricostruito questo fregio che ci dà proprio la grandezza, la novità, gli aspetti più inediti di un pittore che ha guardato la tradizione, ma è stato geniale, sperimentale e ha saputo cambiare la Storia dell’Arte. Qual è lo stile di Appiani, la sua cifra, sicuramente riconoscibile nel centinaio di opere in mostra? Le opere sono un centinaio e arrivano da tutte le collezioni comunali milanesi, ma anche dal Museo del Louvre di Parigi, dal Museo Carnavalet, da altri musei francesi, quindi, questa partnership con la Francia; ma c’è una serie di novità straordinaria, di ritratti mai esposti prima. Alcuni sono noti soltanto da vecchie fotografie, altri riscoperti in occasione di questa mostra che vengono da collezioni private e cono riunite, forse, nella sezione più affascinante e più bella della mostra, che è quella che ci mostra Appiani ritrattista di questo nuovo mondo. Ci sono i personaggi militari, c’è Napoleone, di cui Appiani ha dipinto il primo ritratto che la Storia dell’Arte ci abbia tramandato. Contrariamente a quanto si pensa non è il famoso dipinto di Antoine-Jean Gros, con Napoleone nella Battaglia di Arcore, ma è questo Napoleone giovane, entusiasta, poco idealizzato che si lascia alle spalle la Battaglia del Ponte di Lodi, che è la battaglia che gli consentì il primo ingresso in Italia. La cifra stilistica ce la dicono un poco le fonti antiche. Un biografo amico di Appiani, amico di Parini, che avrebbe dovuto scrivere una grande monografia, parla di questo pittore che utilizza la tradizione lombarda, la grazia e la realtà di questa grande scuola che è appunto la pittura lombarda e la proietta in una nuova dimensione, che si affida alla idealizzazione della statuaria antica, della cultura figurativa neoclassica, lavorando come fanno i geni con sprezzo, con velocità, con estemporaneità. Anche le sue opere più finite, se uno si avvicina e le osserva con un po’ di attenzione, con l’occhio del conoscitore, vedrà queste pennellate veloci che costruiscono queste effigi nuove, di questo nuovo mondo. Fernando Mazzocca, curatore della mostra Qual è stata la maggiore difficoltà nella curatela di questo progetto? La difficoltà maggiore era quella di dover restituire la grandezza di Appiani tenendo conto che c’era un ostacolo dovuto al fatto che gran parte della sua produzione è andata perduta, soprattutto, i lavori realizzati per questo palazzo sono andati distrutti. Quindi, abbiamo avuto la grande idea di ricostruire, in base alle foto, i fasti di Napoleone che possiamo ora ammirare nella straordinaria Sala delle Cariatidi. Questa è stata una battaglia che abbiamo vinto, perché non tutti ci credevano nella possibilità di poter realizzare questa cosa, rendendola credibile e affascinante. Invece, il risultato è straordinario, è un’opera che ci restituisce in maniera fulminante, un po’ come i versi dell’ode di Manzoni Il 5 maggio, la parabola di Napoleone, di questo uomo che ha dominato il mondo e di cui Appiani è stato il primo pittore. Possiamo dire che essere il pittore di Napoleone è stata la fortuna di Andrea Appiani ma anche la sua disdetta? Appiani diventando pittore di Napoleone, anzi, primo pittore di Napoleone - in Francia c’era David – ha visto consacrare la sua carriera, il suo prestigio, la sua fama e questo per lui è stato fondamentale. Alla lunga, però, questo legame con Napoleone gli ha un po’ nuociuto, nel senso che la sua Arte, la sua pittura, erano legate a questi ritratti di Napoleone e della sua famiglia, che erano i più noti, i più riprodotti. Invece, abbiamo tutti ritratti privati e tutta una serie di disegni e di opere, che lui ha realizzato. Pensiamo agli affreschi nella Chiesa di San Celso, che vi invito ad ammirare, che ci restituiscono un Appiani molto più complesso, un Appiani nuovo e non appiattito su questo cliché solamente del pittore di Napoleone. Naturalmente, dell’imperatore lui è stato uno dei più grandi interpreti e l’ha visto in un’ottica particolare, diversa da quella dei pittori francesi e di David. La grandezza di Appiani sta proprio, oltre che nella pittura a olio, proprio nell’affresco e per questo era considerato il primo pittore d’Europa, cosa che ammise lo stesso Napoleone. Nel 1810 Canova ha incontrato Napoleone, è andato a Parigi per seguire il ritratto della nuova moglie Maria Luisa e hanno parlato dell’Arte d’Italia e Napoleone ha riconosciuto con Canova che Appiani era il più grande protagonista del Neoclassicismo in Italia ed è quello cha abbiamo voluto far emergere da questa mostra.

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Appiani, l’inquilino illustre che porta il Neoclassicismo a Milano

Sabrina Rappoli