Perché abbiamo bisogno di un veterinario sociale

Aurora si muove seguendo un’ordinata ruotine nel parcheggio della stazione milanese di Lambrate. Prima ritira un panino e una cioccolata calda al furgoncino dei volontari di Arca. Poi si allontana di una decina di metri, passeggiando alla stessa andatura della sua Sandra, come se il guinzaglio non le servisse, per raggiungere il tavolo dei veterinari volontari di Save the Dogs. Sono le 21 di sera e, come ogni mercoledì, operatori e dottori curano gratuitamente cani e gatti di persone senza fissa dimora o che abitano in case popolari. Tra un vaccino e una sterilizzazione, spesso intercettano anche bisogni i bisogni dei proprietari: “La gente che dice di aiutarti spesso non ti aiuta, come succede sempre nella vita – ci racconta Aurora – Allora sei mesi fa ho scoperto di questo progetto, li ho chiamati e ho trovato degli angeli”. A lei, e ai suoi animali, i volontari di Save the Dogs hanno assicurato microchip, vaccinazioni e cibo. “Senza di loro non ce l’avrei mai fatta – confessa – e la mia Sandra è tutto per me”. Per i veterinari di Save the Dogs, si tratta anche di una scelta etica. “Aiutiamo persone indigenti – racconta la dottoressa Clarissa Zamboni, volontaria per l’associazione – che non potrebbero accedere a servizi di qualità, perché purtroppo oggi la veterinaria è privatizzata”. In effetti, le sperimentazioni di veterinaria ambulatoriale e pubblica – in primis¸ nelle Asl di Torino – sono efficaci ma molto recenti e scarse di numero. Esperimenti, appunto. Per il resto, la medicina veterinaria è tutta privata: secondo un sondaggio Anmvi , l’85% dei dottori opera come lavoratore indipendente e il resto come parte di una corporate o di un network . Per loro, il volume d’affari pare aumentare ogni anno: il 57% dei veterinari interrogati nell’ultimo sondaggio Anmvi ha dichiarato di aver curato più animali dell’anno precedente. Ma, di pari passo, aumentano anche le spese farmaceutiche e di gestione: un veterinario su due ha denunciato una crescita dei costi del 20% nell’ultimo anno. Con il risultato che, anche per i clienti le cure sono sempre meno accessibili. “Le sperimentazioni di veterinaria sociale esistono – commenta Marco Melosi, presidente Anmvi – ma lo stato in cui versa la sanità pubblica umana mi fa essere pessimista. Non credo che si troveranno a breve risorse adeguate per la veterinaria pubblica”. Sempre più cani, cure sempre più care Accompagnarsi a un cane o a un gatto è una scelta sempre più frequente in Italia: secondo la XVI edizione del rapporto Assalco-Zoomark, nel 2022 erano 65 milioni gli animali da compagnia, cinque in più rispetto al 2019. In particolare, i gatti sono circa 10,2 milioni e i cani 8,8 milioni. Ma – lo dicevamo – curare questi animali è ogni anno più costoso: secondo i sondaggi Anmvi, oltre 3 veterinari su 4 denunciano rincari dei costi energetici e dei farmaci che, per quasi un professionista su due, costano dal 10 al 20% in più. “Stiamo vivendo in un momento di grande crescita per tutta la filiera della Pet economy – spiega Marco Melosi – che oggi si stima valga circa 7 miliardi di euro complessivamente. E, perciò, aumentano molti prezzi: tra questi, anche i farmaci. È un peso per chi svolge la professione e, di conseguenza, anche per i clienti a cui vengono prescritti i farmaci”. Il risultato è che sempre più persone sono costrette a rinunciare alle cure per i propri animali. A quasi 7 veterinari su 10, nel 2023, è capitato che alcuni clienti rifiutassero le cure perché troppo onerose. Le più care sarebbero quelle per gli esami diagnostici e le operazioni chirurgiche avanzate. “In parte – continua il presidente Anmvi – ciò è dovuto anche alle richieste sempre più pressanti da parte dei proprietari che, non di rado, chiedono per i propri animali le stesse cure che riserverebbero ai componenti della loro famiglia, che hanno un costo elevato”. E non c’è da aspettarsi un miglioramento nel breve termine: “La veterinaria pubblica in Piemonte funziona per molte fasce di popolazione in difficoltà, come anziani e persone sole. Ma la platea è sempre più grande e difficilmente ci saranno a breve i fondi per tutti questi clienti”. Salvare i cani, ma anche i proprietari Che curare il proprio animale domestico non sia un lusso ma una necessità – specialmente per chi vive solo e senza una dimora stabile – è chiaro agli occhi dei volontari di Save the Dogs. Che conoscono i bisogni delle persone che incontrano ogni settimana: “Per i nostri utenti non ci fermiamo ai vaccini – racconta la volontaria Sara D’Ascanio – Cerchiamo di intercettare anche altri bisogni, come la ricerca di una casa, le dipendenze o i problemi familiari”. La maggior parte degli utenti di Save the Dogs addolcisce l'abbandono sociale con la compagnia di un amico a quattro zampe. A patto, però, di riuscire a prendersene cura. “Lucy è la mia compagna – spiega Antonio mentre la distoglie dal richiamo di un panino – Ce la siamo cavata in ogni occasione finora ma i volontari ci aiutano in tutto: dalla ciotola ai vaccini. Mi danno un aiuto anche umano: è gratificante perché ti senti accettato da qualcuno, non senti che ti stanno calando la loro carità dall’alto”. Ad Antonio, come a molti altri, Save the Dogs ha offerto un aiuto ben più che veterinario: “Non solo hanno curato i miei due cani, che sono la mia vita – ci racconta Lucia – ma mi hanno fatto conoscere anche altri servizi, che mi danno una mano con la ricerca della casa e con altri bisogni”. Perciò, i binomi assistiti sono sempre più numerosi. Nel 2024 le coppie sono state 191 e gli animali 274 . Ma sono aumentate anche le vaccinazioni , le sterilizzazioni e il cibo distribuito nelle sei aree operative a Milano: 2250 chilogrammi contro i 1000 del 2023. “Ci occupiamo sempre delle persone che hanno un rapporto molto forte con i loro cani – conclude la veterinaria Zamboni – e così anche noi stringiamo una relazione privilegiata con loro”.

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