Murder Ballads, Micol Beltramini: "Narrare omicidi è stato catartico"

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Gabriele Lippi

Cinque storie di omicidi e violenza, vere e terribili, raccontate in un fumetto antologico pubblicato da Mondadori Oscar Ink. La sceneggiatrice: "L'horror è sempre stato il mio genere preferito, ha tutto, e poi mi piace l'idea di raddrizzare i torti con le narrativa"

Bambini lasciati a morire nei boschi, padri che massacrano i figli, donne gettate morte in un fiume. Sono le Murder Ballads di Micol Beltramini e Daniele Serra (Mondadori Oscar Ink, 176 pagine, 20,90 euro), in uscita in libreria e fumetteria il 26 ottobre. Cinque storie macabre, sanguinose, violente, vere. La cronaca nera ha da sempre affascinato l'essere umano, che prima ancora di raccontarla sui giornali ha iniziato a dedicarle delle ballate. Una tradizione proseguita poi nel XX secolo e arrivata fino ai grandi cantautori come Nick Cave e Fabrizio De Andrè (sì, c'è anche lui nel libro, e basta leggere la copertina per intuirlo). Le parole di Micol Beltramini accompagnano dolcemente il tratto elegante di Daniele Serra, che cambia stile da una storia all'altra, passando dal carboncino all'acquerello con disinvoltura e maestria, in un fumetto antologico di spessore elevato. “Volevo scrivere di Murder Ballads da quando ho ascoltato il disco di Nick Cave del '96”, racconta Micol Beltramini.

Murder Ballads
Mondadori

Come è venuta l’idea?
Sia io che Daniele siamo prima di tutto fan di Nick Cave che nel '96 ci ha ricordato cosa erano le Murder Ballads con quel disco diventato molto famoso anche grazie al video di Where the Wild Roses Grow con Kylie Minogue. Da allora mi era rimasta la voglia di lavorare col concetto di Murder Ballads.

Quello che la cronaca nera ha sull'essere umano è un fascino quasi atavico.
Sì, e le Murder Ballads lo incarnano da tempo. La prima storia raccontata nel libro, Bambini nel bosco, è di epoca medievale, ma ci sono anche ballate celtiche molto antiche. Il principio è lo stesso che sta dietro ai poemi omerici o a Dante che mette nella Commedia fatti di cronaca dei suoi tempi. Proprio per la loro forma di canzone, le ballate sono particolarmente adatte a ospitare la celebrazione di un fatto di cronaca.

Come è nato il progetto?
Daniele un giorno mi ha chiesto una storia per provare la matita grassa che si vede nel primo capitolo. Voleva una storia dark, romantica e possibilmente ambientata in un bosco. Erano coordinate strane, mi sono ricordata del mio amore per le Murder Ballads e mi sono detta “magari ne trovo una che ha queste caratteristiche”. Così è stato: è la storia da cui ha avuto origine la fiaba di Hansel e Gretel. L’idea di farci un libro è nata dopo perché ci era piaciuto molto lavorare su quella storia. Così abbiamo deciso di continuare.

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Sono sei storie indipendenti eppure sembra esserci un filo narrativo unico.
C'è una progressione che inizialmente era solo in ordine cronologico, ma poi ci siamo accorti che rispecchiava anche un po’ l’ordine della tipologia delle storie, da un passato remoto a un tempo più vicino a noi con La Canzone di Marinella, ispirata a un fatto di cronaca degli anni '50.

Come hai selezionato le storie?
Le prime le ho scelte perché più belle, affascinanti e truci. Le ultime due sono state fortemente volute da Mondadori quando ha accettato il libro, ci ha chiesto di farne cinque e non tre, e ha chiesto che due fossero italiane. Noi abbiamo detto di sì e devo dire che a me piace il modo in cui il volume è venuto. Tutto sommato c’è una certa omogeneità. Come se una ballad cadesse a ridosso dell’altra.

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Pochi balloon, didascalie spesso brevi, tanto spazio al racconto tramite immagini. Quanto è stato faticoso il processo di sceneggiatura di questo libro?
Io sceneggio disegnando la pagina, con i miei poco potenti mezzi, ma dando un’idea completa al disegnatore di che cosa ho bisogno perché sono un po’ ossessivo-compulsiva. Quelle didascalie brevi di cui parli le ho rifatte mille volte perché dovevano suonare perfettamente in punti precisi della narrazione. In alcune storie, soprattutto quella all’acquerello, mi è piaciuta regalare a Daniele tante splash per valorizzare il suo modo di disegnare. Il massacro di Natale è più in stile Mignola e anche la narrazione è diversa. Prima di iniziare le Murder Ballads mi sono completamente isolata dal fumetto contemporaneo e mi sono immersa in Sandman e nel suo universo, in quel tipo di narrazione, in lavori come Swamp Thing. La cosa che amavo più di Sandman era che sperimentava tanto con le immagini e le illustrazioni.

Qual è la storia che ami di più?

Questa è una domanda che ci siamo fatti spesso io e Daniele ma non sappiamo decidere. Posso dire che il mio personaggio preferito è la Mary Pirimpò dell’ultima storia. La più completa è forse quella del Massacro di Natale, ma in realtà ci piacciono tutte per ragioni diverse. Bambini nel bosco, la prima che è nata, è di tantissimo tempo fa e avevamo il dubbio che fosse troppo ingenua, ma rileggendola ci piace anche lei, forse ci sta che sia più ingenua trattandosi di una storia di bambini.

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Che effetto ti ha fatto scrivere queste storie?
In realtà è stato catartico. Mentre scrivevo eravamo in piena pandemia e mia mamma stava morendo di tumore al cervello, una situazione resa ancora più disastrosa proprio perché ci trovavamo dentro la pandemia. Ho sfogato tanto in queste ballad, e per quanto possa suonare strano, ho trovato estremo piacere a raccontare di massacri e correggere narrativamente delle ingiustizie, a portare il lettore nel bosco e poi fuori dal bosco. Non penso di sembrare matta in questa cosa, non ho problemi a dire che mi ha aiutato molto. Fin da piccola il mio genere preferito è sempre stato l’horror, ho letto tutto quello che c'era da leggere di Stephen King, e se oggi devo cercare una serie tv, cerco un horror. È un genere che contiene tutto: paura, morte, desiderio di vendetta, catarsi, un sacco di amore.

Ci sarà un seguito di Murder Ballads?
Io e Daniele stavamo pensando che ci piacerebbe tantissimo fare Murder Ballads 2 e 3, o magari dedicarci a raccontare di serial killer, degli omicidi più efferati. Amo avere a che fare con una storia che è successa e cercare di darle un angolo narrativo diverso. Mi piace di più che lavorare sulle storie esclusivamente mie. Però prima vediamo se questo libro piace, poi nel caso ne proporremo tanti altri. Ci siamo divertiti tantissimo, è stata una delle esperienze migliori per noi, ci piacerebbe tenere questo team.

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