Nei cinema, solo il 29 e il 30 ottobre, la pellicola dedicata al celebre ballerino, nato su un treno della transiberiana 80 anni fa, che ha rivoluzionato la danza classica ed è diventato poi un'icona. Una pellicola con filmati mai visti prima. La recensione
“Volete guardarmi? Prego. Sono Nureyev e voi no”. Un danzatore, il più grande di sempre. Un disertore, icona della Guerra Fredda. Un uomo estremo. Nell’anno in cui ricorre il 25esimo anniversario dalla sua scomparsa e l’ottantesimo dalla nascita, arriva al cinema il film “Nureyev” dedicato al tartaro volante*. Un film evento, firmato dai registi candidati al BAFTA Jacqui e David Morris, che sarà nelle sale solo il 29 e il 30 ottobre (QUI L'ELENCO). Una pellicola che, attraverso filmati mai visti prima, interviste da lui rilasciate, testimonianze degli amici di Rudy, come lo chiamavano le persone a lui più vicine, e critici dell’epoca, primo tra tutti Clement Crisp del Financial Times, ricostruisce con un'attenzione quasi filologica la vita del ballerino restituendo l’atmosfera storica di quegli anni: la Guerra fredda, la povertà di alcune zone dimenticate della Russia, la mancanza di libertà, fino agli eccessi degli anni ’80, alla caduta del Muro di Berlino e al dilagare dell’Aids.
Una storia da romanzo
La storia del ballerino che ha cambiato per sempre la danza classica diventando anche un'icona pop del suo tempo ha inizio su treno della transiberiana. La madre stava raggiungendo con i tre figli il marito militare a Vladivostok. Rudolf Nureyev nacque così, su un vagone, nei pressi di Irkutsk, in Siberia, il 17 marzo del 1938. Il film parte da lì, da quelle origini tartare di cui il danzatore andava fiero. Dalla povertà sofferta da bambino in un villaggio della steppa nei pressi di Ufa, in Baschiria, dove le famiglie mangiavano persino la corteccia degli alberi, e dalle figure femminili fondamentali per i suoi primi passi. Come la sua prima insegnante, Anna Udeltsova, che si accorse subito del suo talento, e la mamma, sempre dalla sua parte nella quotidiana battaglia con il padre che non voleva avere un figlio “femminuccia”. “Mi picchiava, ma io scappavo ogni sera e andavo a fare lezione” raccontava Nureyev.
La diserzione
Una tenacia, quella di Rudy ancora bambino, che lo avrebbe presto portato lontano: prima nella scuola di ballo del Kirov di Leningrado e subito dopo nella compagnia. In pochissimi anni il tartaro volante è diventato il danzatore di maggior successo del prestigioso corpo di ballo russo e poi, dopo la diserzione, del mondo. Era il 17 giugno del 1961 quando Nureyev, durante una tournée insieme con il Kirov a Parigi, invece di rientrare in Russia scappò dall’aeroporto e chiese asilo politico in Francia. “Rompete le gambe al dissidente Nureyev” chiedevano gli agenti del Kgb. Nel film di Jacqui e David Morris c’è tutta l’angoscia e il senso di solitudine di quella scelta, ci sono le ripercussioni che costarono molto non solo a lui, che riuscì a rivedere la madre solo con Michail Gorbaciov nel 1987, poco prima che morisse, ma anche a tutte le persone più vicine al danzatore. L'Occidente spalancò a Nureyev le porte del successo. Un successo incredibile e rivoluzionario. Da lui in poi, la danza non sarebbe stata più la stessa. Nureyev stravolse infatti il ruolo del ballerino che fino a quel momento era stato solo un partner per la donna dandogli pari dignità.
L'amore e la danza
Il film ripercorre la vita artistica e privata di Nureyev. Dalla relazione con il danzatore danese Erik Bruhn, vero amore di Rudy, al sodalizio professionale con Margot Fonteyn, la più famosa prima ballerina del Royal Ballet. Un sodalizio rimasto unico nella storia della danza. Dal suo rapporto con i Kennedy alle celebri feste con Liza Minnelli allo studio 54 di New York fino al male che lo uccise a Parigi nel 1993: l’Aids. Sul grande schermo scorrono le sue performance più celebri: dal Corsaro al Lago dei Cigni, da Romeo e Giulietta alla sua Bayadére fino all’esperienza con Martha Grahm, madre della danza contemporanea. C’è il carattere ironico, ma anche particolarmente difficile di Rudy. Ci sono la sua tenacia e la sua arroganza. E là dove le immagini storiche non riescono ad essere di aiuto in questo viaggio nel mondo di Nureyev, intervengono le coreografie di Russell Maliphant su musiche originali del compositore pluripremiato Alex Baranowski. Coreografie che evocano alcuni passaggi della sua vita, quasi a suggerire che l’unico modo per raccontare Rudy è, appunto, la danza. “Per cosa provo un senso di appartenenza? Per la danza, niente di più” confessò in un'intervista.
Nel film, originale e commovente, trova però poco spazio il Nureyev coreografo che rilesse molti dei classici del balletto, introducendo variazioni maschili molto complicate. E si sente la mancanza del teatro alla Scala di Milano, tanto caro a Nureyev e ancora oggi custode delle sue coreografie. E non c'è la sua isola, Li Galli, dove trascorse parte della sua malattia. Manca un po', in poche parole, l’Italia.