Essere Montagna, Jacopo Starace: "Il mio fumetto tra Miyazaki e Druckmann"

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Gabriele Lippi

Gabriele Lippi

Falcidiati da un epidemia e sommersi dai rifiuti, dei piccoli esseri che popolano il sottobosco cercano di affrontare vecchi e nuovi pericoli nella graphic novel pubblicata da Bao Publishing. L'intervista all'autore

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Una epidemia fungina ha stravolto il mondo e ridotto ai minimi termini il piccolo popolo degli Esseri Formica, creaturine antropomorfe microscopiche che popolano il sottobosco, salvate da un antidoto fatto piovere letteralmente dall’alto da giganti riconosciuti come divinità. Essere Montagna, nuovo fumetto di Jacopo Starace pubblicato da Bao Publishing (192 pagine, cartonato a colori, 23 euro), ha un forte messaggio ambientalista e un world building minuzioso e affascinante, con echi che vanno da The Last of Us a Miyazaki. Un’opera di notevole spessore narrativo e grafico di cui abbiamo parlato con l’autore.

Essere Montagna racconta di un mondo diverso dal nostro ma derivato dal nostro. Un futuro in cui ciò che conosciamo è stato devastato da una pandemia. Il Covid ti ha ispirato?
In realtà la prima ispirazione che ho avuto è stata raccontare un viaggio verso la guarigione, anche perché ho iniziato a scrivere Essere Montagna durante l’estate 2019, quindi appena prima che il Covid entrasse a gamba tesa nelle nostre quotidianità. La cosa interessante per me sta nel fatto che in questi ultimi decenni molti autori del mondo della letteratura, del cinema e del videogioco hanno affrontato il tema dell’epidemia planetaria e hanno immaginato come questa potesse ripercuotersi sull’io individuo, mettendo in atto una vera opera di preveggenza e immaginazione. Questo sta a significare che l’attesa del grande male che ci avrebbe sconvolto era già insita nella mente collettiva dell’umanità da molti anni, ed è stato interessante documentarmi sulle varie declinazioni che autori come - per citarne alcuni - Jack London (La peste scarlatta), Neil Druckmann (The Last of Us), Shinji Mikami, Tokuro Fujiwara (Resident Evil) o Hideo Kojima (Death Stranding) hanno tradotto e riportato attraverso i loro media di competenza. In un certo senso quindi sì, sono stato ispirato sia dalle loro personalissime epidemie, che ho cercato di portare nel mio libro mantenendo il più possibile il mio immaginario, sia anche alla pandemia che tutti noi stavamo esperendo agli inizi del 2020.

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I funghi sono grandi protagonisti della storia: sono la causa della pandemia ma allo stesso tempo sono portatori di speranza in questo popolo così piccolo che racconti. Mi viene in mente subito il parallelo con The Last of Us, data l'attualità della serie tv. Sei un fan del gioco?
Assolutamente sì! The Last of Us è uno dei giochi che ho più amato, sia per lo storytelling magistrale sia per il modo con cui mi ha fatto empatizzare, non solo con i protagonisti, ma con tutto l’impianto scenografico che a poco a poco veniva riconsegnato alla natura. Natura di cui anche il fungo cordyceps fa parte. A differenza del capolavoro di Neil Druckmann però, in Essere Montagna troviamo un morbo meno violento ma comunque brutale, in quanto ha la peculiarità di trasformare tutti gli esseri viventi in statue fungine. 

Cosa sono gli esseri formica? Da dove vengono?
Gli esseri formica sono esserini alti qualche millimetro che abitano il sottobosco. Sono creature che col tempo si sono adattate a vivere in simbiosi con i rifiuti che creature più grandi di loro hanno abbandonato nelle foreste, si può dire che sono degli ottimi riciclatori. Durante il world building di Essere Montagna avevo bisogno che l’epidemia fosse infinitamente più grande dei protagonisti di questa storia, che fosse quasi insormontabile. Per questo ho optato per degli esseri piccolissimi. Se una normale epidemia può avere un effetto distruttivo su esseri umani come noi, quanto può essere nefasta per creaturine piccole come gli Esseri Formica?

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Il tuo è un fumetto molto ambizioso, con un world building complesso e architetture intriganti. Quanto tempo c'è voluto per costruire il contesto in cui far muovere i tuoi personaggi?
Tantissimo. Ho costruito il mondo di Essere Montagna insieme ai miei editor francesi di Éditions Sarbacane, che sono stati puntigliosi e performanti. Secondo loro avrei dovuto sapere tutto il mio mondo a memoria, sapere come funzionasse la società, chi fosse a capo della chiesa, chi a capo del villaggio, chi fossero i vari personaggi e che funzioni avessero, quante squadre operassero, quali fossero i villaggi vicini, eccetera. Questo perché tutto fosse assolutamente coerente e in effetti, grazie a questo enorme lavoro preventivo, sono riuscito a non spiegare troppo del mondo di Essere Montagna. Questo mi ha aiutato tantissimo a essere  il meno didascalico possibile, così da non inserire informazioni non necessarie e annoiare molto meno il lettore, restando però sempre credibile.

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Dal punto di vista grafico e per ambientazione, Essere montagna mi ha fatto venire in mente anche i grandi classici dell'animazione giapponese. C'è un po' di ispirazione che arriva anche da lì?
Certo, mi ha insegnato molto di più Hayao Miyazaki di tutti quanti i maestri e insegnanti che ho avuto nella mia vita. In Essere Montagna c’è un po’ di Mononoke, un po’ di Arietty - Il mondo segreto sotto il pavimento e senza dubbio anche un po’ di Nausicaä della Valle del vento. Adoro come Miyazaki riesca sempre a raccontare l’essenziale con una poesia tale da farti diventare tu stesso un protagonista delle sue opere. C’è sicuramente anche un po’ di Fumito Ueda(The Last GuardianIco e Shadow of the Colossus), autore a cui mi ispiro sempre per le atmosfere sospese e rarefatte e la sua solitudine che irrompe come un dolce macigno.  Ma il film a cui mi sono più ispirato per questo libro è sicuramente “Una tomba per le lucciole” di Isao Takahata. 

Noi esseri montagna abbiamo qualcosa da imparare dagli esseri formica? Siamo ancora in tempo per salvare il nostro mondo e quello dei nostri coinquilini su questo pianeta?
Siamo ancora in tempo. Credo. La peculiarità del cataclisma ecologico in atto è che è tremendamente silenzioso. Questo fattore è la cosa che più mi terrorizza. Mettiamoci anche il fatto che l’uomo si abitua in fretta alla fenomenologia degli eventi e riesce ad adattarsi a ogni contesto, sempre più velocemente e sempre meglio. Forse il rischio di questo silenzio è che arriveremo a un punto nevralgico in cui non riusciremo più a comprendere il cataclisma in atto ma anzi lo riconosceremo come normalità.

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