Alla conquista della Lombardia, i 5 vini della Milano Wine Week

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Paolo Fratter

Per la nostra rubrica "Dimmi 5 vini", siamo andati alla Milano wine week, 300 diversi eventi che si snodano attraverso tutta la città con ogni distretto associato a un consorzio particolare: a Brera il Franciacorta, sui Navigli il Chianti, in Galleria il Brunello, l'Oltrepò in zona Eustachi, etc. Alla fine, come sempre, ci siamo fatti suggerire 5 vini, con un'unica indicazione: che fossero prodotti tutti da cantine a circa un'ora di macchina da Milano

A Milano, da quando si sono allentate un po' le maglie delle necessarie restrizioni imposte dai decreti, pur con tutte le cautele del caso, è tutto un susseguirsi di eventi. Non ha fatto a tempo a chiudere i battenti il Supersalone che è iniziata la settimana della moda e, come gli ultimi vestiti sono stati riappesi sulle grucce, è partita la Milano Wine Week. Eventi diversi, ma legati da un filo comune: sono tra i primi a svolgersi in presenza, dopo i vari lockdown che si sono succeduti, e hanno a che fare con una città che finalmente torna ad aprirsi, lanciando un forte messaggio di ripresa.

La genesi della Milano Wine Week

Tra tutti, non ce ne vogliano appassionati di fashion e design, aspettavamo con trepidazione quello che si sta svolgendo proprio in questi giorni: la Milano Wine Week, evento piuttosto recente, nato nell'ottobre del 2018, ma già entrato nel cuore degli appassionati.

 

"Ho iniziato a lavorare in questo campo più di 10 anni fa, nel 2009, con Milano Food Week", ci racconta Federico Gordini, presidente della MWW. "Cominciavamo a raccontare ai milanesi le nostre eccellenze in ambito enogastronomico, cavalcando il mondo dello star system della cucina che nasceva proprio in quel momento. I primi chef che arrivavano erano timidissimi, ma dopo soli due anni, già arrivavano col manager, l'autista, il truccatore, il parrucchiere, il cameraman. Siamo stati testimoni di un'espansione pazzesca. Nel 2012, in un cooking show, abbiamo fatto una serata in cui partecipavano Chiara Maci (una delle food blogger più seguite in Italia, ndr) e Chiara Ferragni. Se facessi lo stesso evento oggi, farei gli ascolti del discorso di Mattarella. Da lì in poi, abbiamo fatto tutta una serie di esperienze che ci hanno portato a dare il via alla Milano Wine Week".

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Ogni quartiere, un consorzio

Una settimana caratterizzata da 300 appuntamenti diversi, che si snodano attraverso tutta la città. I quartieri si trasformano in distretti enoici, legandosi a un particolare Consorzio: ristoranti, bar ed enoteche si attivano così per organizzare degustazioni con i vini della regione di riferimento. È un modo per vivere un'esperienza, legata a un territorio particolare, ma nel centro di Milano. Quest'anno sono dieci in tutto, in aumento rispetto all’anno scorso. Tra gli altri, a Brera c’è il Consorzio per la tutela del Franciacorta, sui Navigli, il Consorzio del Chianti, in Galleria Vittorio Emanuele II il Brunello di Montalcino, l’Oltrepò Pavese in zona Eustachi/Plinio.

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Oltrepò, mon amour

Abbiamo deciso di concentrarci su quest’ultimo per quattro ordini di motivi: il primo è che è una denominazione di cui si parla sempre troppo poco; il secondo è che riserva spesso delle sorprese, con delle chicche a volte sorprendenti; il terzo è che si trova davvero a pochi km da Milano, il cuore della Wine Week; il quarto e più importante è che Federico Gordini, è originario proprio di quei luoghi, di Canneto per la precisione, e conosce molto bene quella realtà.

 

"Ci sono produttori che stanno cercando di valorizzare quel territorio, che alzano l’asticella", ci racconta. "Tanti produttori interessanti sia per la bollicina, sia per la produzione in rosso. Ci sono Giorgi, Monsupello, Mazzolino, Travaglino e, sempre su quel versante, la cantina Prime Alture e la tenuta Frecciarossa, produttori che stanno facendo la differenza. Non solo grandi aziende: hai anche tutto un mondo di vignaioli molto interessanti. Te ne cito due: Andrea Picchioni e Paolo Verdi, che sono artisti assoluti. In modo diverso, è tutta gente che sta investendo in modo forte sul territorio. Stiamo parlando di un piccolo numero di produttori rispetto al totale, ma la direzione è quella giusta". Come quella intrapresa dalla Milano Wine Week che conta già un sostanzioso incremento di presenze rispetto al 2019.

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Dimmi 5 vini

Non solo qualche suggerimento sull’Oltrepò. Come sempre, fedeli allo spirito della rubrica "Dimmi 5 vini", abbiamo chiesto a Federico Gordini di dirci le sue 5 bottiglie del cuore, quelle più rappresentative della Milano Wine Week. Con un unico vincolo: che siano prodotte da cantina raggiungibili da Milano più o meno con un’ora di macchina. Eccole!

 

  1. Partiamo dalla Franciacorta. Qui sicuramente ti dico il Palazzo Lana di Berlucchi, punta alta della loro produzione. È un luogo simbolico anche per la Milano Wine Week: proprio lì abbiamo inaugurato l’edizione del 2019. Inoltre, ha una storicità per il territorio della Franciacorta, qui è custodita la primissima bottiglia di Franciacorta. La Milano Wine Week ha voluto omaggiare questa cantina e il suo territorio, organizzando i Wine Tour: è stato il primo luogo che è stato possibile raggiungere sin dalla seconda edizione. La Franciacorta è un valore assoluto da valorizzare.
  2. Poi parliamo di Ca' del Bosco Franciacorta Cuvee Anna Maria Clementi. Siamo di fronte a uno straordinario innovatore, una personalità che ha creato un progetto, una cantina che dimostra non solo un altissimo livello qualitativo, ma anche un progresso tecnologico che si mixa l’innovazione all’attenzione all’arte, come dimostrano le installazioni all’interno della cantina. Una delle cose che stupisce in questa cantina è questo sistema di lavaggio delle uve. È una cantina che ha innovato i i processi, è un simbolo della modernità, della tecnologia, dell’innovazione. È una struttura affascinante ed è una meta imperdibile del territorio. Dietro tutto questo c’è una mente geniale del vino Maurizio Zanella. Il Ca' del Bosco Franciacorta Cuvee Anna Maria Clementi è un omaggio alla mamma di Maurizio 
  3. 5 STELLE Sforzato di Valtellina DOCG Nino Negri non può mancare nella mia lista: perché è un simbolo della Valtellina che è un territorio di eccellenza, simbolo di questa viticoltura di montagna che va sempre più valorizzata, un territorio così affascinante ma difficile, con vigne raggiungibili solo con tre ore di cammino, maturazioni diverse dei vari terrazzamenti che hanno un’esposizione al sole completamente diversa tra di loro, la grande componente di questo Nebbiolo di montagna, che loro chiamano Chiavennasca. La Valtellina deve essere sempre più riconosciuta perché è un’interpretazione unica di questo vitigno. È Il frutto di un lavoro, dal punti di vista agricolo, così pesante da sostenere e poetico al tempo stesso, che non può che essere un vino del cuore.
  4. L’Oltrepò è il mio territorio, la mia terra d’origine. Un solo vino per me è davvero difficile. A livello di legame personale non posso non citare due eccellenze: il Pinot Nero Pernice di Conte Vistarino. Rocca di Giorgi all’interno della Tenuta è una vera perla del territorio. Poi il Buttafuoco Storico Vigna Solenga di Giulio Fiamberti, prodotto in un altro versante del territorio: le sue vigne per me sono "casa", lì sono cresciuto durante le mie estati in Oltrepò. 
  5. Ultimo una chicca, un’eccellenza della Lombardia: il Moscato di Scanzo di Pagnoncelli Folcieri. Questa è la dimostrazione di come una piccolissima denominazione stia dando valore aggiunto sui suoi prodotti. Dopo territori che danno grandi produzioni, il Moscato di Scanzo è davvero una nicchia che ha raggiunto però livelli molto alti sul mercato.

           Infine, una bonus Track: non può mancare il Chiaretto di Cà Maiol, un vino che               identifico con la sponda lombarda del Lago di Garda. Desenzano e Sirmione            sono luoghi in cui appena posso scappo. Cà Maiol  è Lugana, ma per me è            soprattutto Chiaretto: in particolare, il Valtènesi Riviera del Garda Classico            D.O.P. Chiaretto, chiamato Roseri per la delicatezza del suo profumo che            ricorda  un bocciolo di rosa. Era il vino dei notabili milanesi di un tempo, che            brindavano nel bar della Galleria, dopo la messa in Duomo. Oggi che il rosè è            tornato di moda, il Chiaretto torna a sua volta in auge con la sua finezza e la             sua eleganza. 

 

Questo è tutto. Per suggerimenti e curiosità, non esitate a scriverci all'indirizzo dimmicinquevini@gmail.com

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