Minimum Fax pubblica "Caccia alle ombre", il thriller di uno dei grandi maestri del crime americano che chiude una trilogia inaugurata con "Città di morti" e proseguita con "Il fiore della notte". Anticipiamo qui le prime pagine del libro
Quella notte tuonava forte. Fuori la pioggia cadeva a secchiate, obliqua, e quando arrivarono giù il condotto era bagnato. Non c’erano scalini, e l’unica alternativa per calarsi era una corda, non esattamente la soluzione ideale per un sessantaduenne di centoquattro chili con un’ernia del disco e nessuna idea, una volta sceso, di come risalire. Mancavano poco meno di cinque metri al fondo, e più ci si avvicinava più intenso diventava il fetore. Perlopiù era puzza di fogna, ma c’era anche dell’altro, qualcosa di dolce, di marcio, diverso da tutti gli odori che ci si potrebbe aspettare di sentire in una normale giornata di lavoro. Attraverso la grata sopra di loro l’acqua scrosciava monotona e incessante. Dopo alcuni minuti trascorsi là sotto quel suono gli entrò in testa, come se a produrlo fosse il suo cervello anziché la pioggia. Presto sarebbe stato bagnato fradicio. L’interno del bavero si era trasformato in una spugna e i calzini assorbivano acqua, sciabordando nelle scarpe. Era uno di quei vecchi e grossi condotti con i sifoni che il comune aveva installato quasi cento anni prima. Intasati com’erano da foglie e sedimenti, avevano ufficialmente perso la loro funzione; eppure non straripavano mai, e dove andasse a finire l’acqua era un mistero per tutti. Subito dopo la guerra, alla fine degli anni Quaranta, il municipio aveva ricostruito l’intero sistema fognario, rendendo il precedente inutile e obsoleto. Quando la trovò era proprio lì, sul fondo, ripiegata su se stessa e incuneata tra i muri in pietra di un condotto che si infilava nella terra spugnosa come il collo di una bottiglia. Era a testa in giù, i capelli aperti a ventaglio e sparsi in una pozza profonda una trentina di centimetri. Foglie, carte di gomme da masticare e stecchi di gelato scorrevano lungo la superficie, incastrandosi tra le ciocche che fluttuavano dolcemente nell’acqua. A parte la calza fradicia incollata alla gamba destra, non indossava nient’altro. Nella mano sinistra stringeva una piccola pietra, come se alla fine l’avesse usata per difendersi. «Trovato qualcosa?» Pickering si calò con la corda, sbattendo contro il muro man mano che scendeva, poi si fermò dov’era, sbuffando e giocando con la luce della torcia sopra il cadavere. «Cristo». «Sembra che sia qua sotto da un pezzo», commentò Mooney. Pickering tirò su con il naso. «A giudicare dall’odore si direbbe di sì». Illuminata dalla torcia di Pickering, la faccia tonda e ghignante di McKloskey apparve oltre la grata, all’imbocco del condotto. «Be’?» «È decisamente qui».
«Morta?» «Che cazzo di domande fai?» «Qualche documento?» «Zero. Nuda come un verme». Pickering sghignazzò, ma si interruppe subito, spaventato dal suono rauco della sua stessa risata, che riecheggiava nella terra fredda. Sopra di loro McKloskey balzò in piedi, facendo cadere una pioggia di ghiaia lungo le pareti del condotto. «Non toccate niente. Il medico legale sarà qui a momenti». Rimasero lì sul fondo, con i musi lunghi e le scarpe bagnate, rannicchiandosi su un lato per proteggersi dalla cascata d’acqua che continuava a venire giù. Sentirono qualcuno parlare sopra le loro teste; nel frattempo erano sopraggiunte altre pattuglie. Il rosso tremolio dei lampeggianti rimbalzava contro il cielo basso e piovoso, scintillando come vernice fresca sui muri in pietra del condotto. Si trovavano subito dietro lo zoo, non lontano dal grande orologio con le figure di animali – gli orsi, i conigli e gli scoiattoli di bronzo – che uscivano ruotando, turbinando e piroettando allo scoccare dell’ora. Durante il giorno l’area brulicava di gente, piena com’era di turisti, bambini e tate che spingevano carrozzine, ma col buio poteva diventare piuttosto desolata, specie nel cuore dell’inverno, quando le giornate erano corte e le notti fredde e umide. Le foglie erano ancora a terra. Solo alcune, le più accanite, restavano aggrappate ai rami spogli, secche e avvizzite come i pochi superstiti di una battaglia terminata tanti anni prima in una sconfitta.
© Herbert Lieberman, 1989 Published by arrangement with The Italian Literary Agency © minimum fax, 2020 Tutti i diritti riservati
Tratto da Herbert Lieberman, "Caccia alle ombre", traduzione Raffaella Vitangeli, pp. 515, euro 20