Un tuffo ne "La Belle Époque", l'Arte nella Parigi di Boldini e De Nittis

Si intitola La Belle Epoque. L’Arte nella Parigi di Boldini e De Nittis, la mostra allestita fino al 15 giugno a Palazzo Martinengo, nel cuore di Brescia. Tra belle donne, abiti eleganti e gioielli preziosi, l’esposizione ci catapulta negli anni a cavallo tra ‘800 e ‘900, un periodo frizzante, pieno di novità e ricchissimo di aspettative, prima che la Grande Guerra soffocasse tutta l’energia dell’Europa e del mondo nel suo abbraccio mortale. Passeggiando per le sale espositive, pare quasi di sentire le chiacchiere delle fanciulle immortalate con leggerezza dagli artisti in mostra; sembra di vederle fasciate nei loro abiti eleganti, tra sete preziose, mani guantate, accurati merletti e velette che ne nascondono gli sguardi, ora timidi ora maliziosi. Boldini, De Nittis, Corcos, Mancini, Zandomeneghi, sono gli ospiti d’onore di questa imperdibile festa d’Arte, abitata da personaggi eleganti e mondani, pieni di aspettative e di sogni da realizzare. A Brescia, abbiamo intervistato i curatori della mostra, Davide Dotti e Francesca Dini. “L’immagine simbolo della mostra è davvero un capolavoro”, spiega Davide Dotti”. Ci troviamo nella sala monografica dedicata a Vittorio Matteo Corcos, che è – a mio giudizio - la vera sorpresa di questa esposizione. Ho scelto come immagine simbolo questo dipinto, perché incarna alla perfezione i sogni della Belle Époque, questa atmosfera spensierata, gioiosa, si percepisce la gioia di vivere di queste due fanciulle sorridenti e bellissime, incantate da questo uccellino che si è posato sull’indice: è il Messaggio d’amore, il titolo di quest’opera. Vittorio Matteo Corcos è un pittore tecnicamente straordinario, riesce a rendere gli incarnati porcellana di Sèvres, le sete morbide e fruscianti e poi utilizza una tavolozza luminosa e solare; quella che piaceva moltissimo a Adolphe Goupil, il suo mercante di riferimento, che vendette i suoi quadri in tutto il mondo”. Quante sono le opere in esposizione? La mostra raccoglie in totale ottanta dipinti, più una sezione dedicata ai vetri di Daum e Gallé; dieci abiti del periodo Belle Epoque e quindici affiches. Perché questo? Perché volevamo far immergere il visitatore all’interno dell’atmosfera della Parigi dell’epoca. Quindi, non soltanto dipinti ma anche altre Arti che vengono rivoluzionate all’epoca, come la Moda, il Vetro e l’Affiche pubblicitaria. Cosa ci colpisce di più, in questa mostra? Quello che a me colpisce particolarmente è la qualità pittorica che questi artisti sono riusciti a raggiungere. I cinque protagonisti della mostra – Les italiens de Paris – Boldini, De Nittis, Corcos, Mancini e Zandomeneghi – solamente raggiungendo quella straordinaria capitale dell’Arte e della Cultura che era Parigi nell’ultimo quarto dell’800, riuscirono a esprimere al massimo la propria Arte, le proprie doti artistiche. Queste opere, molto selezionate, guardandole da vicino ci fan capire la perizia tecnica ma anche l’originalità di taluni soggetti che proprio questi italiani inventarono in quel momento storico e proposero ai grandi collezionisti dell’epoca. Come si articola il percorso espositivo? Abbiamo scelto di proporre al pubblico un percorso monografico. Quindi, strutturare la mostra con delle sezioni tematiche, per far comprendere al meglio la vita e l’opera dei vari artisti. Quindi, è proprio un manuale di Storia dell’Arte; si passa dal confronto diretto Boldini - De Nittis a una meravigliosa sezione tematica dedicata a Zandomeneghi. Da lì si passa a Corcos e infine ad Antonio Mancini. Questo, per permettere al pubblico di comprendere al meglio le peculiarità stilistiche ed espressive dei singoli artisti presenti in questa mostra. Che anni sono stati, quelli della Belle Époque? La Belle Époque è stato un periodo storico irripetibile, un’età dell’oro che si è potuta manifestare in un momento in cui l’Europa ha vissuto la pace. Questo anche è un grande messaggio che in filigrana bisogna percepire da questa mostra. La tranquillità della pace, senza guerre, ha permesso il fiorire dell’economia, del turismo, dell’Arte, della Cultura; la Belle Époque terminò tragicamente con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. “L’idea di questa esposizione”, ci dice Francesca Dini, “è nata dal fatto che alcuni artisti, che si sono formati nell’entourage dei Macchiaioli, intorno al 1870 decidono di spostarsi nella capitale francese per motivi di aggiornamento e anche per cercare un po’ di fortuna. Due di loro, Boldini e Zandomeneghi, sono stati macchiaioli a tutti gli effetti. Raccontando di loro, della loro vita, della loro Arte, la mostra propone una sorta di viaggio immersivo in quell’epoca mitica, lontana, fatta però di grande bellezza, charme, serenità; un periodo di pace, quello che stava vivendo l’Europa dopo il 1870 e di grande benessere. Questi artisti, soprattutto Boldini, vanno a rivestire un ruolo molto importante nella società parigina del tempo. Sembra che il ritratto che Baudelaire auspica dell’artista, pittore della vita moderna, sia stato scritto proprio per Boldini e De Nittis. La mostra ruota su queste presenze di pittori che hanno saputo lasciare una traccia importante nella realtà della Parigi della Belle Époque, interagendo con una metropoli in maniera diversa, secondo le proprie inclinazioni, il proprio carattere. Quindi, Boldini e De Nittis, si inseriscono molto bene nel filone della pittura alla moda e anzi lo reinventano, con il tranche de vie parigina, che è una loro invenzione e che aprirà la strada agli stessi francesi – Jean Beraud e Norbert Goeneutte, che verranno dopo di loro. Zandomeneghi – invece - che non è attratto da questo tipo di pittura così charmant, è attratto dalla vera avanguardia degli Impressionisti. Noi pensiamo agli Impressionisti come li conosciamo oggi ma quando Zandomeneghi si unisce loro, entrando al Caffè Michelangelo, sono avanguardia vera, non li conosce nessuno. Quindi, il pittore veneziano, già macchiaiolo, ritrova al Caffè Michelangelo quel fervore di idee e quello scambio, quella voglia di fare Arte vera, che aveva trovato dieci anni prima al fiorentino Caffè Michelangelo. Di lì inizia il suo percorso al fianco e insieme ai pittori impressionisti. Poi, abbiamo il caso di Mancini, un non integrato nella società parigina, perché l’artista, giunto da Napoli all’apice della sua creatività, non riesce a integrarsi nella metropoli; sia per i ritmi veramente folli della vita della grande città che contava due milioni di abitanti, contro i duecentomila di Roma dello stesso periodo; sia perché tanta Arte bella lui vede, tanto non ha la capacità di assimilarla, di farla propria, di confrontarvisi. Quindi, perde la lucidità ed è costretto ad allontanarsi da Parigi, non senza aver lasciato alcuni capolavori, come lo Scugnizzo con chitarra, che è esposto qui a Palazzo Martinengo. Poi, abbiamo il caso di Corcos, che è il più giovane, tra lui e Boldini corrono quasi vent’anni. Quando arriva a Parigi i giochi son fatti; non ha più bisogno di mutare il proprio DNA ma anzi può scegliere tra la tranche de vie parigina che non è più tanto di moda a quel punto; la grande ritrattistica di Léon Bonnat e la pittura impressionista, che a quel punto sta cominciando a prender campo. Lui, invece, insegue questo ideale di una bellezza perfetta e universale, si avvicina al filone estetizzante di Sir Edward Coley Burne-Jones, di Frederic Leighton, Lawrence Alma-Tadema e, quindi, crea queste meravigliose fanciulle piene di grazia, dei veri e propri fiori che si pongono alla vista del visitatore e lo catturano nella loro Bellezza e sensualità”. La Belle Époque, è una mostra Pop? “Non so se è una mostra Pop ma, certamente, è una mostra che offre vari livelli di lettura. Ad esempio, mi viene in mente che qui c’è una lettura dell’evoluzione del Costume. Qui ci sono dei costumi, degli abiti meravigliosi, con acconciature, mise, sono nei ritratti, sono nelle scene di vita contemporanea e, quindi, ci può stare tranquillamente una storica del Costume che faccia qui una visita. In più ci sono gli abiti veri, sono esposti e quindi c’è anche la possibilità di toccarli, questi abiti d’epoca, che sono essi stessi delle opere d’Arte. Ci sono vari piani di lettura che credo affascineranno il pubblico di questa mostra”.

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