Perché la desertificazione commerciale lascerà le città senza un’anima

Il cuore pulsante delle città italiane è a un bivio cruciale. Un'analisi dell'Ufficio Studi di Confcommercio ha lanciato un allarme concreto sul presente e il futuro delle nostre realtà locali e della loro economia, delineando uno scenario di desertificazione commerciale che, senza interventi mirati, rischia di trasformare i centri urbani in silhouette senz’anima entro il 2035. L’allarme di Confcommercio Negli ultimi dodici anni l’Italia ha perso oltre 140.000 attività di commercio al dettaglio, tra negozi e ambulanti, con cali più accentuati nei centri storici e nei piccoli comuni. Oggi oltre 105.000 locali risultano sfitti e, senza un piano di riutilizzo, il rischio è di perdere altre 114.000 imprese nei prossimi dieci anni. Una diaspora silenziosa che priva le comunità di servizi di quartiere e punti di riferimento locali, riducendo sicurezza, servizi e socialità. “Ogni saracinesca abbassata significa meno attrattività e più degrado" – avverte Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio –. "Senza interventi di rigenerazione urbana rischiamo città fantasma.” I centri storici sono ecosistemi fragili, oggi al centro di una tensione crescente tra pressione turistica e qualità della vita dei residenti. Le cause principali sono il calo dei consumi interni, il cambiamento delle abitudini di spesa e la diffusione degli acquisti online. L’analisi della densità commerciale, cioè il rapporto tra numero di negozi e abitanti, evidenzia come molte città medio-grandi del Centro-Nord sarebbero quelle più esposte a questo fenomeno, mentre per alcuni Comuni del Mezzogiorno il calo sarebbe più contenuto, soprattutto per la riduzione dei residenti e il minor ricorso all’e-commerce. Parallelamente, in diversi centri storici si assiste a una “monocultura turistica”, con la proliferazione di B&B e attività ricettive a scapito dei servizi essenziali per chi vive nei quartieri. La chiusura dei negozi non è solo un problema economico: significa perdita di luoghi di incontro e coesione, quartieri più vulnerabili, spenti e pericolosi. “La città è un bene comune da tutelare" – sottolinea Sangalli –. “Solo in questo modo sarà possibile contribuire a una tranquillità e a una serenità per i cittadini. Una via illuminata e vissuta è una via più sicura.” Il sentiment degli italiani Gli italiani vogliono vivere in quartieri animati, vivi. Secondo un’indagine condotta da Confcommercio in collaborazione con SWG, i cittadini desiderano avere la possibilità di frequentare più negozi di prossimità, considerati attivatori di socialità , garanzia di cura degli spazi pubblici e presidi di sicurezza . Due italiani su tre, inoltre, chiedono più attività sotto casa per avere più scelta e ridurre gli spostamenti. La presenza di negozi, inoltre, incide anche sul mercato immobiliare: un'abitazione in un quartiere colpito dalla desertificazione commerciale perde fino al 16% del suo valore, con differenziali che possono arrivare al 39% rispetto a zone ricche di attività. Negli ultimi dieci anni gli italiani hanno percepito sempre più chiaramente la chiusura di attività economiche di quartiere, in particolare negozi di articoli sportivi, librerie, giocattoli, abbigliamento e alimentari, fenomeno che genera tristezza e incide negativamente sul vivere urbano dei cittadini. “Servono politiche nazionali e strategie condivise tra istituzioni, imprese e territori capaci di coniugare competitività, sostenibilità e qualità della vita" – sottolinea Sangalli -. “Ma soprattutto, è necessario sostenere il commercio di prossimità con politiche fiscali più eque, accesso al credito più facile e meno costoso e misure specifiche per affrontare la transizione economica” Le proposte di Confcommercio L'appello che sale da Confcommercio è chiaro: promuovere nuove politiche nazionali per preservare e risanare il tessuto economico e sociale delle città. I commercianti puntano a una collaborazione tra istituzioni e imprese per valorizzare le economie di prossimità. Tra le soluzioni in campo ci sono accordi locali per riportare in vita i negozi sfitti con affitti accessibili, incentivi che uniscono pubblico e privato, iniziative di animazione urbana e sostegno alle nuove imprese. Si parla anche di logistica integrata con i sistemi digitali, di piattaforme di welfare territoriale e collaborazioni con operatori immobiliari per inserire spazi di quartiere nei progetti di rigenerazione. “La risposta concreta – rimarca Sangalli – è il progetto "Cities", nato per contrastare la desertificazione commerciale e promuovere un uso equilibrato dello spazio urbano. Solo in questo modo sarà possibile offrire ai residenti una maggiore qualità della vita e un’offerta migliore ai turisti.”

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Beatrice Subissi