Dimmi 5 vini, le 5 bottiglie che hanno ispirato il miglior sommelier d'Italia

Lifestyle

Paolo Fratter

Abbiamo fatto una chiacchierata con Marco Reitano, chef sommelier de "La Pergola", unico ristorante con tre stelle Michelin della Capitale. E' lui a gestire una pluripremiata carta dei vini da 3.500 bottiglie, espressione di una cantina che ne conta 70.000.  Gli abbiamo chiesto del suo lavoro, qualche consiglio e quali siano i suoi 5 vini della vita.  Fino a oggi.

Immaginate di immergervi in una cantina con pochi eguali nel mondo, in cui sono conservate qualcosa come 70 mila bottiglie e che ha ispirato una carta dei vini premiata col riconoscimento più ambito e autorevole in questo ambito: il “Grand Award” della rivista americana Wine Spectator, assegnato solamente a 100 ristoranti al mondo.

Per un appassionato rappresenterebbe un’esperienza paragonabile a quella, che so, di Dorothy nel paese di Oz , di Harry Potter a Diagon Alley, di Charlie Bucket nella fabbrica di cioccolato, di Scrooge alle prese con gli spiriti del Natale . Insomma, avete capito…

Una cantina che oltre ad avere una selezione vastissima, ha una profondità di annate unica che comprende un periodo di circa due secoli e può contare su delle chicche rarissime, come il mitologico Chateaux d’Yquem del 1893, un’annata a dir poco leggendaria (se ci state facendo un pensiero, sappiate che potrebbe non bastare vendere la vostra monovolume superaccessoriata).

 

IL MIGLIOR SOMMELIER D'ITALIA

Abbiamo creato abbastanza aspettative? Sì? Perfetto. Stiamo parlando della cantina del ristorante “La Pergola”, di Heinz Beck, unico tristellato della città eterna. A gestirla da più di un quarto di secolo, a “curarla come un figlio” per usare le sue stesse parole, c’è Marco Reitano, figura di riferimento per la sommelierie italica e non solo, tanto apprezzato da fare incetta, a sua volta, di riconoscimenti di ogni tipo. Uno degli ultimi è arrivato dai maggiori critici dell’enogastronomia italiana (tra cui Clara Barra, Luciano Ferraro, Daniele Cernilli e Guido Barendson) che lo hanno insignito del titolo di “Miglior sommelier d’Italia”, un premio a una grande competenza acquisita in tanti anni di studio e di assaggi, a un naso sopraffino e a una conoscenza quasi enciclopedica del mondo del vino, tutto bilanciato, però, da una personalità schietta e verace, capace di creare subito una certa empatia con clienti e produttori. Qualità che non è sempre facile trovare in un certo tipo di contesti.

Come non è facile gestire una carta dei vini di questo tipo. Ci sono nuovi arrivi ogni giorno, con tutte le conseguenti modifiche del caso: tutto è catalogato perché di ogni vino bisogna annotare, attraverso due diversi software gestionali, provenienza, costi e posizione all’interno della cantina.  Un lavoro per cui servono 2 assistenti sommelier, 3 magazzinieri, una figura di riferimento nell’ufficio acquisti e in quello amministrativo. Abbiamo chiesto anche a lui di dirci i suoi 5 vini del cuore e vi anticipiamo che sono 5 mostri sacri dell’enologia mondiale. Poteva essere diversamente? Prima però, gli abbiamo fatto qualche domanda per capire qualcosa in più rispetto al suo mondo.

 

Come hai iniziato?

Il mio percorso nel mondo del vino è cominciato casualmente. Lavoravo in hotel duranti gli studi per garantirmi una “paghetta” settimanale, ma l’incontro con la ristorazione si è poi rivelato fatale, tanto da farmi abbandonare i programmi universitari. La Pergola aprì nel 1994: casualmente fui messo in squadra li una sera per dare una mano in una delle prime cene con maggiore affluenza, “prelevato” da un party a bordo piscina dell’hotel dove stavo facendo servizio bar. Il mio impegno fu notato dall’allora manager che in breve tempo mi propose un contratto e un programma di formazione sui vini a lungo termine che non lasciò indugi alle mie scelte, e che mi avrebbe poi portato alle conoscenze che ho oggi. La passione mi catturò a 360 gradi: la scuola sommelier in Italia, i corsi in California presso U.C. Davis, gli studi in Francia e Australia, sono solo alcune delle tappe che hanno caratterizzato i miei primi anni nel mondo del vino

 

Dai primi anni fino a oggi, hai cercato di dare credibilità a un’intera categoria, tanto che da qualche anno hai fondato un’associazione (n.d.r. “Noi di sala”) che si occupa, tra le altre cose, della formazione del personale di sala. Quali sono i consigli che dai ai tuoi allievi?

Il mio suggerimento per le nuove leve è quello di studiare, documentarsi continuamente, viaggiare, “assaggiare” il più possibile!! Il sommelier professionista deve essere costantemente aggiornato, ma allo stesso tempo deve mantenere una buona dose di umiltà in quello che è un settore dove troppo spesso le ambizioni sfociano in un fuoco di paglia.

 

Anche perché, nel tempo, il vostro lavoro è cambiato molto. Qualche anno fa i clienti, per lo più, avevano una conoscenza approssimativa di questo mondo, ora tante persone si appassionano, frequentano corsi, hanno un’idea più chiara di quello che desiderano bere. Era meglio prima o adesso?

Il cliente di oggi è molto più informato sui vini che in passato, è vero. Si viene a contato con moltissimi appassionati, conoscitori, che hanno consolidato un gusto personale e sanno bene cosa bere, ma anche con molti neofiti che sull’onda “modaiola” del vino vorrebbero saperne di più, e sono ovviamente disorientati dalla vastità della materia. Nell’uno o nell’altro caso io cerco sempre di dare il massimo, il meglio ad entrambe le categorie. Il mio ruolo al ristorante non è certamente quello di “insegnare”, ma il vino è condivisione e, se mi viene richiesto, do sempre consigli con piacere.

 

A proposito di consigli, una richiesta particolare che ti ha fatto un cliente? O un aneddoto particolare?

“Il cliente ha sempre ragione”, questo diktat è alla base della mia professione. Certo, soddisfare tutte le richieste non è sempre facile, ma il cliente deve andar via dal ristorante soddisfatto! Ovviamente il mondo del vino è talmente vasto, così come tante possono essere le abitudini personali, da ritrovarsi sovente in situazioni di disappunto per cui l’ilarità è sempre una buona soluzione. Ecco allora che vengono storpiati i nomi dei vini/vitigni (è il caso del “degustraminer”), o che addirittura vengano richiesti dei “vini bianchi che somigliano all’acqua”. Giuro, è vero.

 

"Degustaminer" a parte, c’è un vino che hai “scoperto” recentemente e di cui sei particolarmente orgoglioso?

Il recente lockdown non mi ha dato grandissime opportunità di ricerca/scoperta di nuove etichette, però mi ha fatto molto piacere vedere tantissime persone bere ed esaltare vini considerati delle “novità”, su cui io ero in realtà arrivato già 5 anni fa (n.d.r. ride)

 

Sbilanciati un po’, su…

Una delle ultime scoperte è stato il “Martissima Collio bianco 2019” di Marta Venica. Un’esplosione di frutto e dinamicità, morbido e sapido al contempo, veramente di grande stimolo al palato

 

E tu? Nella tua cantinetta di casa che vini hai? Cosa beve Marco Reitano?

A casa bevo di tutto e amo condividere il vino con i miei amici e familiari. Ogni occasione è quella giusta per aprire una buona bottiglia di vino, anche perché il tempo libero in realtà è sempre meno! Negli ultimi tempi apprezzo molto l’eleganza, il frutto, il piacere di beva di alcuni vini rossi giovani, da bere freschi, e che non mancano mai nel mio frigo!

 

Tipo?

Tipo l’Etna rosso 2019 di Graci, elegantissimo e beverino o il Vermentino nero 2020 di Lunae Bosoni, tutto giocato sulla freschezza: bevendolo, sembra quasi un vino bianco

 

I social network hanno cambiato il modo in cui la gente sta a tavola, al ristorante? Hai notato qualche cambiamento nella clientela de “La pergola”?

Un ristorante come La Pergola rappresenta un’occasione perfetta per distinguersi sui social network, per via della fama ovviamente, ma anche per l’opportunità di poter vivere una serata all’interno di un vero e proprio “set” dove dar libero sfogo al proprio estro artistico e mostrarlo a tutto il mondo. È il caso delle centinaia di fotografie che vengono scattate a piatti colorati e scenografici, agli accessori, e i tanti selfie anche con il proprio chef o sommelier preferito! È un impegno maggiore per chi come me lavora in sala sì, ma in realtà il rischio più grande è quello di far freddare i piatti!!

 

C’è tutta una nuova frontiera di giovani produttori che ha deciso di sposare l’approccio biodinamico. È un argomento molto divisivo questo tra gli appassionati: c’è chi ama questo tipo di proposta, chi se ne tiene alla larga, preferendo un’impostazione più tradizionale. Tu, che idea ti sei fatto?

Il mondo del vino è un fermento continuo e rispetto ad altri settori alimentari mode, evoluzioni e cambiamenti sono all’ordine del giorno. Questo ha generato una quasi affannosa ambizione nei giovani viticoltori che, affascinati dall’esaltazione di alcuni metodi produttivi quali la biodinamica, e nell’intento di emulare alcuni miti (cosa peraltro difficile se non si hanno almeno 30 anni di esperienza), rispondono al mercato con una produzione che in realtà non ha basi molto solide, ma si affida di più alla comunicazione e al marketing. Io sono un buon osservatore e degustatore ovviamente e non ho mai avuto un atteggiamento di “estremismo vinicolo”. Amo i vini giovani come i vini vecchi, quelli delle grandi aziende come quelli delle piccole, i vini più tecnici alla stregua di quelli biodinamici. Certo, le mie scelte avvengono sempre ed esclusivamente dopo un attento “assaggio”.

 

DIMMI 5 VINI

 

E di attenti assaggi Marco ne ha fatti decine di migliaia, nella sua carriera. Alla fine questi sono i 5 vini che, tra tutti, lo hanno emozionato di più. A scorrere la lista, non è difficile credergli

 

  1. Dom Pérignon P3 1985. "È la quintessenza di Dom Pérignon. Affinato sui lieviti per oltre 30 anni, mostra tutto il potenziale d'invecchiamento di questo raro Champagne. Un assaggio stellare in un gioco infinito tra spezie e toni erbacei/minerali"
  2. Romanèe Conti 1917.  "Un vino impagabile, impresso nella mia memoria quasi come se lo avessi bevuto stamattina. Dal colore incredibilmente brillante, stupisce per l'acidità ancora agile, marcata dalla caratteristica nuance di lampone e frutti di bosco"
  3. Conterno Barolo Monfortino 1958. "Un mostro. Difficile trovare altri vini che dopo 60 anni siano austeri come lui. È scuro, concentrato e si concede pochissimo in attesa di raggiungere la sua piena maturità. Ma quando???"
  4. Sassicaia 1985. "È il "king" in assoluto. L'ho provato più volte a distanza di anni, ma niente: è costantemente "inchiodato" nel suo involucro protettivo, con una struttura che lascia zero spazio a maturità e ossidazione. Ad oggi, per il mio palato allenato, pochi vini rappresentano una rivelazione come questo"
    N.d.r. Quella del 1985 è un’annata considerata leggendaria. Di più: tanti appassionati la considerano la migliore. Robert Parker (il potentissimo critico di “The Wine Advocate”) ha definito il Sassicaia 1985 il vino migliore in assoluto degli ultimi 50 anni. Lo ha fatto qualche anno fa, ma non ci sembra abbia ancora aggiornato la classifica
  5. Valentini Montepulciano d’Abruzzo 1990. "Questa bottiglia ha per me un valore inestimabile. Me la regalò il compianto Edoardo, prima della sua scomparsa. Ne ricordo la complessità ma anche il "tatto" vellutato all'assaggio, interpretazione di assoluta eccellenza. Un altro vino rosso così, in Italia, non è stato mai prodotto.
    N.d.r. Per i neofiti: “Edoardo” è Edoardo Valentini. Scomparso nel 2006, è stato una figura fondamentale nella storia del vino italiano, in grado di dare valore a vitigni, come il Montepulciano e il Trebbiano, su cui nessuno, prima di lui, aveva puntato. I vini prodotti nelle terre della sua famiglia, a Loreto Aprutino, in provincia di Pescara, sono ora apprezzati in tutto il mondo

 

 

Per suggerimenti e curiosità, non esitate a scriverci all'indirizzo dimmicinquevini@gmail.com

 

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