Il pianeta verde, alle origini della poetica di Keigo Shinzō

Keigo Shinzō è uno dei mangaka più interessanti e talentuosi della sua generazione. Tra il 2018 e 2020 ha lavorato a un’opera complessa e ricca come “Randagi” e subito dopo, intorno alla prima metà del 2021, ha creato “Hirayasumi”, serie che va ancora avanti e che rappresenta un cambiamento piuttosto importante, a tratti addirittura radicale, nei toni del racconto. . Se “Randagi” era un dramma puro, “Hirayasumi” è uno slice of life che cattura le contraddizioni della vita quotidiana, che fotografa ciò che significa impegnarsi ogni giorno e il modo in cui le esistenze delle singole persone finiscono per intrecciarsi e sovrapporsi. "Randagi", "Hirayasumi" e "Tokyo Alien Brothers" Rispetto a “Randagi”, “Hirayasumi” è caratterizzato anche da uno stile più morbido e accogliente, che sembra quasi – sottolineiamo: quasi – abbozzato. In realtà è ricco, pieno di dettagli, tensione e attenzione. La carriera di Shinzō, però, non può essere ridotta a queste due opere. Prima di “Randagi” ha lavorato alla miniserie “Tokyo Alien Brothers”, in Italia pubblicata da Dynit, che tiene insieme due anime quasi distinte della sua visione: c’è il genere fantascientifico, a cui comunque Shinzō non era nuovo, e c’è una narrazione malinconica, tesa e molto sentimentale . La fantascienza per riflettere sul Giappone I due protagonisti sono due alieni che devono studiare la Terra e imparare a conoscerla, e che alla fine vengono “umanizzati” dalle persone che incontrano. Si calano perfettamente nella loro nuova vita e cominciano a cambiare. Prima poco, poi sempre di più. La fantascienza nelle mani di Shinzō si trasforma in uno strumento per riflettere sulla società giapponese, sulla solitudine degli individui e sull’importanza dei rapporti e delle relazioni. “Il pianeta verde”, pubblicato inizialmente nel 2013, quindi più di dieci anni fa, ed edito in Italia da Dynit, rappresenta per certi versi una sorta di preparazione a “Tokyo Alien Brothers”. "Il pianeta verde" Questa volta non siamo sulla Terra ma su un altro pianeta. I due protagonisti non sono due alieni, ma due esseri umani che si sono ritrovati, loro malgrado, in un altro mondo: fanno i corrieri, lavorano in tutto lo spazio; la loro navicella ha avuto un’avaria e sono stati costretti a un atterraggio di emergenza. Ora devono fare i conti con un’altra società, con altri costumi, altre leggi e un’altra sensibilità . Gli esseri che incontrano e con cui devono confrontarsi quotidianamente assomigliano a delle rane antropomorfe: niente peli, occhi grandi, lineamenti morbidi, quasi sfumati. Un ribaltamento di prospettiva Se in “Tokyo Alien Brothers” l’attenzione di Shinzō si concentra sull’impatto che il mondo esterno ha sui due protagonisti, qui, ne “Il pianeta verde”, fa una cosa diametralmente opposta. E quindi studia e mette in risalto quelli che sono gli effetti della presenza di due esseri umani su un altro pianeta, che per alcune cose è estremamente differente rispetto alla Terra. Resta, come punto comune, l’essenzialità dei sentimenti. Su questo Shinzō è molto chiaro. L'intelligenza emotiva di Shinzō Nonostante le incomprensioni culturali, i caratteri più esplosivi degli esseri umani e quelli più contenuti degli abitanti del pianeta su cui sono finiti, la genuinità di ciò che viene avvertito, provato e – in alcune occasioni – espresso rimane costante. E chiunque può notarlo e riconoscerne l’assoluta verità. Shinzō, come dicevamo all’inizio, è uno degli autori più bravi della sua generazione. E questo per diversi motivi. Per il suo stile, per la sua capacità di adeguarsi alla storia che sta raccontando, di calarsi nel momento e di scegliere un approccio al disegno più o meno immediato e più o meno feroce. E per la sua intelligenza emotiva. Sensazioni reali In tutti i suoi fumetti, è facile percepire un filo comune fatto non tanto di buoni sentimenti quanto di sensazioni reali, in cui è possibile rivedersi e ritrovarsi. “Il pianeta verde”, che è una miniserie, è allo stesso tempo un riassunto e un’anticipazione di quello che Shinzō ha fatto, e sta facendo, nel suo percorso artistico. Sotto determinati aspetti, è ancora acerbo. Ma per altri è maturo e consapevole, preciso e incredibilmente complesso. Shinzō porta la storia esattamente dove vuole e non si risparmia nel ribadire passaggi che per lui sono fondamentali. Guida il lettore, gli suggerisce dove guardare, ma non cerca né di compiacerlo né di assecondarlo.

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Il pianeta verde, alle origini della poetica di Keigo Shinzō

Gianmaria Tammaro