Si chiama gender wage gap: il divario salariale tra uomini e donne. Una differenza talmente ampia che è come se una donna cominciasse a lavorare solo dal 15 marzo in poi ogni anno
In Italia, come in tanti altri Paesi del mondo, le donne guadagnano meno degli uomini. Questo accade perché spesso lavorano part-time e non raggiungono ruoli apicali. Eppure i dati non sono chiarissimi. Quelli dell'Eurostat mostrano che in Italia il divario di salario tra uomini e donne è solo del 5% (mentre, per esempio, in Germania è quasi del 21%): una percentuale che potrebbe lasciarci ben sperare. Ma è solo un'illusione. Si tratta infatti del frutto del fatto che nel nostro Paese lavorano pochissime donne, meno di 1 su 2 in età da lavoro, e in particolare solo chi ha un salario medio o alto rimane nel mercato del lavoro. Le altre sono costrette a lasciare la carriera per dedicarsi alla cura famigliare. Facciamo un esempio che chiarisce: se una donna con figli piccoli è costretta ad assumere una baby sitter il cui stipendio mensile supera il proprio, potrebbe decidere di lasciare il lavoro e occuparsi direttamente dei figli. Così risparmierebbe. Perciò, in questo caso, rimarrebbero al lavoro soltanto le donne con uno stipendio superiore al costo di pagare una baby sitter. E proprio per casi come questo la media dello stipendio femminile aumenta artificialmente.
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Non è un caso infatti che se guardiamo al solo settore privato in Italia il divario di stipendio aumenta enormemente al 20,7%, sui livelli del resto d'Europa. Secondo un'elaborazione di Sky TG24 questo significa che è come se - rispetto a un uomo - una donna lavoratrice l’anno prossimo iniziasse a percepire lo stipendio a partire dal 15 marzo invece che da gennaio.
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E non solo. AlmaLaurea ha rilevato nel 2017 che a un anno dalla laurea triennale lo stipendio medio delle donne è pari a 1.022 euro al mese, mentre gli uomini arrivano a 1.236. Dopo altri quattro anni, la forchetta diventa ancora più ampia: 1.287 le donne e quasi 1.500 gli uomini.