‘99% of Italy’, la prima campagna nazionale contro l’overtourism

Non solo Roma, Firenze, le Cinque Terre, Venezia e Napoli. L’Italia non si esaurisce nelle grandi città ma vive anche, e soprattutto, nei comuni più piccoli, quelli meno battuti dalle rotte del turismo. Quel 99% di bellezza autentica, viva e sorprendente che non è ancora diventato virale. Ogni anno più di 70 milioni di turisti stranieri scelgono il Bel Paese come destinazione di viaggio, affascinati dalla sua arte, dalla cultura millenaria, dal patrimonio enogastronomico e dalla sua varietà di paesaggi. Tuttavia, secondo i dati dell’Osservatorio Turismo, circa il 70% di questi, si concentra su appena l’1% del territorio nazionale. Oggi viviamo in quella che è stata recentemente definita Check-list Era, caratterizzata da un modo di viaggiare frenetico, guidato dal desiderio di spuntare luoghi iconici da una lista virtuale. Si viaggia per dire di esserci stati, per collezionare foto virali più che esperienze autentiche. Per contrastare questo fenomeno, Visit Italy, portale dedicato alla promozione e valorizzazione turistica italiana, ha presentato “99% of Italy”, la prima campagna nazionale contro l’overtourism che, senza rinnegare l’amore per le mete simbolo, invita a guardare oltre. Perché l’Italia è fatta di storie invisibili, borghi silenziosi, artigiani che resistono, comunità che vivono fuori dalle mappe. È fatta di paesaggi da attraversare lentamente, di piazze dove ci si saluta per nome, di tradizioni che sopravvivono solo se qualcuno ha il tempo di ascoltarle. Ne parliamo questa settimana con Ruben Santopietro, CEO di VisitItaly. “99% of Italy” è la prima iniziativa nazionale contro l’overtourism. Da cosa nasce l’idea e come si sviluppa la campagna? La campagna nasce da un paradosso evidente: il 70% dei turisti stranieri visita solo l’1% dell’Italia. Tutti concentrati negli stessi luoghi, negli stessi momenti. Così il viaggio perde profondità e i luoghi rischiano di perdere la propria anima. “99% of Italy” è la prima campagna italiana contro l’overtourism. Ma non demonizza il turismo, è più un invito a ripensare il nostro modello attuale. Nei luoghi più affollati abbiamo alzato cartelli con frasi semplici ma potenti, capaci di catturare lo sguardo e aprire domande. Come: “Questa non è tutta l’Italia. È solo quella finita su Instagram.” Oppure: “Perdonateci se non vi abbiamo raccontato quanto è bello il resto.” Abbiamo voluto compiere un gesto di rottura, ma anche di cura. La campagna vive online e nei luoghi reali, ma il messaggio è diventato globale. Lo stanno riprendendo media da ogni parte del mondo, vuol dire che era il momento giusto per farlo. Il vostro è un invito a “guardare oltre” e non un tentativo di “rinnegare” l’amore per le mete-simbolo... Assolutamente. Nessuno mette in discussione la bellezza di Venezia, Firenze o Roma. Ma l’Italia non si esaurisce lì. Per troppo tempo il mondo ha guardato il nostro Paese attraverso una fessura strettissima, vedendo solo una manciata di luoghi iconici. Esiste un 99% d’Italia autentica, viva, sorprendente, che spesso non entra nemmeno nell’immaginario di chi arriva. La campagna è un invito semplice, vai a Napoli, ma poi spingiti oltre. Non fermarti lì. Perché l’Italia è fatta anche di luoghi che non si vedono, ma si sentono. E oggi, il vero lusso, è la scoperta. Viviamo nell’epoca del turismo usa e getta, quella che è stata definita Check-list Era: si viaggia per dire di esserci stati, per collezionare foto virali più che esperienze autentiche. Come contrastare questo trend? Non si contrasta dicendo “spegnete i social”, ma creando un nuovo immaginario. I trend non si combattono, si riscrivono. Nel mio recente TEDx ho definito questa fase come la Checklist Era, un tempo in cui si viaggia più per collezionare foto che per vivere esperienze autentiche. Se oggi tutti vanno negli stessi luoghi è anche perché, per anni, non abbiamo raccontato con i linguaggi giusti il resto del Paese. Eppure, esistono territori straordinari che, se comunicati in modo adeguato, possono diventare iconici. Penso all’Umbria, alla Motor Valley, al Cilento, all’Abruzzo, alla Val Camonica, alle Langhe, alla Calabria, alle Marche. E sono solo alcune. Con molte di queste realtà ci stiamo già lavorando. Abbiamo iniziato insieme percorsi di internazionalizzazione, costruendo visioni nuove, identità chiare e narrazioni capaci di parlare al mondo. Il turismo si può educare. Il desiderio si può ispirare. Ma serve uno sforzo collettivo, creativo e costante. Un turismo così “squilibrato” come quello evidenziato dagli ultimi dati dell’Osservatorio Turismo, non rischia di compromettere l’identità dei luoghi e la qualità del viaggio? Assolutamente sì. E non solo quella del viaggio, ma anche la qualità della vita dei residenti. Solo dove il benessere di chi abita un luogo è alto, anche l’esperienza di chi lo visita può esserlo. Se crolla il sistema locale, crolla anche la narrazione turistica. È un’equazione semplice, ma che in troppi ignorano. Oggi vediamo destinazioni perdere la propria anima, diventare scenografie. Ma il vero rischio non è il turismo in sé, è l’eccesso non governato. Per questo dobbiamo spostare la discussione dall’idea di “troppi turisti” a quella di “turismo mal distribuito”. È una questione di equilibrio, non di quantità.

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Costanza Ruggeri