La libreria che a Trieste salvò Umberto Saba ora riapre

“Mi piacerebbe, adesso che sono vecchio, dipingere con tranquilla innocenza il mondo meraviglioso. E, tra le altre cose, la mia oscura bottega di via San Nicolò 30”. Non sono lusinghiere le prime parole con cui Umberto Saba descrive la sua libreria, “l’antro” buio acquistato nel 1919 tra le vie del centro di Trieste. In quegli anni, il poeta è direttore di una sala cinematografica e, passando di fronte alla bottega già aperta da decenni, non pare subito entusiasta: “Se il mio destino fosse passare la mia vita qui dentro, quale tristezza”, scrive in Storia di una libreria, pubblicato postumo. Ma le cose andranno diversamente: Saba quella libreria la compra, ci lavora per anni, vi si nasconde negli anni delle persecuzioni razziali e non la vende fino alla sua morte. Oggi, dopo mesi di restauri, la bottega è tornata in mano alla famiglia Cerne, i proprietari che l’hanno acquistata direttamente da Umberto Saba. E che, a breve, riapriranno i suoi tesori al pubblico. Salvato da una libreria È bastato un anno a Saba per imparare il mestiere di libraio. Nelle lettere del 1920 agli editori, ancora conservate in bottega, le richieste dei volumi da acquistare sono precisissime. E, col tempo, il poeta ci prende gusto. “Da un anno circa la libreria mi dà quasi interamente da vivere. I miei cataloghi hanno avuto molto più successo dei miei libri di versi: ora sto completando il terzo”, confida a un amico nel dicembre del 1923. Che la libreria non sia più un “antro oscuro” è ormai chiaro anche ai clienti. Numerosi, habitués e curiosi di scambiare due chiacchiere con il poeta triestino. Uno su tutti: Roberto Bazlen, talent scout ante litteram, che nella bottega di Saba trova libri per appagare il suo spirito avventuroso. “Il signor Roberto Bazlen, detto Bobi, è mio ottimo amico”, spiega il libraio in una lettera a un amico. Passano gli anni e Saba, per nutrire un Canzoniere sempre più ricco, si allontana a più riprese da Trieste. Di ritorno da Parigi nel 1938, però, tutto è diverso. Le leggi razziali vietano agli ebrei di possedere ogni attività commerciale. Al poeta non basta più, dunque, il fido aiutante “Carletto” Cerne e si affida allo scrittore triestino Gregorio Bisia per salvare la sua più importante fonte di sostentamento. Dal 1938 al 1943 si rifugia, dunque, nelle sale alte e buie della libreria in uno stato di allerta costante. La sua attività è nota alle autorità e più volte il Minculpop obbliga il poeta a consegnare alcuni volumi per i controlli della censura. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, però, Saba è costretto a fuggire a Sud, prima a Firenze e poi a Roma. Ma neppure durante gli anni della liberazione perde i contatti con “l’antro oscuro” che lo sostiene economicamente. Solo nel 1947 Saba riuscirà a riprendere posto nella “sua” libreria, che lo accompagnerà fino alla morte nel 1957. “La mia vita in quell’antro – sintetizza in Storia di una libreria - la passai in parte bene e in parte male, come l’avrei passata in qualsiasi altro ambiente”. I tesori della libreria Una macchina da scrivere, quella con cui Saba componeva le sue poesie e i suoi cataloghi, campeggia nella sala principale della libreria. E attira sguardi curiosi anche a biblioteca chiusa. “Quando stavamo facendo i lavori, si è affacciata una scolaresca – racconta l’avvocato Paolo Volli, che ha seguito il restauro – Li abbiamo fatti entrare ed erano contentissimi. Molti triestini non sanno nemmeno che esiste un luogo del genere”. E ancor meno conoscono i suoi tesori. Ai piani alti si trovano gli acquisti di Carlo Cerne, aiutante di Umberto Saba e primo proprietario dopo il poeta, sugli scaffali più bassi i volumi richiesti dal figlio Mario Cerne, recentemente scomparso, e ad altezza suolo le riviste ottocentesche di letteratura francese. Le lettere autografe di Umberto Saba, invece, sono racchiuse in una teca assieme ad altri cimeli dello scrittore. Per i libri, moltissimi, che conservano le annotazioni di Saba serve un’intera parete della libreria. Cosa ne sarà adesso “Quelli non si possono vendere”, commenta il gestore a cui la famiglia Cerne ha affidato la libreria, indicando i cataloghi e i libri su cui il poeta triestino ha scritto i suoi appunti. Il limite, assieme a molti altri, è dato dalla Soprintendenza. “La bottega, ad esempio, non può ospitare servizi di ristorazione – continua l’avvocato Volli – persino sulla carta da parati ci sono dei vincoli”. L’unica certezza è che continuerà a essere una libreria a tutti gli effetti: “Venderemo libri e libri antichi – conferma la famiglia Cerne – Proporremo ai clienti i volumi acquistati di recente, ma anche quelli di Mario e Carlo Cerne, che ancora ci accompagna in bottega guardandoci dal ritratto dipinto per lui dallo scrittore Carlo Levi”.