Parlare attraverso le foto, la nuova vita di Arturo Baron dopo la demenza

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Gabriele Ragnini

Gabriele Ragnini

In occasione della giornata mondiale dell’Alzheimer, il 75enne Arturo Baron ha la possibilità di esporre a Monza le sue fotografie, diventate ormai il suo modo di parlare da quando una demenza frontotemporale ne ha danneggiato le abilità linguistiche. Merito del "Paese Ritrovato", il villaggio che lo ha accolto e che ha dato sostegno a sua moglie Margherita, con cui Arturo condivide “una riscoperta tenerezza”

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Dare alle immagini il valore delle parole. Soprattutto quando esprimersi risulta sempre più difficile. Arturo Baron lo ha imparato nel 2020, a settantuno anni, quando ha iniziato a subire gli effetti di una demenza frontotemporale. Si tratta di un tipo di malattia neurodegenerativa in cui a essere colpiti sono soprattutto il comportamento e la personalità, mentre le funzioni della memoria - più lese nell’Alzheimer – subiscono meno danni.

"La fotografia è un modo di parlarci"

Con gli anni le capacità linguistiche di Arturo sono peggiorate, ma insieme a sua moglie ha ritrovato uno strumento per comunicare. “La fotografia è diventato il nostro modo di parlarci”, racconta la signora Margherita tra emozione e lucidità. “Io gli propongo di fare qualche foto e se lui è in una giornata positiva lo capisco. Da come fa l’inquadratura vedo se è soddisfatto del soggetto. Poi quando gliela rimostro, se è contento fa un sorriso. Se non gli piace la foto, mi fa un cenno e la devo eliminare”. Anche con poche parole, il loro rapporto è rimasto amorevole e delicato, senza rassegnarsi ai patemi della malattia. “Questo genere di problemi non coinvolge solo chi ne viene colpito, ma tutta la rete. Io comunico con Arturo con una ritrovata tenerezza. Abbiamo le nostre carezze, qualche segno di intesa, qualche risatina che ci facciamo. È un modo nostro”.

 

La fotografia ha sempre attraversato il rullino della vita di Arturo. Così come ordine, precisione e struttura, con cui ancora oggi compone le sue istantanee. Un tempo chiamato dai suoi alunni “professor Baron”, è stato docente di fluidodinamica al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano, dove con i suoi disegni dava vita a macchine, aerei e gallerie del vento, delle strutture utilizzate per studiare il moto dei fluidi attorno ai veicoli. “I segni della malattia li ho individuati perché questo rigore non c’era più – continua Margherita -. Faceva fatica a chiudere il box o cambiare la pila del telecomando”. Fino a quando non ha ricominciato a vedere tutto da un’altra prospettiva. “Questo rigore è rimasto nella fotografia. Ha iniziato a immortalare tutti gli oggetti che c’erano in casa. Sono sempre molto allineate, molto precise perché questa era la sua forma mentale”.  

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Una nuova vita

Oltre ad aver cambiato approccio espressivo, nella sua nuova vita Arturo ha trovato un altro scorcio da cui guardare il mondo. Si tratta del Paese Ritrovato, un villaggio nato a Monza nel 2018 per merito della Cooperativa La Meridiana, che ha deciso di dedicare uno spazio dove le persone possono convivere con la demenza nella quotidianità di un borgo. Tra case colorate, piazze, bar, giardini, teatro, cinema e un salone di bellezza, il metodo di cura scelto da medici e volontari si fonda sulla coesione sociale e la valorizzazione delle doti dei 64 residenti.

 

Arturo è solo uno dei tanti che può dare libero sfogo al suo estro nel laboratorio artistico o insieme a Margherita: “Qui al Paese, Arturo ha ritrovato dignità. Possiamo fare delle passeggiate nel parco, andare nell’orto, ascoltare musica classica, sfogliare il giornale. Ogni tanto quando vede personaggi famosi del passato li riconosce, mi fa un segno: ‘Quello, è quello’. Non sa le notizie di attualità, ma forse è questo ciò che gli dà serenità. Lui è in un altro mondo”. Ed è proprio in questo contesto che il Paese ha deciso di fargli un tributo, organizzando due mostre fotografiche in cui esporre suoi scatti (la seconda dal 21 al 23 settembre, all’Oasi San Gerardo di Monza): “Una forma di affetto incredibile. È stato un segno di apprezzamento per quello che Arturo sa ancora fare. Ogni persona ha una storia che qui viene valorizzata”.

 

"Un mondo di pace, c'è solo il presente"

Un episodio in particolare racconta al meglio il passaggio da una vita all’altra per Arturo. “La sera prima di venire al Paese, vedendo le nipotine che disegnavano ha ripreso un disegno che non faceva da tantissimo: il profilo di una macchina da corsa. Come se fosse un saluto, l’ho interpretato così. E io adesso lo vedo sereno”. Lo stesso vale per Margherita: “Quando si chiude il cancello d’ingresso, tutti i miei pensieri svaniscono. Entro in un mondo di pace, in cui si vive l’attimo, il presente. Non c’è passato e non c’è futuro, c’è solo il presente”.

 

È proprio nella quotidianità che Margherita e Arturo hanno riscoperto la bellezza di godersi i momenti della loro lunga relazione, anche dopo la malattia. “Ci siamo sposati nel ’74. Abbiamo già fatto 50 anni di matrimonio, ma siamo stati riservati e lo abbiamo tenuto per noi. Diciamo che li abbiamo festeggiati in modo particolare perché Arturo abitava già in un altro luogo. Quel giorno era una bellissima giornata d’inverno”. E ovviamente andava immortalata a suon di scatti: “Abbiamo fatto una foto che mi è molto cara. È qui al Paese, su una panchina, ma ha una sua struttura. Mi sembra possa riassumere questo viaggio lungo, che nell'ultimo periodo è sempre un po’ tormentato. Ma abbiamo trovato una strada”.

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