Dentro "La Resistenza delle donne" di B. Tobagi, il libro vincitore del Premio Campiello

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Ludovica Passeri

Ludovica Passeri

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L'autrice Benedetta Tobagi vuole restituire dignità e centralità al ruolo delle donne nella lotta partigiana, documentando l’intreccio della grande guerra di Liberazione con le “minuscole - ma per loro gigantesche - lotte di liberazione personale"

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“Povere, che già faticavano tanto anche solo a sopravvivere” e ricche “che avrebbero potuto andarsene in Svizzera o rimanersene al sicuro nelle proprietà di famiglia, in attesa di sposare un buon partito”:  Benedetta Tobagi, nel libro "La Resistenza delle donne" edito da Einaudi e vincitore della 61a edizione del Premio Campiello, le racconta tutte e lo fa con l’aiuto della memorialistica, dei documenti d’archivio, delle fotografie e della corposa bibliografia ereditata da tante studiose che prima di lei hanno fatto luce sul ruolo femminile nel movimento Liberazione. Il risultato è un libro che va oltre il resoconto, oltre il saggio accademico, e che vuole essere alla portata di tutti, in cui ogni storia si lega all’altra diventando trama di un racconto corale e avvincente, come le biografie delle sue protagoniste.

 

Un fenomeno complesso 

Un fenomeno complesso come quello delle donne nella Resistenza non può essere compreso se non attraverso tante chiavi di lettura diverse. Per questo la narrazione non scorre in una sola direzione, ma si irradia in un’infinità di storie individuali. Ne esce fuori un affresco in cui ogni protagonista è unica, pur nella somiglianza con l’altra. L’autrice si interroga su cosa abbia spinto tante ragazze a lasciare la “sicurezza di una vita in cui l’unica preoccupazione era non rimanere zitelle, fare figli e prendersene cura" e a mettere a repentaglio la propria esistenza irrompendo sulla scena. Ragazze su cui non gravava neanche lo spettro della coscrizione obbligatoria e che, nella gran parte dei casi, avrebbero potuto restare alla finestra aspettando che il peggio finisse. La gratuità della scelta e il mistero che l’avvolge è uno dei fili rossi che attraversano la narrazione. 

Le storie

C’è chi sceglie la Resistenza come Lea P. “perché ha imparato, sin da bambina, di meritare qualcosa di più e di meglio di ciò che vogliono farle credere, la società, la chiesa, i datori di lavoro”; chi interpreta il proprio essere madre, nel corpo o nell’anima, in senso militante mettendosi a disposizione della comunità; chi lo fa perché travolta da una rivoluzione interiore e da una sensazione di straordinaria libertà “senza aggettivi”; chi come Mafalda Travaglini perché è nata “con nel sangue l’antifascismo (...) e la voglia di non stare lì passiva”; chi la sceglie contro il volere del marito; chi per amore di un fratello, di un amico, di un compagno di vita o di scuola. “Gli uomini, insomma, sono importanti nella scelta di tante resistenti: riconoscerlo non sminuisce il loro valore né quello delle loro decisioni”, scrive Tobagi che, da storica prima che da scrittrice - mantiene saldo un punto di vista non ideologico, anche nei passaggi più sentimentali e appassionati.

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Restituire dignità alle donne come soggetti storici

In “La Resistenza delle donne” viene documentato l’intreccio della grande guerra di Liberazione con le “minuscole - ma per loro gigantesche - lotte di liberazione personale”. La guerra partigiana cessa di essere così un’esperienza circoscritta nel tempo e diventa l’esperienza fondativa non solo di una nazione, ma del femminismo che verrà. L’obiettivo stesso del libro è restituire dignità al ruolo delle donne negli anni del fascismo e della Seconda guerra mondiale, per troppo tempo catalogato come accessorio, laterale, ausiliario. Un'operazione, quella di dare il giusto spazio all'altra "metà della Storia", che si può potenzialmente estendere a tutte le epoche e a tutti i luoghi della Terra. Un auspicio universale che emerge in filigrana tra le pagine del libro. Non è un caso quindi che la dedica iniziale, subito dopo il frontespizio,  sia rivolta proprio "alle nostre “antenate”.

 

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