"Vento di libertà" è l'opera prima come autore completo del disegnatore siciliano Lelio Bonaccorso. La storia - a metà tra mito e realtà - di due ragazze che guidarono i messinesi alla rivolta contro i francesi: 1282, i Vespri siciliani sono una delle prime riuvoluazioni di popolo. E parlano, anzi gridano, al femminile
Chi lo ha detto che le donne hanno trovato un proprio ruolo nella Storia solo con l’evo moderno? Che per secoli sono state ‘solo’ mogli di, amanti di, madri di? La Storia la scrivono gli uomini, intesi come maschi: e molto spesso, di regola quasi, il ruolo delle donne “scivola nel silenzio”, come scrive Nadia Terranova nella prefazione di Vento di libertà (Tunuè, 160 pagine, 16 euro), il nuovo grafic novel del disegnatore Lelio Bonaccorso – qui al suo esordio come sceneggiatore – che racconta la Storia dei Vespri siciliani attraverso le gesta di due paladine simbolo della città di Messina: Dina e Clarenza.
"Degli uomini sappiamo sempre tutto, delle donne no"
“Gli uomini hanno sempre raccontato la storia a modo loro, piegandola a una versione maschilista e patriarcale dei fatti, ovvero lasciando che il talento, la forza e la capacità delle donne scivolassero nel silenzio; degli uomini sappiamo quasi sempre tutto, delle donne quel poco che siamo riusciti a salvare dalla cancellazione”: così la scrittrice messinese Nadia Terranova, finalista al Premio Strega 2019 con Addio Fantasmi, introduce l’opera – a metà tra Storia, mito e fantasia – del concittadino Bonaccorso, con cui un anno fa pubblicò il grafic novel Caravaggio e la ragazza, dove i temi della rivolta al femminile e della forza della città sullo Stretto erano già centrali (leggi qui la loro intervista). “Sentivo l’esigenza di raccontare una pagina importante della nostra storia come i vespri siciliani ma anche la storia di due donne che precorrono i tempi – spiega a Sky Tg24 Lelio Bonaccorso –, e ricordare ai siciliani e ai messinesi quello che eravamo: spesso queste tradizioni sono dimenticate, e se non sai chi sei, non vai avanti... Ringrazio la direttrice dalla collana Ariel di Tunuè, Simona Binni, che mi ha spinto ad andare avanti in questo progetto, senza di lei il libro non esisterebbe”.
1282, Messina insorge guidata da due donne
Le due protagoniste al femminile si muovono in un contesto storico molto duro, circondate da combattenti uomini: siamo nel 1282, la rivolta contro l’oppressore angioino sfocia nel sangue, la lotta contro i soprusi e le ingiustizie diventa lotta per la sopravvivenza, Dina e Clarenza non solo non si tireranno indietro ma capeggeranno la popolazione nell’impari sfida all’esercito francese di Carlo I. “Dina e Clarenza sono esistite realmente – continua Bonaccorso -, e realmente combatterono in prima linea; sono menzionate anche nelle cronache dell’epoca. Peraltro, mentre le leggevo per documentami, mi sono imbattuto in tale ‘dottor Bonaccorso’ e lì ho pensato: ‘è un segno del destino, la devo proprio raccontare questa storia’!”.
Un tratto più caricaturale
Dal punto di vista squisitamente fumettistico, questo libro ha una genesi che si intreccia col precedente Caravaggio e la ragazza e ne segna l’ideale sviluppo. “Ho iniziato quasi tre anni fa a lavorare su Vento di libertà, e solo dopo ho cominciato quello su Caravaggio, ma l’ho finito prima perché era più breve”. Quindi in Vento di libertà si vede l’evoluzione dello stile del disegnatore siciliano: “È un po’ più stilizzato, più grottesco, più caricaturale: è una precisa scelta, mi sarebbe piaciuto fare un lavoro più ‘in stile Disney’ – per loro ho realizzato alcuni numeri della miniserie sui Pirati dei Caraibi – poi strada facendo mi sono reso conto che ho sviluppato un tratto meno vicino ai gusti del pubblico di massa”.
L'affermazione dell'indipendenza contro i soprusi
Storie di donne, e che donne. Col vento siciliano che porta libertà: lo scirocco. “Volevo raccontare storie anche poco conosciute – conclude Bonaccorso – di donne forti, emancipate, che precorrono i tempi, anche alcune brigantesse del periodo post unità d’Italia sono figure molto particolari, poi ho optato per Dina e Clarenza, due miti per la città di Messina ma poco conosciute fuori dall’isola. Donne che hanno combattuto, accanto e alle volte meglio degli uomini, respingendo soldati molto meglio armati, facendo conoscere al nostro Paese la prima rivoluzione popolare. Dei Vespri siciliani si sa relativamente poco, è un esempio ‘pericoloso’ da propagandare, la gente all’epoca agiva e non restava ferma davanti alle difficoltà e alle storture, oggi abbiamo una maggior passività gattopardesca, per restare in tema siciliano, queste due donne rappresentano l’affermazione dell’indipendenza contro i soprusi”. Tutto bene, quindi, alla fine? “No. L’errore finale fu passare da un dominio dispotico, quello degli angioini, a un altro solo inizialmente diverso, ma di fondo uguale come tutti i domini, quello degli aragonesi. Non è stato fatto quel ‘salto di coscienza’ che sarebbe arrivato solo molti secoli dopo. Come per la Sicilia, isola ‘femmina’ e fiera, così per le donne che ne incarnavano gli ideali”.