Perché siamo turisti sempre meno felici

Bastano una carta di credito, un volo last-minute e qualche parola – anche abbozzata – d’inglese per aprire le porte dei viaggi low-cost, specialmente in bassa stagione, a sempre più cittadini europei. Nel 2024 sono decollati nel continente 6,7 milioni di aerei commerciali, il 5,8% in più rispetto all’anno precedente, e pure le notti trascorse fuori casa in hotel sono aumentate del 2% sul 2023, sfiorando quota 3 miliardi . In crescita anche gli ospiti internazionali: +58% in un solo anno. Sono gli effetti del turismo globalizzato e destagionalizzato. Che, tradotto, significa che sempre più persone hanno accesso a viaggi nazionali e internazionali, nutrendo flussi ormai slegati dai tradizionali picchi estivi e natalizi. Insomma, “essere turisti è diventato un diritto – spiega Elena Croci, esperta in Comunicazione culturale e Marketing strategico – e, perciò, è cambiata anche la percezione del viaggio da parte del turista che vuole essere protagonista sia nel mondo reale sia in quello virtuale”. È questa l’esperienza nel “nuovo turista culturale” – “Nuovo turismo culturale” è il titolo dell’ultimo saggio di Elena Croci, edito da Franco Angeli – che fronteggia l’overtourism a suon di file chilometriche all’ingresso dei musei e di selfie davanti ai monumenti in piazze affollatissime. “Perché si è sempre alla ricerca di nuove esperienze ed emozioni? – si chiede l’autrice – A queste condizioni, il turista è una persona più felice?”. Chi guadagna dall'overtourism? Si tratta perlopiù, secondo Croci, di una questione di “marketing emozionale”. Non basta più, cioè, vendere una città, una mostra o un museo ma serve “creare connessioni tra il turista e il luogo visitato. Bisogna permettere di vivere esperienze sempre uniche e piene di contenuto”. I primi a trarne profitto, perciò, sono i social network, dove questo contenuto vive e “prolifera”. E dove, spesso, iniziano e terminano i viaggi nell’era dell’overtourism. “Sui social vivo una promessa di benessere – spiega l’autrice – Vedo post e fotografie di luoghi che mi attraggono e dove voglio andare a fare la stessa esperienza. Ciononostante, potrebbe succedere che il panorama che ho visto online lo troverò affollato da centinaia di persone. Comunque scatterò la foto e sarò protagonista di quel momento, che termina sempre sui social, dove mi posso sentire accettata da una community di persone interessanti che hanno visitato quel luogo”. È così che nascono i repeaters, i turisti – sempre più numerosi – che visitano più volte gli stessi luoghi, affollandoli. Indirizzati dal proprio feed di Instagram , i viaggiatori scelgono quasi sempre le stesse mete e desiderano gli stessi quadri e paesaggi: dai mulini a vento olandesi alla Gioconda del Louvre, fino alla Torre di Pisa. Il motivo? “Non è solo una questione di emulazione – aggiunge Croci – Spesso cerco le emozioni che ho visto provare sui social ad altri, perché credo che possano essere talmente forti da perdurare nel tempo. Quel benessere si allunga quando, al termine del viaggio, pubblico il mio post e ricevo commenti e like”. E così si adatta anche l’offerta culturale al “nuovo turista”. E nascono mostre separate per la “Monna Lisa” a Parigi o ipotesi di ticket all’ingresso della Fontana di Trevi a Roma. “Hanno capito che al turista interessa il contenuto e, siccome oggi tutto è cultura, dal cibo allo sport, allora è meglio dedicare un’ala intera a un quadro solo piuttosto che proporre centinaia di opere allo stesso turista. Dando, in questo modo, contenuti per il post. Diventa quasi un’esperienza feticcio”. Alternative culturali per "turisti pigri" Per evitare la delusione di viaggi tutti uguali e affollatissimi, però, esistono alternative. E a suggerirle, secondo l’autrice, sono sempre i social network: sono cioè le stesse piattaforme a permettere, con un po’ di fatica, ai viaggiatori di raccogliere informazioni e di prenotare visite alla scoperta, senza filtri, delle tanto agognate “abitudini dei locals”. Ma se il turista è per definizione pigro – e così, almeno in parte, lo definisce Croci nel suo identikit – allora servono soluzioni a portata di mano. “Di fatto sui social siamo noi a reinventare quali sono i luoghi di tendenza: possiamo sfruttare questa deregulation diffusa come strategia per un turismo soddisfacente – spiega – Faccio un esempio: se io sono milanese e scopro qualche museo meno noto o un ristorante o un borgo vicino alla città, posso visitarlo e pubblicarlo. Dare contenuto nuovo che possa essere d’ispirazione per altri turisti. Un’altra strategia possibile è guardare alla natura e ai piccoli viaggi alla riscoperta di queste aree verdi di libertà. Specialmente in un contesto in cui vincono i weekend lunghi e i viaggi low-cost all’ultimo minuto”. Un’abitudine, quella del “nuovo turista culturale”, a cui dovrà abituarsi anche il settore alberghiero. “Serve cambiare mentalità. È un problema ormai che, in una località di mare, sia tutto chiuso a febbraio: si tratta di un’ottica anni ’90 che non tiene conto dei nuovi turisti e dei nomadi digitali”.

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